Bari, Teatro Petruzzelli: “Tancredi”

Bari, Teatro Petruzzelli, Stagione Lirica 2018
“TANCREDI”
Melodramma eroico in due atti libretto di Gaetano Rossi
Musica di
Giaochino Rossini
Argirio ALASDAIR KENT
Tancredi CECILIA MOLINARI
Orbazzano PIETRO SPAGNOLI
Amenaide VALENTINA FARCAS
Isaura  ALESSIA NADIN
Roggiero NOZOMI KATO
Orchestra e Coro del Teatro Petruzzelli
Direttore José Miguel Pérez-Sierra
Maestro del coro Fabrizio Cassi
Regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi
Disegno luci Massimo Gasparon
Bari, 21 ottobre 2018
Per la prima volta la città di Bari ha ascoltato le note del Tancredi di Rossini gustando l’allestimento che Pier Luigi Pizzi ideò per il Rossini Opera Festival nel 1999. Chi scrive era presente a quell’evento e ricorda nitidamente l’emozione generata da una messinscena tanto essenziale quanto estetizzante. Nulla di quel fascino è andato perduto nel corso del ventennio trascorso poiché, come molti altri spettacoli di Pizzi, questa visione del Tancredi assurge a uno status di “classicità”, di perfezione estetica atemporale, paritario a quello della musica rossiniana, qui particolarmente astratta e debitrice nei confronti del mondo settecentesco. La recitazione essenziale e la scena spoglia sono elementi che rimandano alla tragedia greca classica che pare essere il riferimento figurativo ideale per Pizzi capace di ricrearne l’aulicità dei gesti e dei quadri scenici. In particolare i gruppi femminili, con Amenaide, Isaura e le damigelle siracusane, assumono le pose tipiche di quella scultura ellenica che ha attraversato i secoli definendo un immaginario del tragico poi declinato in varie modulazioni dal neoclassicismo di David fino alla metafisica di De Chirico e Carrà (si sono menzionati tre artisti cui questo impianto scenografico rimanda a chiare lettere). Massimo Gasparon, allievo prediletto di Pizzi e suo erede spirituale, di questo spettacolo ha curato il disegno luci amplificando così il messaggio estetizzante: nella scena sedicesima, dominata dalla malinconia di Tancredi immerso in un paesaggio montano selvaggio, la silhouette del protagonista si staglia su un fondale livido che ne riflette lo stato d’animo attraverso il solo colore in un gioco astratto di corrispondenze tra contenuto poetico ed elemento visivo. Il monocromatismo della scena – dominata da una vertiginosa pendenza del palcoscenico che estremizza i giochi prospettici delle architetture – risalta la delicatezza delle tinte dei costumi lontanissimi da quel recupero di neogotico che lo stesso Pizzi aveva accolto nella prima messinscena pesarese del 1982. La solitudine dell’eroe è il contrassegno della tragedia greca classica e ad essa il libretto di Rossi fa riferimento, ad onta del soggetto cavalleresco; anche Pizzi ritiene che Tancredi sia un eroe solo, chiuso in una disperata incapacità comunicativa (la stessa che impedisce per ben due volte ad Amenaide di dare spiegazioni all’amato sulla sua lettera a lui indirizzata) e impernia l’intera regia su questo concetto di base. Per gli attori cantanti ne consegue un’impostazione prossemica statica e una riduzione dei gesti all’essenziale. Quest’operazione di progressiva sottrazione trova la degna conclusione nello straordinario (per impalpabile dissolvenza) finale tragico che viene ripreso dalla versione di Ferrara del marzo 1813 e che grazie alle regie di Pizzi è rientrato a pieno titolo come alternativa all’originario happy end. Distintosi al ROF di Pesaro nel 2006 come uno dei più giovani direttori rossiniani, José Miguel Pérez-Sierra si è specializzato nelle opere del maestro pesarese ottenendo unanimi consensi. Gesto autorevole, stacchi di tempo esatti e attenzione ai dettagli dinamici e timbrici fanno di questo direttore una delle bacchette più brillanti della sua generazione. Lo ha seguito con precisione e convinzione l’ottima orchestra del Petruzzelli, sempre encomiabile per la freschezza esecutiva. In questa occasione il coro maschile del teatro barese ha peccato di qualche imprecisione ritmica e di un qualche sbilanciamento nelle volumetrie sonore, pur confermando l’ottima qualità delle voci. Il mezzosoprano Cecilia Molinari, cresciuta presso l’accademia rossiniana di Pesaro, ha interpretato Tancredi con grande intensità drammatica ed estrema correttezza per quanto concerne lo stile di fraseggio e i piani dinamici; ottimo il colore timbrico, le agilità e le tante sfumature che hanno reso “palpitante” questo complesso personaggio. Le si è abbinata la bella voce del soprano rumeno Valentina Farcas, una Amenaide delicatissima e sempre coerente al mutare degli stati d’animo: brillante nella cavatina di presentazione (ottima la tenuta di fiato e l’esattezza nei passi di coloratura) dolente e mesta nella scena di prigione dove l’interprete ha brillato per morbidezza di emissione. Squisito l’Argirio di Alasdair Kent che coraggiosamente ha retto per due giorni di seguito la sua parte impervia poiché per indisposizione la recita di Michele Angelini non aveva potuto aver luogo. La padronanza di dizione e l’ottimo colore della tessitura acuta (alcune variazioni delle cabalette si sono spostate sulle rischiose note sovracute) sono stati gli elementi di spicco della sua performance convincente anche sul piano attoriale. L’Orbazzano di Pietro Spagnoli, qui gratificato di un’aria assente dalla versione originale, si è distinto per un colore della voce scuro ma penetrante, per una recitazione attorialmente perfetta e per una impeccabile proiezione del suono; la pratica dell’opera barocca ha senz’altro determinato la qualità prosodica dei suoi recitativi, scolpiti con esattezza assoluta. Molto buona l’Isaura del soprano veneziano Alessia Nadin encomiabile anche per la qualità della recitazione oltre che della voce. In sostituzione di Giuseppina Bridelli ha cantato il bravo mezzosoprano Nozomi Kato che ha interpretato l’aria di Roggiero con estrema eleganza. La misura e la correttezza che l’intero cast ha sfoggiato come cifra distintiva dell’allestimento è stata apprezzata dal pubblico che ha gustato con concentrazione questo melodramma così astratto e rarefatto. Foto Studio Fasciolo