Pesaro, 38° Rossini Opera Festival 2017: “Stabat Mater”

Teatro Rossini di Pesaro

Pesaro, Teatro Rossini, Rossini Opera Festival, 38a edizione
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Coro del Teatro Ventidio Basso
Direttore Daniele Rustioni
Maestro del Coro Giovanni Farina
Soprano Salome Jicia
Mezzosoprano Enkelejda Shkoza
Tenore Dmitry Korchak
Basso Erwin Schrott
Gioachino Rossini: Preludio religioso dalla Petite Messe Solennelle (orchestrazione di Alberto Zedda) – Stabat mater per soli, coro e orchestra
Pesaro, 22 agosto 2017

La storia è risaputa ma sempre affascinante da raccontare; ricordarla poi nel contesto del Rossini Opera Festival dopo la morte di Alberto Zedda riesce vieppiù commovente e un poco malinconico. Rossini si accinse all’orchestrazione della sua Petite Messe Solennelle con particolare cura, sia nell’elaborazione sia nella stesura (l’autografo è uno splendido manoscritto conservato presso la Fondazione Rossini di Pesaro). La vulgata dice che il compositore volle orchestrare la propria Messa per evitare che altri, dopo la sua morte, ponesse mano alla partitura originaria e si appropriasse delle straordinarie novità armoniche e strutturali della serotina composizione. In realtà, come ha osservato con molta intelligenza Zedda, Rossini comprese che «la trasposizione a grande organico avrebbe accentuato la novità di una musica che si era lasciata alle spalle il distanziamento del bello ideale per confrontarsi drammaticamente con i conflitti della coscienza» (Divagazioni rossiniane, Milano 2012, p. 78). Tuttavia, all’altezza del Prélude Réligieux l’autografo offre la strumentazione dei soli fiati nella perorazione iniziale e finale del brano; tutto il resto è affidato all’organo, con un effetto di sospensione del ruolo orchestrale che, unita al successivo numero per coro a cappella (Sanctus), determina un prolungato silenzio dell’orchestra durante l’esecuzione. Zedda considerò sempre imbarazzante tale sospensione (questo era il preciso termine che utilizzava, dal punto di vista dell’esecutore e del musicologo), imputandola a un rimando del lavoro che Rossini stava effettuando ma che non gli riuscì di compiere; in effetti «la decisione sorprende, perché questo lungo interludio senza canto sembrerebbe particolarmente adatto a un discorso strumentale che armonizzi il rapporto fonico con i pezzi che precedono e seguono» (come si legge ancora nelle Divagazioni, p. 79). Dopo anni di esitazione il musicologo e direttore d’orchestra si decise a strumentare il Preludio, che nel corso del Rossini Opera Festival è già stato eseguito due volte: nel 2007, nella Petite Messe diretta da Umberto Benedetti Michelangeli, e nel 2014, direttore lo stesso Zedda. In occasione dello Stabat mater che conclude il ROF 2017 viene eseguito il solo Preludio religioso nell’orchestrazione di Zedda, perché questa versione – dice un commosso Gianfranco Mariotti presentando il brano al pubblico – è intrisa del pensiero di Zedda, della sua anima e dell’intenso rapporto con la musica rossiniana. Daniele Rustioni, alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, valorizza opportunamente l’importanza dei fiati (l’innovatore saxofono, per esempio) calibrando la sonorità sobria e raccolta della breve pagina.
Purtroppo, nel corso dello Stabat mater che segue, il direttore fatica a trovare una dimensione sonora coerente e unitaria; preferisce i contrasti di timbro e di volume, ma non valorizza adeguatamente le potenzialità del complesso di cui dispone (ed è una carenza già emersa nel corso della Pietra del paragone, in cui l’apporto dell’orchestra risultava davvero ridotto). Inoltre, il direttore avrebbe dovuto disciplinare meglio il quartetto di solisti vocali, dato che nei momenti d’insieme ciascuno tende a prediligere accenti e stili troppo differenziati. Il più disattento è il tenore Dmitry Korchak, che aveva già deluso le aspettative la sera precedente quale protagonista del Torvaldo e Dorliska: ora sbaglia clamorosamente l’intonazione della prima frase solistica e dimostra nervosismo anche nel «Cujus animam gementem», faticando a tenere il passo della direzione di Rustioni. Colei che più vorrebbe emergere è il soprano Salome Jicia, ma a prezzo di emissioni gridate e di forzature, che producono anche un vibrato corto abbastanza fastidioso. Il basso Erwin Schrott ha un timbro pregevole, nonostante la mancanza di colori nel passaggio e l’usuale povertà di fraseggio. Il mezzosoprano Enkelejda Shkoza ha la voce femminile più vibrante che si possa ascoltare nell’edizione 2017 del ROF; peccato che ecceda in inflessioni veriste molto lontane dallo stile della musica religiosa. L’autentico protagonista dell’esecuzione è il Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno, preparato da Giovanni Farina: ottimo nel dialogo con l’orchestra e nei momenti a cappella. Lo Stabat mater dell’edizione in memoria di Zedda avrebbe forse meritato una gestazione diversa e più accurata; prima del folgorante finale corale, In sempiterna saecula. Amen, è infatti il quartetto di voci a implorare «ut animae donetur paradisi gloria».   Foto © ROF