Hector Berlioz 150 (1803 – 1869): “La damnation de Faust” (1846)

La damnation de Faust (La dannazione di Faust), leggenda drammatica in quattro parti op. 24
Parte prima. Pianure d’Ungheria. Scena prima: Introduzione. Faust solo nei campi al levar del sole (Andante placido non troppo lento). – Scena seconda. Danza dei contadini (Allegro). – Scena terza. Un’altra parte della pianura, Un esercito che s’avanza (Allegro marcato).
Parte seconda. Germania del Nord. Scena quarta: Faust solo nel suo studio (Largo sostenuto); Cantico di Pasqua (Religioso moderato). – Scena quinta (Allegro Moderato). – Scena sesta. La cantina d’Auerbach a Lipsia (Allegro moderato); Coro dei Bevitori (Allegretto); Canzone di Brander (Allegro); Fuga sul tema della canzone di Brander (Allegro non troppo); Canzone di Mefistofele (Allegretto con fuoco). – Scena settima: Boschetto e praterie sulla sponda dell’Elba, Aria di Mefistofele (Moderato assai un poco lento); Coro di gnomi e silfidi (Andante); Balletto delle silfidi (Allegro. Tempo di Valse). – Scena ottava; Finale: Coro di soldati (Allegro); Canzone di studenti (l’istesso tempo).
Parte terza. Camera di Margherita. Scena nona: Trombe e tamburi suonano la ritirata (Allegro); Aria di Faust (Andante sostenuto). – Scena decima: Moderato, Andantino con moto. – Scena undicesima: Allegretto non troppo presto e dolce. Il re di Thule, canzone gotica (Andantino con moto). Scena dodicesima: Evocazione (Allegro con moto); Minuetto dei folletti (Moderato); Serenata di Mefistofele e coro di folletti (Allegro. Tempo di Valse). – Scena tredicesima: Duetto (Andantino non troppo). Scena quattordicesima: Terzetto e coro (Allegro).
Parte quarta. Camera di Margherita. Scena quindicesima: Romanza (Andante un poco lento). – Scena sedicesima: (Foreste e caverne). Invocazione alla natura (Andante maestoso).  – Scena diciassettesima: Recitativo e caccia (Allegro). – Scena diciottesima: La corsa all’abisso (Allegro). -Scena diciannovesima: Pandemonium (Maestoso, Allegro vivace); Epilogo sulla terra (Maestoso, quasi recitativo).
Epilogo. Sulla terra,  Scena ventesima: In cielo (Maestoso non troppo lento); Apoteosi di Margherita (Un poco meno lento).
Durata: 115’ca
“Devo ancora segnalare, come uno degli eventi notevoli della mia vita, l’impressione al tempo stesso strana e profonda che ricevetti leggendo per la prima volta il Faust di Goethe, tradotto in francese da Gérard de Nerval. Il meraviglioso libro mi affascinò sin da subito; non lo lasciai più; lo leggevo senza fermarmi, a tavola, a teatro, per le strade, dappertutto.
Questa traduzione in prosa conteneva alcuni frammenti in versi, canzoni, inni, ecc. Cedetti alla tentazione di metterli in musica; e appena concluso questo compito difficile, senza aver prima ascoltato una nota della mia partitura, ebbi la stupida idea di farla stampare… a mie spese. Alcuni esemplari di quest’opera, pubblicata a Parigi sotto il titolo di Huit scènes de Faust si diffusero in tale forma. Uno di essi giunse nelle mani di M. Marx, il celebre critico e teorico di Berlino, che ebbe la bontà di scrivermi al riguardo una lettera benevola. Questo incoraggiamento insperato e venuto dalla Germania mi fece un gran piacere, lo si può immaginare; non mi illuse, tuttavia, per molto tempo, sui numerosi ed enormi difetti di quest’opera, le cui idee mi sembrano aver ancora qualche valore, poiché le ho conservate, sviluppandole in modo del tutto diverso nella mia leggenda (la Damnation de Faust), ma che, insomma, era incompleta e scritta molto male. Dal momento in cui questa convinzione si fissò bene nella mia mente, mi affrettai a riunire tutti gli esemplari delle Huit scènes de Faust riuscii a trovare e li distrussi”.
