A 150 anni dalla morte.
“Roméo et Juliette”, sinfonia drammatica con cori, soli di canto e prologo in forma di recitativo corale op. 17
Parte prima. Introduzione: Combattimenti, tumulto, intervento del Principe (Allegro fugato) – Prologo: Moderato; Strofe (Andante con solennità); Moderato; Scherzetto (Allegro leggiero); Andante.
Parte seconda. Romeo solo. Tristezza; Concerto e Ballo; Grande festa in casa dei Capuleti (Andante malinconico e sostenuto, Allegro)
Parte terza. Scena d’amore; Notte serena; Il giardino dei Capuleti silenzioso e deserto; I giovani Capuleti uscendo dalla festa passano cantando reminescenze della musica del ballo (Allegretto, Adagio)
Parte quarta. La regina Mab, o la fata dei sogni: Scherzo (Prestissimo) – Corteo funebre di Giulietta (Andante non troppo lento) – Romeo alla tomba dei Capuleti: Invocazione; Risveglio di Giulietta; Gioia delirante, disperazione; ultime angosce e morte dei due amanti (Allegro agitato e disperato)
Finale. La folla accorre al cimitero; Rissa dei Capuleti e dei Montecchi; Recitativo del padre Lorenzo (Allegro, Un poco meno allegro) – Aria (Larghetto sostenuto) – Giuramento (Andante un poco maestoso)
Durata: 95’ca
Il 16 dicembre 1838 Berlioz aveva appena diretto, nella sala del Conservatorio, la Symphonie fantastique e Harold, quando ricevette la visita di Paganini che, per la prima volta, aveva sentito Harold di cui era stato l’involontario ispiratore. Paganini si complimentò con lui davanti ad alcuni orchestrali e il giorno dopo il figlio Achille recapitò a Berlioz una lettera del padre dicendogli che avrebbe dovuto leggerla da solo. Nella lettera c’era scritto:
“Mio caro amico, Beethoven spento non c’era che Berlioz che potesse farlo rivivere; ed io che ho gustato le vostre divine composizioni degne d’un genio qual siete, credo mio dovere pregarvi di volere accettare, in segno del mio omaggio, venti mila franchi, i quali vi saranno rimessi dal signor barone de Rothschild dopo che gli avrete presentato l’acclusa. Credetemi sempre
Il vostro affezionatissimo amico
Nicolò Paganini”.
La gratitudine del compositore francese fu tale che egli decise di comporre per il suo benefattore un’opera nuova, grandiosa, appassionata, degna di essere dedicata all’illustre artista e gli sottopose, per averne un consiglio, vari soggetti per questa nuova composizione. Paganini gli rispose che non aveva alcun consiglio da dargli, in quanto egli sapeva bene cosa fosse più conveniente per lui. Berlioz, infine, scelse il soggetto per questo nuovo lavoro, come egli stesso ricordò nei suoi Mémoires:
“Infine, dopo un’indecisione abbastanza lunga, mi fermai sull’idea di una sinfonia con cori, solisti di canto e recitativo corale, di cui il dramma di Shakespeare Roméo et Juliette sarebbe il soggetto sublime e sempre nuovo. Scrissi in prosa tutto il testo destinato al canto tra i brani di musica strumentale; Emile Deschamps, con la sua affascinante solita gentilezza e con la sua straordinaria facilità, lo mise in versi, e io cominciai”.
Dopo circa sette mesi di febbrile lavoro Roméo et Juliette ebbe la sua prima esecuzione al Conservatorio diretta dallo stesso Berlioz il 24 novembre 1839, con notevole successo, come lo stesso compositore scrisse al padre due giorni dopo:
“Questo primo concerto, oltre alla sua importanza immensa musicalmente parlando (la forma d’arte che ne faceva il soggetto essendo ancora sconosciuta) doveva illuminarmi sull’interesse reale che una nuova composizione mia poteva, in questo momento, eccitare presso il vero pubblico”.
Paganini, tuttavia, non ebbe la possibilità di ascoltarla o di leggerne la partitura essendo morto a Nizza prima che l’opera fosse stampata dopo i vari ritocchi spesso apportati anche in seguito a osservazioni fatte da critici. Così, quando Frankoski, segretario di Ernst, gli segnalò che lo scherzo della fata Mab terminava in modo brusco, egli vi aggiunse una coda e, su segnalazione di d’Ortigue apportò dei tagli al lungo racconto di padre Lorenzo. Da alcuni critici gli fu rimproverata anche la stravaganza della forma, ben lontana dalla sinfonia classica e non ascrivibile a un’opera teatrale nonostante la presenza del canto, ma lo stesso Berlioz, che aveva intuito tali perplessità, nella prefazione della partitura scrisse:
“Certamente non ci s’ingannerà sul genere di questa composizione. Benché le voci vi siano spesso impiegate, non è un’opera in forma di oratorio, né una cantata, ma una sinfonia con cori”.
