Cremona, Teatro Ponchielli, Danza autunno 2017
“FOCUS MATS EK”
Estratti da coreografie di Mats Ek
musiche Adolphe Adam, Georges Bizet/Rodion Scedrin,
Pëtr Il’ič Čjajkovskij, Flask Kvartet
Interpreti Ekodance International Project
Interventi di Pompea Santoro
Costumi Culberg Ballet
Cremona, 13 ottobre 2017
Solo a fine spettacolo raggiungi la consapevolezza che hai assistito a qualcosa che ti ha fatto capire che la danza è uno dei più bei modi per esprimere le problematiche legate agli istinti dell’essere umano. Ma per Mats Ek la danza è donna ed è lei che, con carattere e determinazione, assume l’espressione e l’essenza di un sole attorno a cui gira l’uomo. Infatti l’immaginario femminino dell’ormai settantaduenne coreografo svedese vuole la donna passionale ma emancipata, affatto debole o sottomessa e questo spettacolo, confezionato in esclusiva per la rassegna cremonese, lo conferma senza pretendere di essere un suo tributo, quanto un saggio dimostrativo del livello raggiunto dai giovanissimi ballerini dell’Ekodance International project.
A una donna il compito di introdurre lo spettacolo. Pompea Santoro, seduta sul palco, avverte che la danza è un’espressione artistica che non va capita ma condivisa, come il principio per cui si condivide la passione per qualcosa mentre la manifesta. L’ex danzatrice del Culberg Ballett (fondato dalla madre di Mats Ek), oggi direttrice del progetto EkoDance International, pensa proprio a questo: far crescere la passione a dei giovanissimi danzatori guidandoli lungo il percorso di formazione artistica che li proietterà nel mondo della danza. Ci avverte che le scene avranno un ordine cambiato rispetto al programma di sala, per cui si partirà con “La scimmia e il suo inconscio”, dov’è protagonista chi (la scimmia), con istintivo e irrazionalità, maltratta, in un girotondo frenetico, un pupazzo dalle sembianze umane, e si proseguirà con un “Passo a due”, che rispetto al resto ha un debito con la forza creativa di Ek, famoso per legeniali riscritture dei classici del balletto.
Infatti è un preludio al terzetto femminile che segue, fulcro dell’ensemble: “La bella addormentata”, “Carmen” e “Giselle”. La prima tra queste è una studentessa problematica, a cui oggi sarebbe diagnosticato un deficit di attenzione e iperattività. Essa scimmiotta volutamente sgraziata sul palco e non mostra il volto tanto da contrapporsi alla “Carmen” successiva, che all’opposto concentra le nostre attenzioni sulle sue sensuali fattezze. Quindi “Giselle” ed è il momento più bello e originale di tutto lo spettacolo, dove si continua lo stesso a giocare per difetto, perciò attorno alla protagonista, impazzita per amore, si avvicinano e le fanno da specchio altre figure femminili tutte uguali: le ospiti di un manicomio.
A fare la differenza sono proprio queste inaspettate entrate e uscite di scena dei ballerini che, ballando in sincrono, moltiplicano il gesto e l’espressione della protagonista. Bell’estetica dell’apparire, della compostezza del caos, del senso dello spazio. Certe trovate rimangono impresse: la mano aperta sulla faccia e la camminata china con giravolta su se stessi a mostrare il volto tirato in un ghigno. Tutto sembra dentro a una quinta scenica come in un kinetoscopio. Che dire poi dell’accompagnamento musicale, molto curato. Nel buio apro SoundHound sul cellulare e scopro le musiche prese dalla Royal Philarmonic Orchestrae addirittura la “Giselle” diretta da Richard Bonynge. Che dire, noblesse oblige: è bello sentirsi gratificati quando ci viene offerto uno spettacolo curato nel dettaglio.
Bravò!