A 210 anni dalla morte.
Sinfonie n. 6, 7 e 8.
Il ciclo organico, comprendente le Sinfonie n. 6 “Le Matin”, la n. 7 “Le Midi” e la Sinfonia n. 8 “Le soir” fu composto nel 1761, anno particolarmente felice per Haydn che era appena entrato al servizio del principe Esterházy come vice-Kapellmeister, dal momento che ufficialmente e solo formalmente restava in carica in qualità di Kapellmeister il vecchio Gregorius Wermer, impossibilitato a svolgere le sue funzioni a causa dell’età avanzata. Haydn, che aveva accettato con grande euforia l’incarico offertogli dal principe, come si apprende dagli appunti che si riferiscono proprio al 1761, dove si legge: Divenni vice-Kapellmeister di Sua Grazia il principe Esterházy, presso il quale desidero vivere e morire, si mise a lavoro con particolare entusiasmo. Le tre sinfonie di questo ciclo furono scritte molto probabilmente da Haydn subito dopo il suo ingresso alla corte del principe Esterházy sia per dare prova delle sue capacità di compositore sia per venire incontro alle aspettative dei musicisti dell’orchestra di corte, che speravano di trovare un compositore capace di valorizzarli. Queste intenzioni trovano una perfetta realizzazione in queste tre sinfonie, nelle quali l’organico strumentale risulta raddoppiato, e molti strumenti, tra cui i fiati, il violino, il violoncello e il violoncello, in alcuni passi, vengono trattati come solisti in funzione concertante in una scrittura che, se, da una parte, è ancora legata in certi momenti ai canoni del Barocco, dall’altra, si distingue per alcuni elementi stilistici preromantici.
Sinfonia n. 6 in re maggiore “Le matin”, Hob: I:6
Adagio; Allegro – Adagio; Andante; Adagio – Menuetto e Trio – Finale: Allegro
Aperto da un Adagio introduttivo che sembra evocare il sorgere del sole, il primo movimento si sviluppa in un Allegro in forma-sonata basato interamente, però, su un unico tema esposto inizialmente dal flauto. Una struttura concertante ha il secondo movimento, costituito da un Andante centrale, nel quale emergono le voci del violino e del violoncello soiista su un organico costitiito dai soli archi. Questo Andante è incastonato tra due austeri Adagi. Dopo un Menuetto di gusto francese, nel quale emerge la voce del flauto, la sinfonia si conclude con Finale di carattere concertante con i soli, rappresentati dal flauto, dal violino e dal violoncello che si alternano ai tutti.
Sinfonia n. 7 in do maggiore “Le Midi”, Hob:I:7
Adagio. Allegro – Recitativo: Adagio. Allegro. Adagio – Adagio – Menuetto e Trio – Finale: Allegro
Una scrittura barocca informa anche la Sinfonia n. 7 e in particolar modo il ritmo puntato dell’Adagio introduttivo e nella presenza di un vero e proprio “concertino”, formato da oboi e fagotto nell’Allegro dall’insolito sviluppo. Il secondo movimento, aperto da un originale Recitativo, ritenuto da Robbins-Landon una patrodia dell’eroirna metastasiana alla quale sembra dar voce il violino solista, evoca quasi un’ambientazione da Campi Elisi con i disegni in biscrome dei flauti, mentre elementi concertanti si possono rilevare nelle parti del violino e del violoncello che dialogano sin dall’inizio dell’Adagio per prodursi insieme in una bellissima cadenza poco prima della conclusione. Dopo un grazioso ed elegante Menuetto, nel cui Trio si segnala uno splendido a solo del violoncello, segue il gaio Finale dove è introdotto un “concertino” formato da due violini e dal violoncello.
Sinfonia n. 8 “Le soir” (o “La tempesta”) in sol maggiore Hob. 1:8
Allegro molto – Andante – Menuetto – Presto: “La tempesta”
Durata: 25’ca
Ultima di tre lavori sinfonici che formano un ciclo organico, comprendente anche le Sinfonie n. 6 “Le Matin”, la n. 7 “Le Midi”, la Sinfonia n. 8 in sol maggiore “Le soir” fu composta nel 1761, anno particolarmente felice per Haydn che era appena entrato al servizio del principe Esterházy come vice-Kapellmeister, dal momento che ufficialmente e solo formalmente restava in carica in qualità di Kapellmeister il vecchio Gregorius Wermer, impossibilitato a svolgere le sue funzioni a causa dell’età avanzata. Haydn, che aveva accettato con grande euforia l’incarico offertogli dal principe, come si apprende dagli appunti che si riferiscono proprio al 1761, dove si legge: Divenni vice-Kapellmeister di Sua Grazia il principe Esterházy, presso il quale desidero vivere e morire, si mise a lavoro con particolare entusiasmo. Le tre sinfonie di questo ciclo furono scritte molto probabilmente da Haydn subito dopo il suo ingresso alla corte del principe Esterházy sia per dare prova delle sue capacità di compositore sia per venire incontro alle aspettative dei musicisti dell’orchestra di corte, che speravano di trovare un compositore capace di valorizzarli. Queste intenzioni trovano una perfetta realizzazione in queste tre sinfonie, nelle quali l’organico strumentale risulta raddoppiato, e molti strumenti, tra cui i fiati, il violino, il violoncello e il violoncello, in alcuni passi, vengono trattati come solisti in funzione concertante in una scrittura che, se, da una parte, è ancora legata in certi momenti ai canoni del Barocco, dall’altra, si distingue per alcuni elementi stilistici preromantici.
