Teatro Grande degli Scavi di Pompei, 2017
“SERATA PICASSO – MASSINE”
“Parade”
Musica Erik Satie
Coreografia Léonide Massine
Ripresa da Lorca Massine
Assistente coreografo Anna Krzyskow
Scene Pablo Picasso ricostruite da Maurizio Varamo
Costumi Pablo Picasso ricostruiti da Anna Biagiotti
Luci Mario De Amicis
“Pulcinella”
Musica Igor Stravinskij
Coreografia Léonide Massine
Ripresa da Lorca Massine
Assistenti coreografo Anna Krzyskow e Manuel Paruccini
Scene Pablo Picasso ricostruite da Maurizio Varamo
Costumi Pablo Picasso ricostruiti da Anna Biagiotti
Luci Mario De Amicis
Interpreti Rebecca Bianchi, Claudio Cocino, Manuel Paruccini
Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione degli allievi del Lyceum di Mara Fusco
Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
Musiche su base registrata
Pompei, 27 luglio 2017
Pompei, si sa, è il sito archeologico più visitato del pianeta e ospita serate d’eccezione nel suo Teatro Grande. Come se non bastasse, la danza arriva in un momento in cui tutto il mondo punta gli occhi sulla città sepolta, a causa del ritrovamento del monumento funebre di Nigidius, liberto amico di Cicerone, che riscrive gli ultimi anni della colonia romana.
Ma un’altra storia, posteriore di quasi due millenni, va in scena al Teatro Grande: la “Serata Picasso-Massine” con gli artisti del Teatro dell’Opera di Roma, diretto da Eleonora Abbagnato, in un programma speciale promosso dal Parco archeologico di Pompei, in collaborazione con Mondadori Electa. Una celebrazione del viaggio di Picasso in Italia, nel 1917, insieme a Jean Cocteau, per lavorare con i Balletti Russi a Parade e durante il quale visitò Roma, Napoli e Pompei. Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, com’è noto, ha ricordato il centenario di quel viaggio con importanti iniziative e mostre, quali l’esposizione, da poco conclusa, Picasso e Napoli: Parade, nelle sedi del Museo e Real Bosco di Capodimonte a Napoli e nell’Antiquarium degli Scavi di Pompei.
Dal 27 al 29 luglio anche la danza, dunque, celebra questo connubio di genialità, nell’allestimento coreografico di Lorca Massine, con i Primi Ballerini Rebecca Bianchi, Claudio Cocino, Manuel Paruccini, i Solisti e il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma e gli allievi dei corsi inferiori del Centro Regionale della Danza Lyceum di Mara Fusco.
I due importanti lavori di Léonide Massine (al secolo Leonid Fyodorovič Myasin, 1895-1979), Parade e Pulcinella, costituiscono, dopo un secolo, un punto di riferimento per molti versi insuperato del fare coreografia. Essi descrivono, agli occhi del pubblico contemporaneo, uno dei punti di partenza della danza come noi la conosciamo, in cui non solo l’arte coreica conquista un ruolo paritario rispetto alle altre arti, ma parla una lingua chiara e intramontabile. Un codice comunicativo che, in virtù del proprio valore, non smette di essere attuale, sia pure in un contesto in cui si sono succeduti nuovi usi di quel linguaggio e se ne sperimentano di nuovi. Sembra un concetto ripetitivo questo, ma sovente accade che l’occhio dello spettatore non guardi la danza secondo una prospettiva storica, ma solo in relazione al momento della performance. E la differenza fra intrattenimento e arte risiede proprio in questo, ossia nel valutare ciò che si osserva, contestualizzandone il linguaggio. Ma procediamo con ordine.
Parade andò in scena in prima assoluta il 18 maggio 1917 al Théâtre du Châtelet di Parigi; non fa meraviglia che il pubblico non ne riuscisse a cogliere la portata innovativa rispetto alla messa in scena, a causa della gestualità poco ordinaria e all’uso di un vocabolario che iniziava ad attingere agli aspetti più “terreni” della quotidianità. Un ossimoro rispetto alla comune idea del balletto. Ma l’influenza del teatro di varietà e del music-hall si prestava a riorganizzare un materiale tematico destinato ai corpi danzanti che non stava compiendo, in fin dei conti, un’operazione troppo dissimile rispetto a quella dei musicisti di ogni tempo, ovvero la rielaborazione di materiali precedenti o di genere diverso, al fine di creare richiami interni tra differenti ambiti espressivi. Picasso, Cocteau, Massine e Satie, che ben conoscevano ambienti come quelli citati – e, in più, il circo – costituirono l’équipe che meglio poteva trasferire nel balletto il teatro popolare, mantenendo tuttavia alto il valore artistico del lavoro, grazie peculiarità di ognuno.
