Georgy Sviridov (1915 – 1998): “Otchalivshaya Rus'”

Georgy Sviridov (1915-1998):“Otchalivshaya Rus'” (Russia Cast Adrift) (arr. E. Stetsyuk per voce, ensemble strumentale e orchestra). Dmitry Hvorostovsky (baritono), Orchestra Sinfonica di Stato di San Pietroburgo, Ensemble Style of five, Constantin Orbelian (direttore). 1 Cd Delos DE1631

La musica sovietica del secondo dopoguerra è un mondo ancora quasi ignoto all’Occidente. Alla duplice chiusura politica di quegli anni – dell’URSS verso il mondo occidentale e di quest’ultimo verso quegli artisti organici alla repubblica socialista e lontani da posizioni di aperto dissenso verso il regime – si univa una sorta di ferreo boicottaggio culturale che, in quegli anni di totale dittatura estetica dell’avanguardia post-dodecafonica, si abbatteva come una pesante scure su tutti quei compositori che non rinnegavano la scrittura tonale e la ricerca di un rapporto con il pubblico.
Superate in parte le barriere politiche fra i due mondi e giunta alla crisi la granitica ideologia avanguardista è forse il momento di provare ad ascoltare quella musica senza pregiudizi o ideologie e le scoperte possono essere entusiasmanti. Georgy Sviridov è stato uno dei protagonisti di quella stagione: nato all’alba della Rivoluzione nella profonda provincia russa (a Fatež nel distretto di Kursk nel 1915), cresciuto orfano dopo la prematura morte del padre durante la guerra civile, aveva ricevuto una prima formazione musicale proprio a Kursk per poi trasferirsi nel 1932 a Leningrado, ove si perfezionò con Dmitrij Šostakovič e Pëtr Ryazanov. In questa formazione sta la base del suo linguaggio musicale, a cui all’impostazione sostanzialmente classica ricevuta a Kursk – dove lo studio si centrava ancora sui classici ottocenteschi russi e tedeschi- si aggiungevano le più moderne sollecitazioni delle esperienze leningradesi.
La sua è una musica complessa, animata da influenze diverse e contrastanti – dal canto popolare e liturgico russo ai modi delle avanguardie sovietiche passando per la grande tradizione lirico-vocale dell’Ottocento russo e sfiorando la canzone “leggera” – unite da un forte senso drammatico e da una grande capacità comunicativa, che gli hanno garantito importanti successi sia come musicista da concerto sia come autore di colonne sonore da film, genere che in Unione Sovietica ha acquistato fin da subito una propria pregnanza artistica assoluta.
E’ quindi con vero piacere che si ascolta questa nuova registrazione Delos che presenta una nuova revisione dei “Otchalivshaya Rus”, ciclo di lieder composti nel 1977 su testo di Esenin e qui presentati nella revisione per ensemble strumentale e  orchestra curata da Evgenij Stetsyuk, di grande ricchezza e suggestione. Con la sua orchestrazione, Stetsyuk arricchisce ulteriormente le possibilità espressive dei brani di Sviridov, mantenendone la scrittura vocale di impianto assolutamente tradizionale che si alterna fra un canto sul fiato, dolente e melanconico e grandi esplosioni liriche – “Atvari mne, strash zaoblachnyi” non sfigurerebbe sulle labbra di un Mazeppa. L’orchestrazione è rigorosa e molto ricca, capace di alternare essenzialità cameristiche e grandi turgori sinfonici, in brani come “Simone, Pëtr Gde ty Pridioša”, di profonda spiritualità, con un canto che affonda le radici nella melopea ortodossa, ma che si accende progressivamente in una drammaticità molto teatrale e che Stetsyuk arricchisce con un suggestivo accompagnamento su cui domina il suono mistico delle campane, con atmosfere molto simili a certi passaggi di Musorgskij, compositore non a caso molto studiato e molto amato da Sviridov. Nei brani di carattere più leggero e popolare si concede qualche elemento più moderno e dissonante come in “Atchalifshaya Rus’” dove giochi timbrici più moderni si inseriscono in una scrittura di matrice folklorica.
L’esecuzione proposta non potrebbe essere migliore. Costantine Orbelian, qui alla guida della St. Petersburg State Symphony Orchestra e dello Style of Five Ensamble, si muove in un orizzonte musicale che conosce alla perfezione e di cui fornisce una lettura esemplare sia musicalmente, sia interpretativamente, con una ricchezza espressiva di cui spesso latita in altri repertori. Vocalmente anche solo impossibile immaginare interprete migliore del compianto Dmitri Hvorostovsky: voce splendida, ampia, omogenea, timbratissima in tutta la gamm; acuti pieni e squillanti, un settore grave che negli anni si è ulteriormente arricchito con riverberi quasi da basso-baritono. Ma se grande è il cantante, ancor di più lo è l’interprete con una ricchezza espressiva e dinamica e con una capacità di cogliere lo stile e le atmosfere di ciascun brano veramente emozionante.