Madrid, Auditorio Nacional de Música, Temporada 2017-2018
Orquesta y Coro Nacionales de España
Direttore David Afkham
Maestro del coro Miguel Ángel García Cañamero
Violino Frank Peter Zimmermann
Soprano Christiane Karg
Baritono Andrei Bondarenko
Ludwig van Beethoven: Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 61
Gabriel Fauré: Requiem in re minore op. 48
Madrid, 23 settembre 2017
Acquisisce una fisionomia precisa solo di movimento in movimento, il Beethoven che David Afkham e Frank Peter Zimmermann eseguono a Madrid per il secondo concerto della stagione di Orquesta y Coro Nacionales de España. All’inizio (Allegro ma non troppo) il direttore e ancor più il solista accentuano la dimensione sentimentale del concerto per violino, con inflessioni chaikovskiane e languori narrativi che non hanno nulla di neoclassico né di impetuoso. Il violinista non sembra troppo attento neppure alla cadenza, dal fluire molle e sinuoso: impeccabile sul piano tecnico, ma di gusto eccessivamente russo. Nel finale (Rondò. Allegro) tutto muta: c’è più dramma, ma c’è anche ironia, e lo staccato delle enunciazioni risulta assai più convincente di prima. Evidentemente Zimmermann ha voluto risparmiare le forze in vista della cadenza del III movimento, che in effetti riesce strepitosa e conquista l’applauso frenetico del pubblico madrileno. Una “redenzione” interna, forse in omaggio al titolo-guida di tutta la stagione (Redenciones, appunto). Il bis è dedicato alla memoria di Víctor Martín, per quasi vent’anni concertino della Orquesta Nacional de España, scomparso il giorno precedente: è un Capriccio di Paganini incantevole per la grazia tutta bachiana con cui Zimmermann lo porge.
Il titolo più interessante costituisce la seconda parte della serata, con il Requiem di Fauré: altra prova della duttilità che il direttore principale dell’orchestra è chiamato a dimostrare. Soltanto a luglio – quale ultimo concerto della stagione 2016-2017 – Afkham aveva diretto il Requiem di Verdi; ora, egli decide di non esasperare il confronto tra le due partiture, per esempio non riducendo a cameristiche le sonorità della messa francese, ma di esaltare piuttosto quel serio raccoglimento che anima la Petite Messe Solennelle di Rossini. Alternando forte e piano nei vari versetti, il direttore riesce a differenziare le sonorità con intento espressivo (il Sanctus è un capolavoro, grazie soprattutto al Coro Nacional de España, sempre all’altezza della situazione). Apprezzabili anche i solisti vocali: Christiane Karg è un soprano dal bel timbro, ricco di armonici e di sfumature, sebbene l’emissione non sia sempre del tutto salda. Il baritono Andrei Bondarenko ha voce molto garbata, forse un po’ leggera per le richieste del Libera me, Domine. Grazie all’equilibrata esecuzione di Afkham l’ascoltatore si rende conto di quale sia l’elemento discriminante di questo Requiem rispetto alla serie delle partiture di età romantica: l’assenza della sequenza completa del Dies irae. È vero: nelle ampie frasi corali si ripetono quegli stilemi di raccoglimento che Fauré, come già abbiamo supposto, sembra aver desunto dalla musica religiosa di Rossini; la scelta più originale, però, consiste nel sostituire le prime terzine del macabro e luttuoso Dies irae con il segmento conclusivo In Paradisum, in cui torna a essere protagonista il coro. La presenza degli angeli e l’evocazione della loro voce («In Paradisum deducant angeli») fanno dimenticare il giorno del giudizio e tutte le sue condanne: adesso brilla incontrastato il fulgore della risurrezione, che il pubblico accoglie commosso attraverso le filature delle voci femminili; non più requiem, insomma, ma nuova e gioiosa vita. Foto Rafa Martín