Festival “Jacques Offenbach e la Parigi della musica leggera”, dal 29 settembre al 28 ottobre 2018 “SPIRITO FRANCESE”
Tenore Éric Huchet
Pianoforte Maciej Pikulski
Brani di Jacques Offenbach, Hervé, Charles Lecocq, Gaston Serpette, André Messager, Reynaldo Hahn
Venezia, 19 ottobre 2018
Un’altra ventata d’allegria ha piacevolmente coinvolto il pubblico del Palazzetto Bru Zane nel concerto, che vedeva come protagonisti il tenore Éric Huchet e il pianista Maciej Pikulski, alle prese con un programma, dedicato ai generi più “leggeri” del teatro musicale francese tra Otto e Novecento, quali l’opėra-bouffe o la comėdie musicale, derivati dall’opéra-comique, in quanto vi si alternano parti cantate e parti recitate. Si tratta di uno spettacolo, che – ancora una volta, come ben sa il pubblico affezionato del Bru Zane – sapeva essere divertente, benché (o più probabilmente proprio perché) fondato sul più rigoroso minimalismo scenografico. Ad animare la scena bastava la scaltrita e, nel contempo, essenziale gestualità di Éric Huchet, cui corrispondeva una vocalità altrettanto efficacemente calata nel codice interpretativo di quei generi e di quel repertorio. Dotato di una bella voce di tenore lirico-leggero – ma dal gradevole timbro tenuemente brunito e non priva di una certa potenza –, il tenore francese ha affrontato con una padronanza tecnica, un fraseggio, una presenza scenica ineccepibili i brani programmati: un sostanzioso florilegio, attinto da un repertorio, che assegna alla voce tenorile un ruolo privilegiato e richiede, tra l’altro, agli interpreti una buona dose di brio ma anche di autoironia, oltre che di finezza espressiva, mentre indossano i panni di ingenui giovanotti innamorati, di lamentosi mariti ingannati, o anche di astuti servi insofferenti rispetto alla loro condizione. Tutto questo si è colto nell’interpretazione di Huchet, che ha esordito con un trittico offenbachiano: l’Air du Brésilien, da La Vie parisienne – dominato dalla frenesia, da parte del ricco carioca, di tuffarsi nei piaceri della Ville lumière –, dove ha sfoggiato una dizione perfetta nel canto sillabato che lo caratterizza; gli enfatici Couplets de la Statistique – caricatura di un cultore appassionato della disciplina – da Belle Lurette; La Complainte du toréador – un bolero su versi di Théophile Gautier, che si immagina cantato sotto il balcone di un’inespugnabile fanciulla –, dove il tenore ha fatto sentire un bel timbro brunito nel dominante registro medio-grave.
Seguivano tre brani da Hervé – egli stesso tenore: primo interprete di Jupiter nell’Orfée aux Enfers di Offenbach –, tra cui i Couplets de Gaston, da La Mère des compagnons – un valzerino che si anima particolarmente quando si intonano le parole “Chercher la femme” – e i Couplets d’Isidore, da Estelle et Némorin – un valzer veloce, con i suoi riferimenti al mondo animale (“Un fier bélier de mon troupeau/Vraiment beau/Aimait une brebis bien blanche”). Ancora gli animali ricorrevano in alcune mélodies su versi di La Fontaine: la favola de Le Loup et l’Agneau, musicata da Hervé – dove l’interprete ha saputo ben evidenziare, con opportune modulazioni della voce, gli opposti caratteri dei due contendenti – e tre delle sei favole musicate da Offenbach – Le Corbeau et le Renard, Le Rat des villes et le Rat des champs e La Cigale et la Fourmi –, dove si è apprezzato, tra l’altro, l’accompagnamento non banale del pianoforte. Il pianoforte solo era subito dopo protagonista con la virtuosistica Fantaisie élégante sur La Périchole, sempre di Offenbach, eseguita con maestria e buon gusto da Maciej Pikulski, che si è ben destreggiato in volatine e altri passaggi veloci.
La soirée è felicemente proseguita con tre brani di Gaston Serpette – tra cui i Couplets de la Serrure, esilarante rondeau, da la Demoiselle du Téléphone, che descrive non senza malizia le meraviglie che si possono contemplare, avvicinando l’occhio a quel semplice buco. Poi, con i due brani di André Messeger e quello di Reynaldo Hahn, si è fatta un’incursione nella comédie musicale: irresistibile Huchet nei nostalgici Couplets du célibataire, da La Petite Fonctionnaire di Messeger, come nei gioiosi Couplets de François, da Le Temps d’aimer, di Hahn.
Apoteosi finale con l’Air des instruments da L’Île de Tulipatan di Offenbach, in cui il tenore ha mandato in sollucchero il pubblico, molto divertito dalla gestualità e dalle onomatopee. Successo entusiastico, certamente dovuto anche alla maestria del pianista polacco, sempre attento alle esigenze del canto. Un fuoriprogramma: La pêche à la baleine di Jacques Prévert, musicata da Jopseph Kosma.