Novara, Teatro Coccia: “Gianni Schicchi”

Novara, Teatro Coccia – Stagione d’Opera 2018-19
GIANNI SCHICCHI
Opera comica in un atto, su libretto di Giovacchino Forzano
Musica di Giacomo Puccini
Gianni Schicchi FEDERICO LONGHI
Lauretta ELEONORA BOARETTO
Zita NIKOLINA JANEVSKA
Rinuccio MAURO SECCI
Gherardo GIUSEPPE DI GIACINTO
Nella CLAUDIA URRU
Gherardino MATTEO PILIA
Betto MARIO TATHOUH
Simone VSEVOLOD ISCHENCO
Marco FABIO LA MATTINA
Ciesca ANGELA SCHISANO
Maestro Spinelloccio/ Ser Amantio DAVIDE ROCCA
Pinellino YANG GUO
Guccio FILIPPO ROTONDO
Buoso Donati PAOLO LAVANA
Orchestra del Teatro Coccia di Novara
Direttore Nicolò Jacopo Suppa
Regia Davide Garattini Raimondi
Scene Lorenzo Mazzoletti
Costumi Silvia Mules
Luci Ivan Pastrovicchio
Nuovo allestimento del Teatro Coccia di Novara
Novara, 14 dicembre 2018
Difficile giudicare il “Gianni Schicchi“ andato in scena al Coccia di Novara lo scorso venerdì: da una parte, infatti, si tratta del saggio degli studenti dell’Accademia di Perfezionamento in Canto Lirico della fondazione cittadina, e come tale andrebbe salutato con benevolenza; dall’altra abbiamo una vera performance, su un testo di assoluto rispetto, in una cornice di altrettanto assoluto prestigio, e come tale dovrebbe poter essere giudicato obiettivamente. È chiaro che chi scrive ha deciso di optare per il secondo approccio, giacché non sfugga la vocazione costruttiva anche di certe critiche più aspre. Partiamo subito dall’ensemble canoro, gli allievi di cui sopra: siamo di fronte a voci fresche, personalità entusiaste del palco, e questo è evidente a chiunque. Meno lampanti sono forse le sostanziali differenze, oltre ai limiti di taluni cantanti: così, ad esempio, la Zita di Nikolina Janevska emerge come il ruolo più piacevole della serata, sostenuta da un timbro caldo dal piglio sicuro, il fraseggio espressivo, il suono pieno dall’emissione corretta; anche il Rinuccio di Mauro Secci si mostra gradevole, anche se nei centri il suono non sempre pienamente a fuoco, al contrario del registro acuto brillante e squillante. Senza dubbio Federico Longhi nel ruolo principale figura bene, sfoderando un suono baritonale chiaro, dall’emissione controllata e sicura; Eleonora Boaretto, che dovrebbe interpretare sua figlia Lauretta, certamente sfoggia tecnica ed estensione, ma regala un’interpretazione un po’ incolore. Fra gli altri interpreti, spiccano anche Claudia Urru (Nella) e Angela Schisano (Ciesca): i momenti di terzetto con Zita sono precisi sia per intonazione che per presenza scenica; così come giustamente senile e cavernoso è il Simone di Vsevolod Ischenco. L’apparato creativo della messa in scena, lascia invece qualche domanda, che giudichiamo più che legittima: a cosa abbiamo assistito? Di cosa ci ha voluto parlare la regia a cura di Davide Garattini Raimondi, in cui ogni venti minuti i personaggi si spogliavano dei panni medievali per mostrarsi in moderni abiti neri? Siamo certi che trasformare Buoso Donati da moribondo ad alzheimeriano, tenendolo costantemente in scena a mo’ di mimo (peraltro bene interpretato dall’attore Paolo Lavana), non sia una scelta troppo azzardata, e nemmeno troppo comica? La scena (curata da Lorenzo Mazzoletti) è certamente ben costruita, e non manca di originalità, soprattutto nell’uso di controluce efficaci (ideati da Ivan Pastrovicchio). Purtroppo ciò che sembra non esserci è un’idea chiara di regia: si accumulano oggetti diversi in scena (palloncini, altalena, ma quando c’è da rifare un letto, nemmeno l’ombra di mezza coperta), si inseriscono mimi senza una vera ragione, piovono lustrini in maniera confusa. La generale sensazione è una mancata analisi del libretto, una serie di forzature che non si accordano nel migliore dei modi al testo, e nemmeno al contesto. Infine, l’orchestra del Teatro Coccia non sembra del tutto a suo agio con la direzione di Nicolò Jacopo Suppa: l’unità tra buca e palco difficilmente si raggiunge nelle scene più concitate, e talvolta c’è disomogeneità anche tra le parti orchestrali. Auguriamo al  giovane direttore di accumulare maggiore esperienza per accedere ancora a palchi importanti, in futuro. Foto Mario Finotti