Palermo, Teatro Massimo: “L’elisir d’amore”

Palermo, Teatro Massimo, Stagione lirica 2018
 “L’ ELISIR D’AMORE”
Melodramma giocoso in due atti, Libretto di Felice Romani.
Musica di Gaetano Donizetti
Adina LAURA GIORDANO
Nemorino ARTURO CHACÓN CRUZ
Belcore GIUSEPPE ALTOMARE
Dulcamara GIOVANNI ROMEO
Giannetta MARIA FRANCESCA MAZZARA
Orchestra e Coro del Teatro Massimo
Direttore Alessandro D’Agostini
Direttore del Coro Piero Monti
Regia e scene Victor Garcia Sierra
Costumi Marco Guyon
Luci Bruno Ciulli
Allestimento della Nausica Opera International
Palermo, 16 Giugno 2018
Un circo ispirato a Botero. Immaginifico e naif. Altro e reale. Metateatrale e sinestetico. Un’ambientazione che dapprima strania e progressivamente rasserena risultando complessivamente persuasivo. Questo è stato, in un’immagine, l’Elisir d’Amore del Teatro Massimo, nella visione di Victor Garcia Sierra. Trampolieri del Circ’Opificio di Palermo, schiudono il sipario durante l’ouverture, a campeggiare sulla scena, sospese fra musica e giocolieri, le riproduzioni del ciclo “El Circo” di Ferdinando Botero, umanissime e sognanti. A mezz’aria, nella rotondità dei contorni e nei colori tenui. Di sogno e leggerezza.“Il circo è universale. Esiste ovunque (…). Non esiste altra attività umana che offra all’arista visuale tante e diverse pose del corpo umano come succede nel circo”, queste le parole di Botero circa le ispirazioni del suo ciclo pittorico. Niente contadini e guarnigioni. Ma umanità di circo indaffarata attorno a un tendone roteabile, perno scenicofino a “Una furtiva lagrima”. I costumi, di Marco Guyon, enfatizzano l’atemporalità della collocazione spaziale indefinita. Un circo è eterno. È un coacervo di passato, presente e futuro. Ma è soprattutto un fastello sentimentale. Malinconia e sorpresa, follia e controllo, azione e sospensione. Doppiezza. Ed è proprio sulla doppiezza che si è concentrato lo sforzo registico di Sierra. Un continuo rimando fra azione scenica, proiezioni boteriane e sensibilità musicali. Tutto si lega con una certa coerenza, senza strappi. Stimolando, forse, un po’ di immaginazione. La direzione del Maestro Alessandro D’Agostini sembra principiare con una certa accelerazione dei ritmi ma, progressivamente, si acconcia, ponendo in risalto le sfumature musicali, magnifiche, della partitura. Se si volesse dare un giudizio complessivo sulla performance musicale, si deve registrare un deciso miglioramento fra le rese del primo e del secondo atto. Laura Giordano, beniamina di casa, è un’Adina ben controllata nell’emissione. Inizialmente ci è parsa non in perfetta sintonia con l’orchestra,  ma ha subito ripreso il controllo e offerto una prova che conferma la sua solida professionalità: sicurezza negli acuti, pieno controllo delle agilità, così come nei recitativi, sempre all’insegna di una accurata espressività. Scenicamente, infiocchettata nel vestito turchese con gonna a palloncino e calzini bianchi, è leggiadra e scanzonata. Adina è certamente un personaggio che si attaglia bene alle sue caratteristiche attoriali ma soprattutto tecnico-vocali. Il Nemorino di Arturo Chacón Cruz è sembrato vocalmente irruento, un po’ aggressivo. Questo è andato  un po’ a scapito della linea di canto che ha un po’ penalizzato il lato malinconico del personaggio. Non ha comunque tradito le aspettative della fatidica “furtiva lagrima” che ha saputo gestire con efficacia di accenti e colori e salutata da applausi convinti. Così come persuasiva  è stata la sua recitazione unita a una dizione sempre chiarissima. Efficate anche il Belcore di Giuseppe Altomare: voce solida e omogenea in tutti i registri, non è più capo guarnigione ma domatore, ma è comunque un Belcore brillante, gradasso e facondo.  In crescendo la prova di Giovanni Romeo in Dulcamara. Attore disinvolto, senza forzature, ha saputo divertire e convincere il pubblico con una performance brillante e una vocalità sicura, un fraseggio vario che esprime la dialettica pomposa, ma anche autorevole, che si addice a un ciarlatano assuefatto a plagiare il popolino.  Successo personale per  Maria Francesca Mazzara una Giannetta dal suono pieno e brillante. Eccellente, infine la prova del Coro del Teatro Massimo, impeccabile fin dall’inizio e, non a caso, accolto da ovazioni alla chiamata al proscenio. Uno spettacolo intriso di onirismo e semplicità, pur nella sua regia impattante. Da vedere, senza dubbio. Una musica meravigliosa che si canticchia fino a casa, usciti dal teatro. Grazie, Donizetti. Foto Rosellina Garbo