Così lo stesso Berlioz ricordò il suo primo incontro giovanile incontro con il capolavoro di Goethe senza precisare la data che, tuttavia, è ricavabile da una lettera del 2 febbraio 1829, indirizzata a Humbert Ferrand, un letterato dilettante suo amico, nella quale si legge:
“Aspettavo che la mia partitura di Faut fosse interamente completata per scrivervi indirizzandovela; ma l’opera, avendo assunto una dimensione più grande di quanto credessi, la stampa non è ancora finita”.
Nel 1846, a distanza di circa 17 anni dalle Huit scènes de Faust, Berlioz riprese questo progetto ampliandolo e dando così vita a La damnation de Faust, un lavoro che costituisce, in un certo qual modo la sintesi e il punto più alto della prima parte della sua produzione, dal momento che nella lettura del compositore francese il personaggio goethiano sarà dannato come il giovane musicista della Sinfonia fantastica. Eseguita per la prima volta all’Opéra-Comique il 6 dicembre 1846 sotto la direzione dell’autore in una sala semivuota, La damnation de Faust andò incontro ad un esito disastroso tanto che questo lavoro non fu più ripreso integralmente vivente Berlioz.
Ambientata, con un’evidente forzatura, in Ungheria, per fare in modo da inserirvi alla fine la famosa Marcia Ungherese, la prima parte vede Faust, accompagnato da un tema cullante di carattere sognante, contemplare la natura ed esaltare la solitudine. Nella seconda scena Faust è disturbato da un coro di contadini che, al ritmo di un brillante saltarello in 6/8, danzano e cantano in occasione della festa, mentre nella terza il passaggio di alcuni soldati lascia del tutto indifferente l’uomo il cui cuore resta freddo a qualunque ideale di gloria. La prima parte si conclude con la celebre Marche Hongroise, che, chiamata anche Marcia Rákóczy dal nome di un’importante famiglia ungherese e soprattutto in onore di Ferenc Rákóczy, divenuto eroe popolare per aver guidato la sfortunata insurrezione contro l’impero asburgico nei primi anni del Settecento, era stata composta da Berlioz, in precedenza, per un concerto che si era tenuto a Budapest. Questo brano, nel quale utilizzò il famoso tema di Rákóczy, ha una struttura in forma-sonata, tutta giocata sull’alternanza di la maggiore e la minore e sulla contrapposizione tra gli ottoni e il resto dell’orchestra. Lo sviluppo dei due temi conduce a un crescendo, all’interno del quale viene introdotta dai tromboni, dall’oficleide e dalla tuba una nuova idea tematica che esplode nella finale perorazione del primo tema.
Nella seconda parte la scena si sposta nella Germania del Nord e in particolar modo nello studio di Faust che, nel brano iniziale realizzato musicalmente in stile fugato, manifesta in una forma di recitativo-arioso, la sua intenzione di bere un filtro capace di illuminare la sua ragione o di distruggerla completamente. Mentre sta per bere il filtro, è distolto dal suo proposito da un coro che intona un canto, scritto nella forma del corale, per la festa di Pasqua. Questo canto, Chant de la fête de Pâques, tratto dalle Huit scènes de Faust,  evocando a Faust l’infanzia felice, lo riconquista alla fede e alla preghiera, ma, subito dopo è distolto da questi pii propositi da Mefistofele che, apparsogli, in un recitativo, si manifesta come lo spirito della vita capace di regalargli ogni sorta di piacere. Spinti da un brillante tema in semicrome, Faust e Mefistofele spariscono in aria per essere trasportati nella Cave d’Auerbach à Leipzig, scena derivata dalla quarta e dalla quinta delle Huit scènes e costituita da una Chanson à boire che inneggia al vino capace di far dimenticare gli affanni e dalla quale si stacca Brander che intona la canzone del topo. Dopo l’intervento del coro, che intona un’ironica fuga sul tema dell’Amen pronunciato in onore del topo morto nel forno di una cucina dove si era stabilito, Mefistofele, a sua volta, si produce in una canzone di cui è protagonista