Inoltre si preoccupò anche di dare disposizioni sulla collocazione e sul numero degli strumentisti e dei cantanti e sulle particolarità esecutive dei singoli brani della sinfonia, consapevole delle difficoltà che la sua esecuzione avrebbe creato. Egli stesso scrisse nei suoi Mémoires:
“Essa presenta difficoltà immense di esecuzione, difficoltà di ogni specie, inerenti alla forma e allo stile, e che si possono vincere solo attraverso lunghi studi fatti pazientemente e diretti perfettamente. Ci vogliono, per renderla bene, degli artisti di primordine, direttore d’orchestra, strumentisti e cantanti decisi a studiarla come si studia nei buoni teatri lirici un’opera nuova, cioè quasi come se si dovesse eseguirla con il cuore”.
La sinfonia, sul cui frontespizio autografo si legge Roméo et Juliette, Sinfonia drammatica con cori, solisti di canto e prologo in recitativo corale composta dalla tragedia di Shakespeare, è divisa in quattro parti all’inizio delle quali vi sono delle brevi indicazioni relative agli argomenti.
La prima parte si apre con Introduction. Combats. Tumulte. Intervention du prince (Introduzione: Combattimenti, tumulto, intervento del Principe) caratterizzata da un iniziale concitato fugato, il cui soggetto, proposto dalle viole, è ripreso dagli archi e, poi, da tutta l’orchestra. A questo tema si contrappone una seconda idea affidata ai tromboni che conduce a un recitativo, solenne e ieratico esposto dagli ottoni, dei quali vengono sfruttate le potenzialità timbriche. Nella parte conclusiva ritorna il tema iniziale senza la potenza che lo aveva contraddistinto, perché frammentato e alla fine smorzato nel diminuendo che termina con un rarefatto pizzicato. All’introduzione, prologo strumentale, segue il prologo corale, Prologue, del quale è protagonista un coro a tre voci, senza i soprani, e un contralto solista inglobato nel complesso vocale, ridotto da Berlioz da 20 a 14 elementi. A questo coro è attribuita da Berlioz la funzione di introdurre dal punto di vista tematico e psicologico l’azione del dramma; dal punto di vista musicale esso è realizzato in un Moderato in 4/4 e nello stile del recitativo-sillabico il cui carattere di parlato è reso perfettamente dall’uso del ribattuto. Ad esso si contrappone un breve episodio strumentale, Allegro, che, formalmente , si può considerare uno scherzo che rappresenta la gioia di vivere. Il coro, però, riconduce tutti alla realtà, proclamando che La fête est terminée (La festa è finita) e sfociando in un Andante con moto e appassionato assai dove si libra in una melodia di largo respiro, anche se breve, insieme agli archi gravi e ai legni, per rappresentare lo stato d’animo di Romeo. Nel breve brano successivo, Strophes, si assiste a una riduzione dell’organico, qui limitato a un contralto solista che assume la funzione di corifeo, a un piccolo coro, mentre tra gli strumenti prevalgono i timbri dell’arpa e del violoncello. Il contralto solista intona una melodia di carattere strofico, annunciando il dramma e alla fine si fonde con il coro che riprende l’andamento di recitativo in moderato. Un carattere magico presenta lo Scherzetto, Allegro leggiero, che si apre sul nome Mab, la fata dei sogni, annunciato dal tenore solista e dal piccolo coro. È questa una pagina che si distingue per la leggera orchestrazione, nella quale emergono i pizzicati degli archi, i leggeri interventi dei legni, un delicato dialogo tra tenore e coro. Dopo lo Scherzetto si assiste ad un cambio di umore nell’Andante, conclusivo, dove delle lugubri note ribattute rappresentano la morte.
La seconda parte, Romèo seul. Tristesse. Concert et Ball. Grande fête chez Capulet (Romeo solo. Tristezza; Concerto e Ballo; Grande festa in casa dei Capuleti), nella quale le voci tacciono per lasciare il posto all’orchestra arricchita da due triangoli, due tamburelli baschi e da due parti di arpa, vede la contrapposizione di due piani drammatici. All’inizio il personaggio di Romeo viene rappresentato da un tema di carattere cromatico esposto dai soli primi violini che esprimono con la sua indefinitezza melodica, i suoi ansiosi stati d’animo, la sua malinconia e la sua solitudine. Indifferente alla malinconia di Romeo è il mondo che continua a divertirsi nell’Allegro la cui idea tematica è ripresa dall’Allegro del prologo questa volta senza essere interrotta dal piccolo coro. L’orchestra si scatena in tutta la sua potenza fino a coinvolgere il secondo tema di Romeo introdotto dagli ottoni che sembrano evidenziare la sua estraneità al divertimento. Nel Larghetto espressivo, che interrompe il clima di festa, ritorna protagonista Romeo che esprime la sua tristezza in un malinconico tema affidato all’oboe. La festa riprende in modo quasi orgiastico con ritmi saltellanti che ruotano attorno al tema principale, già sentito nel Pologue, mentre gli ottoni riprendono il tema lento di Romeo. Un concitato fugato dei fiati conduce alla coda di grande virtuosismo orchestrale che fa emergere il carattere drammatico e inquietante della festa, mentre appare un ultimo accenno al tema di Romeo affidato all’oboe.
