Verona, 95°Arena Opera Festival 2017
“RIGOLETTO”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal dramma Le Roi s’amuse di Victor Hugo.
Musica Giuseppe Verdi
Rigoletto AMARTUVSHIN ENKHBAT
Gilda ELENA MOSUC
Il duca di Mantova GIANLUCA TERRANOVA
Sparafucile ANDREA MASTRONI
Maddalena ANNA MALAVASI
Giovanna ALICE MARINI
Il conte di Monterone NICOLÒ CERIANI
Marullo MARCO CAMASTRA
Matteo Borsa FRANCESCO PITTARI
Il conte di Ceprano DARIO GIORGELÈ
La contessa di Ceprano MARINA OGII
Un usciere di corte OMAR KEMATA
Il paggio della duchessa LARA LAGNI
Orchestra e Coro dell’Arena di Verona
Direttore Julian Kovatchev
Maestro del coro Vito Lombardi
Regia Ivo Guerra
Scene Raffaele Del Savio
Costumi Carla Galleri
Verona, 1 luglio 2017
È sempre una grande responsabilità accostarsi all’opera che lo stesso Verdi considerava il proprio capolavoro. Rigoletto ha dentro praticamente tutto: amore, morte, tradimento, sacrificio, vendetta, disperazione e tutte le sfumature di una variegata umanità che ben si amalgama con quella delle altre due opere della trilogia popolare. Padre verdiano per eccellenza, Rigoletto ha in sé la freddezza di Giorgio Germont, la passione violenta di Amonasro, la sfrontatezza di Nabucco. Enorme varietà anche negli spazi: passiamo dall’opulenza della corte ai bassifondi dove si annidano assassini e prostitute. Ma la quantità degli spunti che ritroviamo in Rigoletto è paradossalmente ciò che più preoccupa nella resa scenica: la tendenza è sempre quella di accumulare dettagli quando in realtà è la musica a dipingere perfettamente ogni sfumatura. Non è questo il caso dello spettacolo andato in scena all’Arena, per la regia di Ivo Guerra e le scene di Raffaele Del Savio: di certo un allestimento che va in controtendenza rispetto alle prime due opere in cartellone; dopo il Nabucco risorgimentale di Bernard e l’Aida psichedelica della Fura dels Baus questo Rigoletto estramente tradizionale ha comunque molto da dire. La scenografia che avvolge il palcoscenico è una Mantova monumentale e austera, dalle atmosfere rarefatte e impostate su toni generalmente scuri. I costumi, curati da Carla Galleri davano un tocco di colore a una scena complessivamente adeguatamente cupa e incombente. Per quanto riguarda le voci abbiamo trovato molto interessante il giovane baritono Amartuvshin Enkhbat, voce generosa e che sicuramente avremo modo di riascoltare presto. Gli acuti sono bene a fuoco, il centro mostra una tecnica salda e un uso controllato dei volumi. Scenicamente credibile, Enkhbat è un buon Rigoletto, dando il meglio di sé nel terzo atto e nel Veglia o donna del primo. Bene Elena Mosuc, nel ruolo ormai collaudato di Gilda: il centro è in ordine, meno incisivi gli acuti, con più di un problema emissivo. Il personaggio è in ogni caso ben delineato e non mancano momenti di intenso lirismo. Caro nome nel complesso è ben eseguito, meno bene il duetto col Duca e il finale Lassù nel cielo. Il Duca di Mantova era Gianluca Terranova, ottimo attore che dà al personaggio un taglio adeguatamente seduttivo e crudele. La voce è in forma e non mostra incertezze in alcun registro, nonostante qualche problema tecnico dovuto forse a una lieve indisposizione. Particolarmente ben riusciti il Parmi veder le lagrime e il quartetto, meno brillante il Possente amor mi chiama, ma forse la responsabilità di qualche imprecisione nel fraseggio va attribuita alla direzione. Andrea Mastroni è un ottimo Sparafucile, dal timbro grave sempre ben calibrato e dalla linea melodica gestita con sapienza. Maddalena era una Anna Malavasi complessivamente efficace, sempre udibile nel quartetto nonostante qualche imprecisione ritmica e la recitazione non particolarmente convincente. Non convince nemmeno il Monterone di Nicolò Ceriani, da cui ci aspetteremmo un piglio più incisivo e spaventoso, nonostante il timbro sia adeguato al personaggio. Bene Alice Marini nel ruolo di Giovanna, come anche Marco Camastra (Marullo), Francesco Pittari (Borsa), Dario Giorgelè (Conte di Ceprano), Marina Ogii (Contessa di Ceprano), Omar Kamata (Usciere di corte), Lara Lagni (Paggio). La direzione di Julian Kovatchev è risultata complessivamente filologica (corretto il tempo sulla Vendetta) ma in diverse occasioni fin troppo ritenuta. Bene l’uso delle dinamiche, soprattutto nel primo atto. Buona la prestazione del Coro, preparato da Vito Lombardi. Un pubblico foltissimo saluta calorosamente quella che finora è la migliore delle Prime di questa stagione areniana. ©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona.