Sonya Yoncheva. Handel

Georg Friedrich Händel (1685-1759): ” Se pietà di me non senti”, “Non disperar, chi sa?” (Giulio Cesare), “Ah, mio cor, schernito sei!”, “Tornami a vagheggiar” (Alcina); “With darkness deep, as is my woe”, “To thee,  the glorious son of worth” (Theodora); “Io t’abbraccio” (Rodelinda); “Pensieri, voi mi tormentate”, “Ogni vento ch’al porto lo spinga” (Agrippina); “Lascia ch’io pianga” (Rinaldo); Henry Purcell (1659-1695):”Thy hand, Belinda…” (Dido and Aeneas). Sonya Yoncheva (soprano), Karine Deshayes (mezzosoprano), Academia Montis Regalis, Alessandro De Marchi (direttore). Registrazione: Mondovì, giugno 2016. T.Time: 64′. 1 Cd Sony 3927611

Il giovane soprano bulgaro Sonya Yoncheva si è affermata come figura di spicco del repertorio lirico internazionale, specialmente nel grande repertorio Ottocentesco italiano, dal Belcanto a Puccini. La cantante però ha avuto nei primi anni di carriera una buona frequentazione anche con la musica barocca – qualcuno la ricorderà Giunone nell’elegantissima versione madrilena de “Il ritorno di Ulisse in patria” firmata da Christie e Pizzi – e quindi, quasi come un ritorno a un amore giovanile, si presenta con questo nuovo recital Sony dedicato alle musiche di Georg Friedrich Händel. Non si può negare, inoltre, l’interesse per la strana collaborazione fra una cantante che ormai ha sviluppato il proprio gusto per altro repertorio e un direttore della più rigorosa scuola filologica come Alessandro De Marchi, alla guida della sua Academia Montis Regalis. Il risultato supera le più rosee aspettative.
La voce della Yoncheva è piacevole, anche se non personalissima: un bel timbro di soprano lirico pieno, con calde bruniture nel settore medio grave e solo qualche inflessione metallica salendo verso l’acuto, abbinato ad un’ottima tecnica, in cui l’emissione e il controllo del fiato sono perfettamente gestiti. Ma ancor di più convince l’intensità dell’interprete, specie considerando che nel suo repertorio di elezione ha dato – almeno a parere dello scrivente – qualche sentore di freddezza.
I brani scelti sono di taglio prevalentemente drammatico o dolente, quello più adatto a esaltare la pastosità vocale della Yoncheva, mentre non trovano spazio quei momenti più scopertamente virtuosistici dove forse sarebbe stata evidente la minor dimestichezza nel canto barocco rispetto a cantanti più specializzate. Non manca, comunque qualche occasione per mettere in evidenza anche le doti di bravura, come nella sezione centrale di “Ah, mio cor, schernito sei!” da “Alcina” dove si apprezza la cura espressiva presente anche nei passaggi di bravura.
Sono però brani come l’iniziale “Se pietà di me non senti”, da “Giulio Cesare in Egitto”, quelli che danno il tono dell’interpretazione della Yoncheva, che esalta con la sua morbidezza e un gusto quasi belliniano il morbido andamento melodico händeliano o il seducente gioco di suggestioni ambientali marine evocato da “Ogni vento ch’al porto lo spinga” da “Agrippina”. Proprio da quest’opera viene uno dei brani più intensi della registrazione: la grande scena “Pensieri, voi mi tormentate!”, brano di difficile definizione, caratterizzato da rapidi e violenti scarti stilistici ed espressivi in cui la Yoncheva può esprimere tutto il suo talento teatrale, oltre che sostenere senza difficoltà la tesissima e spesso rapinosa concertazione di De Marchi. Il brano più intensamente drammatico è forse “With darkness deep, as is my woe” dall’oratorio “Theodora” – unico titolo inglese di Händel presente in programma, perfettamente reso nella sua dimensione dolorosa e sofferta, che in parte ritroviamo anche in un duetto dallo stesso oratorio “To thee, thou glorious son of worth” dove la voce della Yoncheva si fonde alla perfezione con quella di Karine Deshayes. Completamente diverso il clima dell’altro duetto proposto, “Io t’abbraccio”, dove l’essenziale lirismo esprime tutta la gioia quasi sensuale dei due sposi che si ritrovano dopo tante peripezie.
Pochi i brani caratterizzati da toni più leggeri e brillanti. L’aria di Morgana “Tornami a vagheggiar” da “Alcina”, splendidamente eseguita, ma soprattutto colta nella sua essenza di un gioco di seduzione brillante e raffinato in cui tanto la Yoncheva quanto De Marchi si mostrano maestri e “Non disperar, chi sa?” da “Giulio Cesare in Egitto”.
Chiude il programma händeliano il celeberrimo lamento di Almirena “Lascia ch’io pianga”, cantato molto bene dalla Yoncheva, con grande morbidezza e abbandono, ma che colpisce ancor più per l’attenzione timbrica e cromatica con cui è svolta da De Marchi la parte orchestrale.
Come bonus di chiusura è aggiunta “Thy hand, Belinda … When I am laid in earth”, da “Dido and Aeneas” di Henry Purcell, in cui l’essenziale nobiltà del canto della Yoncheva – sostenuto da una dizione assolutamente nitida e impeccabile – unita al rigore di De Marchi, forniscono una lettura autenticamente emozionante, degna chiusura di un CD di rimarchevole intensità.