Umberto Giordano 150 (1867 – 1948): “Il re” (1929)

Ultima opera di Giordano, è Il Re, che, ascrivibile al genere fiabesco, segna il definitivo abbandono del filone verista e di quello storico; si tratta, infatti, di una fiaba in un atto diviso in tre quadri su libretto di Giovacchino Forzano il cui carattere comico fu notato immediatamente da tutti come lo steso Giordano appuntò nel suo diario personale una volta iniziate le prove alla Scala: «la scena della macina: fa ridere a tutti». Rappresentata alla Scala il 12 gennaio 1929 con un cast formato da Toti Dal Monte (Rosalina), Enzo De Muro Lomanto (Colombello), Armando Crabbè (Il Re), Tancredi Pasero (Il Mugnaio) e Angelica Cravcenco (sua moglie) sotto la direzione di Toscanini che proporrà dei cambiamenti soprattutto al secondo quadro, l’opera ottenne un grande successo, ma dovette attendere il 30 gennaio per la seconda rappresentazione in quanto la Dal Monte, incinta di due mesi, aveva avuto un’indisposazione che aveva fatto temere per la gravidanza. Fu reclutata allora la cantante spagnola Mercedes Capsir che non fece rimpiangere la Dal Monte la quale, comunque, dopo la première, interpretò quest’opera molte volte fino al suo ritiro dalle scene determinandone, in un certo qual modo, anche l’oblio  nonostante quest’ultimo lavoro di Giordano presenti elementi moderni attraverso un’armonia politonale, ulteriore evoluzione di un’armonia già più complessa nella Cena delle beffe.
L’opera è ambientata nel Settecento in un paese non ben definito, ma dove c’era un Re.

Quadro primo. Nella stanza della macina, il mugnaio e la moglie sono disperati perché la loro figlia, Rosalina, alla vigilia delle nozze, non intende più sposare Colombello, il suo promesso sposo. Per cercare di comprendere le ragioni della decisione della figlia, i due coniugi hanno convocato d’urgenza il prete, l’uomo di legge e l’astrologa, che Rosalina, sopraggiunta, ilare e gioconda come sempre, fa allontanare con una burla. Commossa dalle preghiere della madre e di Colomobello, alla fine la ragazza spiega le ragioni del suo cambiamento: sei giorni prima nella foresta ha incontrato il Re impegnato in una battuta di caccia e si è perdutamente innamorata di lui al punto tale che avrebbe sposato o lui o nessun altro. Andato via Colombello sconsolato, entra in scena un banditore del Re il quale afferma che il sovrano avrebbe accordato udienza a chiunque, facendone richiesta, rechi con sé un dono. Il mugnaio e la moglie colgono l’occasione per recarsi dal Re al quale intendono confidare ciò che è avvenuto.
Quadro secondo. Nei giardini reali, il Re, assiso sul trono, riceve i doni dei suoi sudditi; tra questi vi sono il mugnaio, la moglie e Colombello che chiedono udienza al Re il quale, ascoltati, si impegna ad aiutarli a patto che loro conducano la ragazza alla reggia affinché trascorra con lui una notte. I tre, scandalizzati, protestano, ma il Re, irremovibile, dopo averli fatti arrestare, manda il suo maggiordomo con l’incarico di condurla alla reggia.
Quadro terzo. Vestita con l’abito nuziale, Rosalina, condotta nella camera da letto del Re, è abbagliata dallo sfarzo in cui è improvvisamente avvolta nonostante pensi con nostalgia al suo Colombello. Entra in scena il Re che, pur lusingato dalla dichiarazione d’amore della fanciulla e affascinato dalla sua bellezza, è deciso a rompere l’incantesimo. Ordina allora a un servo di spogliarlo affinché la ragazza possa giudicarlo per quello che è: un vecchio calvo, magro e cadente. L’incantesimo è rotto e Rosalina, pentita e decisa a ritornare al suo Colombello, è consegnata dal Re alla sua famiglia che, rassicurata dal magnanimo sovrano sul fatto che l’ha rispettata, può festeggiare i novelli sposi.
Il libretto dell’Opera