Nella terza parte, Scène d’amour, che comprende i seguenti episodi: Nuit sereine (Notte serena); Les jardins de Capulet silencieux et desert (Il giardino dei Capuleti silenzioso e deserto); Les jeunes Capulets sortant de la fête, passent en chantant des reminiscences de la musique du ball (I giovani Capuleti che escono dalla festa, passano cantando ricordi della musica del ballo), all’organico orchestrale, ridotto delle percussioni e degli ottoni, ma arricchito dal corno inglese, si aggiungono due cori maschili suddivisi rispettivamente nella parte di tenore e di basso. L’Allegretto iniziale è caratterizzato da una certa staticità resa grazie alle note lunghe degli archi alle quali si aggiungono in eco quelle dei flauti che si producono nella parte bassa del loro registro. Il corno, unico strumento della famiglia degli ottoni lasciato da Berlioz in questa parte, si aggiunge alle note lunghe degli archi e anticipa l’intervento dei cori lontani che riprendono in eco i temi della festa. Segue senza soluzione di continuità l’Adagio per sola orchestra, la Scène d’amour, definita da Berlioz, in una lettera a Joseph d’Ortigue dell’aprile 1846, il miglior pezzo che abbia scritto. Il brano, costruito su due temi dei quali il primo, caratterizzato da idee ben fraseggiate, è definito dal punto di vista armonico, mentre il secondo è tratto dall’Andante con moto e appassionato assai del Prologue, rappresenta i due personaggi di Giulietta e Romeo in una scrittura intensa che ad alcuni studiosi ha ricordato l’Adagio della Nona sinfonia. Ad una nuova accelerazione ritmica, che riporta la musica al clima festante, segue la ripresa dell’Adagio.
Nella quarta parte distinguiamo molti episodi differenziati. Il primo , uno Scherzo, intitolato Reine Mab ou la fée des songes, è il brano più famoso dell’intera produzione di Berlioz oltre che uno dei più interessanti esempi di fantasia strumentale. Esso presenta una strumentazione più snella per la mancanza di trombe e tromboni, ma con l’aggiunta delle percussioni e con l’uso della sordina negli archi. Dopo un’introduzione interrogativa con le note lunghe e l’uso delle corone, inizia il rapido tema dei violini a cui segue un breve dialogo con i legni che imprime un senso di magia e di mistero. Un Allegretto in 3/4, nel quale emerge un delicato tema esposto dal flauto e dal corno inglese su note lunghe degli archi che si producono in trilli sulle corde vuote, funge da Trio al quale segue la ripresa dello Scherzo, caratterizzato da una raffinata ricerca timbrica. Il secondo episodio, Convoi funèbre de Juliette, un Andante non troppo lento nel quale ritornano il coro dei Capuleti e l’orchestra alleggerita degli ottoni e delle percussioni, ha un carattere salmodiante e processionale reso dal ribattuto della tonica mi nella parte del coro e anche dell’orchestra, dove emerge inizialmente il timbro dei violoncelli che danno inizio ad un fugato. Il loro tema viene ripreso in altri settori dell’orchestra: dalle viole e dai fagotti in controcanto, dai legni in lamenti che passano agli archi dopo una modulazione in mi maggiore. Questo pedale di tonica si trasferisce ai violini e alle viole, mentre il coro intona il tema che nella parte finale dà vita a un lamento nel disegno cromatico discendente. Alla descrizione del corteo funebre segue il breve episodio Romèo au tombeau des Capulets, Allegro agitato e disperato, che brucia nel rapido volgere di 33 battute tutte le ansie di Romeo. Dopo una breve stasi i legni introducono l’Invocation, una struggente barcarola funebre nella quale tutti i sentimenti, come i temi precedentemente esposti, si mescolano nell’animo del protagonista. Tra i temi ritorna infatti anche quello di Scène d’amour. Il dramma precipita verso il suo epilogo tragico e il Risveglio di Giulietta è caratterizzato da una scrittura rarefatta con le lunghe note discendenti dell’oboe in pianissimo.
Nel Finale le due fazioni dei Capuleti e Montecchi si oppongono in una rissa grazie al perentorio inizio degli ottoni, ma vengono riportati alla calma dalla considerazione della tragedia che accomuna le due famiglie. Dopo il recitativo di Padre Lorenzo, le due fazioni intervengono con un’esclamazione di grande efficacia drammatica: Mariés! Padre Lorenzo è ancora protagonista ed esorta, nell’aria a lui affidata, le due famiglie a riconciliarsi. Questo concitato finale, nel quale vengono ripresi alcuni temi delle altre parti, si conclude con il solenne giuramento, sui corpi di Giulietta e Romeo morti, di riconciliarsi.