una pulce, che, riverita da un principe, aveva invitato fratelli e sorelle con il risultato che i cortigiani passavano la giornata a grattarsi. Faust, disgustato per la volgarità dell’ambiente in cui si è trovato, chiede a Mefistofele di condurlo da un’altra parte. Una delicata sezione orchestrale conduce alla scena successiva che si svolge in un boschetto e nelle praterie sulla sponda dell’Elba, dove Mefistofele incanta, con la sognante aria Voici des roses, accompagnata solo da cornetti, tromboni e contrabbassi e strutturata in una forma di conductus, Faust che si addormenta. Ad essa segue un altrettanto incantevole Choeur de Gnomes che conduce Faust in sogno in un luogo popolato da amanti tra le quali appare Margherita che viene prontamente invocata dall’uomo. Altra pagina incantevole è il successivo Ballet des Sylphes, un valzer dalla struttura tripartita, strumentato con grande maestria, che ha trovato spazio nel repertorio sinfonico indipendentemente dalla Damnation de Faust. Faust, risvegliatosi, invoca Margherita, ma finisce per assistere a un coro di soldati che inneggiano alle ragazze e alla battaglie, seguito da un goliardico coro in latino degli studenti.
La terza parte, nonostante si apra con una fanfara che, suonando la ritirata, sembrerebbe essere un’eco della scena precedente, si svolge nella camera di Margherita, dove Faust intona la dolcissima e contemplativa aria Merci, doux crépuscule, per nascondersi, su suggerimento di Mefistofele, subito dopo, all’arrivo della donna. Quest’ultima, turbata, intona una Chanson di cui è protagonista il mitico Roi de Thulé, il quale, ricevuta, alla morte della sua donna, una coppa d’oro nella quale era solita bere, vi bevve per l’ultima volta e la gettò in mare prima di morire. Mefistofele, allora, dopo aver evocato gli spiriti dalle fiamme incostanti che danno vita al celebre Menuet des Follets, intona una serenata che ha lo scopo di sedurre Margherita per piegarla ai desideri di Faust. Nella scena successiva i due si dichiarano il loro amore in un duetto nel quale ritornano elementi tematici tratti dalla Chanson de Thulé e dal Menuet des Follets, ma sono interrotti da Mefistofele che separa a fatica i due amanti per timore che vengano scoperti dalla madre destata dal rumore dei vicini, a loro volta, svegliati dalla serenata.
La parte quarta si svolge sempre nella camera di Margherita, dove la donna intona la bellissima romanza De l’amour l’ardante flamme nella quale, dialogando con il corno inglese, esprime il suo dolore per l’assenza di Faust. La scena successiva, che si svolge in foreste e caverne, è dominata dall’invocazione di Faust alla natura (Nature immense impénétrable), un grande recitativo arioso dalla forte tensione espressiva. L’uomo, però, è rimproverato da Mefistofele che lo accusa della rovina di Margherita che, avendo fatto un uso eccessivo di sonnifero per favorire i suoi convegni amorosi con Faust, ha causato la morte della madre ed è stata rinchiusa in prigione. Faust, allora, chiede a Mefistofele di salvare la ragazza e in cambio si impegna, firmando una pergamena, a mettersi al suo servizio. Mefistofele, però, inganna Faust e lo conduce al galoppo di due cavalli neri, Vortex e Giaour, nell’abisso infernale rappresentato da timbri veramente infernali grazie all’uso di trombe, tromboni e fagotti. Durante la scena si assiste a mostri che urlano, a scheletri che danzano e ridono in modo orribile e a una pioggia di sangue. Alla fine Faust e Mefìstofele precipitano nel baratro (Pandemonium) dove sono accolti da un coro di demoni, di dannati e di principi delle tenebre che celebrano il trionfo di Mefistofele danzando intorno a lui ed esprimendosi in un incomprensibile linguaggio infernale.
L’epilogo si svolge in cielo e vede l’apoteosi di Margherita caratterizzata da una melodia di una bellezza celestiale. L’anima della donna, infine, è accolta da un coro di spiriti eletti e di fanciulli.