Sempre nell’ambito della rielaborazione tematica si colloca Pulcinella, balletto in un atto andato in scena per la prima volta il 15 maggio del 1920 al Teatro dell’Opéra di Parigi, su musica di Igor Stravinskij. In questo caso la città di Pompei ebbe un ruolo attivo nella ideazione del balletto, per i viaggi di Diaghilev, Stravinskij, Massine e Picasso, grazie alle suggestioni immancabili suscitate anche dal fascino dell’antica città romana sepolta dal Vesuvio nel 79 d. C., oltre che dalla tradizione della Commedia dell’arte italiana e dalla vivacità dei vicoli di Napoli. A suggerire il soggetto del balletto fu il ritrovamento di un manoscritto nella Biblioteca Nazionale di Napoli (un canovaccio della Commedia dell’Arte dal titolo I quattro Pulcinelli simili), incentrato sulla maschera di Pulcinella, per cui tutti gli elementi raccolti non poterono che confluire in un sistema di creazione che dovesse tenere conto di tutti questi fattori. Stravinskij realizzò la prima composizione neoclassica, il cui materiale tematico si componeva (e si compone) di nove brani di Giovanni Battista Pergolesi e altri di Domenico Gallo, Ulrico W. van Wassenaer e Fortunato Chelleri; Massine attinse alla gestualità degli spettacoli di marionette, mentre la “staticità” della scenografia geometricamente cubista di Picasso, dai colori tenui, doveva fungere da sfondo al movimento che, incessantemente, avrebbe fatto procedere l’azione. Un efficace esempio di come la manipolazione del già esistente, alla luce di conoscenze nuove, possa non solo far rivivere la tradizione sotto le vesti di novità.
Il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera subisce inevitabilmente il peso di un allestimento importante, che mette in risalto non tanto il danzatore in sé, quanto il suo linguaggio composito, impegnando più nella ricerca di una espressività corporea, che non sia manierata o artificiosa, invece di concentrarsi sulla possibilità di far intravedere le proprie prodezze tecniche o le proprie linee (cosa a cui il pubblico odierno sembra guardare in senso ossessivamente assoluto). E non è scontato che questo sia facile, poiché – soprattutto nel caso di Pulcinella, a causa della maschera, ma anche in Parade per via dei “caratteri” nei quali i danzatori sono imbrigliati ̶ l’espressività ricercata da Léonide Massine rientra in un contesto più ampio al quale l’artista deve accordarsi, come la sfumatura di un tono in pittura o l’insieme di intervalli di una complessa armonia musicale. È proprio la struttura armonica di questi lavori, se possiamo prendere in prestito l’idea dal linguaggio musicale, che rende al meglio l’idea di come leggere questo tipo di composizione coreografica (e la storia nella quale questa si inserisce è affascinante, per cui a chi volesse approfondire questa avventura consigliamo il volume I Ballets Russes tra storia e mito, a cura di Patrizia Veroli e Gianfranco Vinay, Roma, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, 2013, più un secondo tomo digitale scaricabile qui).
Tra i gli interpreti, si è distinta su tutti Rebecca Bianchi per grazia brio e pulizia. Bravi i piccoli Pulcinella del Lyceum di Mara Fusco, curati da Monica De Benedetta, che con serietà e ottima pantomima hanno affrontato per la prima volta un palcoscenico così impegnativo insieme a una Compagnia delle nostre più importanti realtà nazionali.
Lunghi applausi per gli interpreti, per Lorca Massine (che ritroveremo al San Carlo in settembre con Zorba il greco) e per tutto lo staff che ha realizzato e portato a Pompei due capolavori del Novecento, grazie all’impegno che la Direttrice Eleonora Abbagnato sta profondendo nel coltivare il vivaio della Capitale.