Gioachino Rossini 150: “Semiramide” (1823)

Melodramma in due atti su libretto di Gaetano Rossi. Albina Shagimuratova (Semiramide), Daniela Barcellona (Arsace), Mirco Palazzi (Assur), Barry Banks (Idreno), Gianluca Buratto (Oroe), Susana Gaspar (Azema), David Butt Philip (Mitrane), James Platt (L’ombra di Nino). Opera Rara Chorus, Madeleine Venner (maestro del coro), Orchestra of the Age of Enlightement, Mark Elder (direttore). Registrazione: Londra, Henry Wood Hall, agosto/settembre 2016. 4 CD Opera Rara ORC57

Semiramide è qualche cosa di più di un’opera, è un monumento estremo a una pagina culturale fondamentale della cultura occidentale, l’ultimo manifesto della grande tradizione belcantista di stampo barocco e neoclassico, non solo l’addio di Rossini all’Italia ma la sintesi somma e conclusiva di un mondo al crepuscolo. Opera estrema per dimensioni e complessità, “Semiramide” ha circolato poco e soprattutto pesantemente aggiustata e ridotta anche in produzioni a suo tempo mitiche e ancora di strepitoso ascolto sul piano esecutivo. Solo nel 1992 si è avuta la prima registrazione integrale e una nuova proposta in tal senso non può che essere accolta con entusiasmo. Preceduta da un’edizione in forma di concerto ai BBC proms del 2016 questa nuova registrazione in studio – prima della nuova collaborazione fra Opera Rara e Warner Classics – si candida a rappresentare un riferimento interpretativo per gli anni a venire.
Grande merito della riuscita spetta alla direzione di Mark Elder di gran lunga la migliore ascoltata in quest’opera. Elder crede nelle ragioni drammatiche oltre che musicali dell’opera, in questa grandiosa tragedia illuminista e neoclassica in cui Voltaire ha fatto convivere il dramma famigliare dell’”Orestea” con le suggestioni del “Macbeth” shakespeariano. Lontano dall’approccio di molti direttori filologici Elder affronta la partitura con la sua ampia e profonda esperienza di repertori vasti ed ecclettici e ne dà una lettura ampia, magniloquente, sontuosa. Quando la musica lo richiede, Elder sa essere leggero e brillante ma siamo lontanissimi da quel taglio spesso troppo connotato in tal senso che oggi spesso si ascolta e che spesso giunge quasi a compromettere casi la stessa tinta musicale di ciascuna opera. Qui è esattamente l’opposto, ogni momento, ogni atmosfera è ricercato con la massima efficacia teatrale possibile. Già i primi accordi dell’ouverture ci fanno entrare pienamente nel clima nell’opera fatta di atmosfere caliginose, cupe, attraversate da fremiti misteriosi – le lunghe scene dei sotterranei – e capace di un’imponenza sonora quasi wagneriana nei momenti più intensi come il grande finale primo con l’apparizione dell’ombra di Nino. L’Orchestra of the Age of Enlightement suona in un modo strepitoso, capace di far convivere una presenza sonora da grande orchestra moderna con una cura quasi cameristica dei dettagli e altrettanto alta la prova dell’Opera Rara Chorus.
Qualche perplessità può suscitare la scelta della protagonista. Albina Shagimuratova è vocalista di classe adamantina, però è innegabile che la sua vocalità da pretto soprano di coloratura – anche se con una robustezza superiore a quella tipica di queste vocalità – sia alquanto lontana dalla tipologia delle voci Colbran per cui il ruolo era stato pensato. Bisogna però considerare che la registrazione è britannica e risente di quel gusto “floreale” che la Sutherland ha imposto indelebilmente nell’estetica inglese e la scelta della Shagimuratova rientra pienamente in queste tendenza. Per altro la cantante è spettacolare nella facilità del canto di coloratura e nella sicurezza degli acuti, essendo in possesso di una tecnica ferrea – si ascolti la fermezza del controllo vocale – e di un timbro morbido e piacevole. Nonostante manchi di autentico piglio drammatico si fa apprezzare per la cura del fraseggio e dell’accento. Accettato il taglio interpretativo, è difficile immaginare oggi esecutrice migliore. Con Arsace Daniela Barcellona ritorna a Rossini e ritrova tutto lo smalto che in altri repertori era apparso a volte appannato. Tecnica granitica, padronanza dello stile assoluta, capacità di essere sempre espressiva e mai meramente tecnica. Quello della Barcellona è un Arsace lirico e giovanile, un adolescente con gli occhi colmi di stupore abbagliati da un mondo per lui quasi incomprensibile. Un giovane pieno di dolcezza e umanità – sia essa rivolta ad Azema o alla madre – che non manca di eroismo ma evita lo stereotipo del guerriero fin troppo virile cui alcune interpreti anche grandi hanno indugiato per recuperare quella femminilità androgina dei ruoli en travesti rossiniani che solo la Valentini Terrani aveva fatto emergere con tanta chiarezza. Mirco Palazzi è un ottimo Assur. La voce è di bel colore e ha sufficiente forza e autorità rinforzate anche da una dizione molto nitida e da un accento sempre curato ed efficacie. Le colorature sono risolte con grande proprietà e non perdono di vista le ragioni espressive del ruolo – si ascolti il duetto macbethiano con Semiramide che apre il II atto – mentre la qualità dell’interprete emerge ancor più nella grande scena declamata della follia. Qualche durezza in acuto non compromette la resa complessiva del ruolo. Barry Banks non ha la facilità ipnotica di un Blake o di un Florez ma arriva a capo con buona sicurezza degli autentici cimenti rappresentati dalle arie di Idreno. Timbro un po’ anonimo ma nel complesso piacevole, acuti facili, apprezzabile sicurezza nel canto di coloratura. Manca la scintilla dell’autentico fuoriclasse ma siamo a un professionismo più che ammirevole considerando l’improba difficolta del ruolo. Gianluca Buratto è un’Oroe vocalmente imponente e di grande autorevolezza interpretativa, buone qualità vocali ma si sarebbe potuto lavorar di più sulla dizione italiana per il Mitrane di David Butt Philip e l’Azema di Susana Gaspar, vocalmente solido e bravo nel rendere il carattere ultramondano del personaggio James Platt come Ombra di Nino.