Il primo movimento, Allegro molto, il più lungo tra tutti quelli composti fino a questo momento da Haydn, si basa su un unico tema e spicca per una scrittura, particolarmente curata nei dettagli, evidente nella funzione solistica, attribuita agli strumenti a fiato che quasi hanno la stessa importanza degli archi, e nella scelta di mettere una corona sulla cadenza ad inganno per renderne più efficace l’effetto. Una scrittura arcaizzante, costruita su ritmi puntati, contraddistingue, invece, il secondo movimento, Adagio, la cui organicità è spezzata dalla scelta di Haydn di utilizzare ben quattro strumenti solisti, due violini, un violoncello e un fagotto, mentre austero appare il terzo movimento, Menuetto. Autentico capolavoro è l’ultimo movimento, Presto: La tempesta, nel quale la descrizione di un temporale estivo è realizzata attraverso un sapiente uso degli strumenti in funzione onomatopeica, che contribuiscono a fornirci uno dei più fulgidi, insieme a quello della Pastorale di Beethoven, di tempeste musicali della storia della musica.
Sinfonia n. 13 in re maggiore
Allegro molto – Adagio cantabile – Menuet – Finale. Allegro molto
Durata: 23’ca
Composta nel 1763, quando Haydn era già al servizio del principe Nikolhaus Esterhàzy, la Sinfonia n. 13 è una pagina che anticipa i risultati più maturi del suo sinfonismo, a partire dall’organico che prevede la presenza di quattro corni, due in più rispetto a quelli utilizzati nelle sinfonie precedenti. Haydn sfruttava, così, tutte le possibilità offertegli dall’orchestra del principe che, proprio in quel periodo, era stata arricchita con l’inserimento di due nuovi cornisti: Karl Franz che, assunto nel mese di aprile del 1763 dagli Esterhàzy, fu un vero virtuoso dello strumento a giudicare dai lavori che Haydn scrisse per lui, e Franz Reiner, che fece parte dell’orchestra dal mese di agosto dello stesso anno.
Il primo movimento, Allegro molto, è in una forma-sonata, ancora molto semplice dal momento che i due temi, dei quali il secondo è derivato dal primo, sono nella tonalità di re maggiore. La tonalità della dominante è raggiunta solo alla fine dell’esposizione che viene ripetuta, mentre più articolata è la seconda parte, anch’essa ripetuta, che, aperta da un elaborato sviluppo in cui si toccano inizialmente le tonalità di si minore e di fa diesis minore, si conclude con la ripresa. Molto bello è il secondo movimento, Adagio cantabile, del quale assoluto protagonista è il violoncello solista, scelto da Haydn forse per valorizzare le doti di uno strumentista dell’orchestra degli Esterhàzy. Ad esso è affidata una melodia sinuosa e dolce che è accompagnata in modo discreto dagli altri archi. Il terzo movimento è un elegante e stilizzato Minuetto, del cui Trio è protagonista il flauto, mentre l’ultimo movimento, Allegro molto, si basa su un tema tratto dalla liturgia, l’antico Credo, che Mozart avrebbe utilizzato nel Finale della Jupiter ed è trattato da Haydn in una scrittura che richiama quella della fuga.
Sinfonia n. 26 “Lamentatione” (o Sinfonia di Natale) in re minore. Hob. 1:26
Allegro assai con spirito – Adagio – Menuetto
Durata: 15’ca
Del tutto destituita di fondamento è la tesi, accettata sino a qualche tempo fa da alcuni biografi, secondo la quale la Sinfonia n. 26 “Lamentatione”, recherebbe un secondo titolo, Il Natale, e sarebbe stata completata da una pastorale andata perduta. Composta nel 1768, questa sinfonia, in realtà, fu scritta per la Settimana Santa, dal momento che i primi due movimenti hanno rispettivamente come tema la Passione di Gesù e la Lamentatio Jeremiae Prophetae, da cui deriva il titolo di Lamentatione. La destinazione pasquale e non natalizia è suffragata dalla scelta di Haydn di utilizzare dei temi, che egli trasse da una raccolta di musiche rintracciabile ancora oggi nella biblioteca degli Esterházy, il cui argomento è riferibile al dramma cristiano per eccellenza, la Passione e la morte di Gesù; questo tema, che in questa sinfonia, è trattato per l’unica volta nella storia della musica in forma strumentale, è rielaborato in un modo estremamente personale per la partecipazione del compositore al sentimento di dolore, qui rappresentato con rara forza ed efficacia.
Il primo movimento, Allegro assai con spirito, ha una struttura formale piuttosto particolare, oscillante tra il preludio-corale e l’allegro in forma-sonata, con un primo tema, strutturato con angosciose sincopi che prepara il dramma, perfettamente rappresentato dal tema di corale tratto da un’anonima Passione secondo San Marco. Nel secondo movimento, Adagio, appare il tema della Lamentatione, tratto dalla stessa raccolta, corrispondente alla parole Incipit Lamentatio Jeremiae Prophetae ed esposto, come nel primo movimento, dai secondi violini raddoppiati dal primo oboe; il punto culminante del movimento è raggiunto nell’unico forte, che sembra quasi rappresentare un grido straziante di dolore. Il terzo movimento, infine, un elegante Menuetto, con un tema energico e un trio tutto strutturato con contrasti dinamici, è una pagina che sembra totalmente avulsa dal contesto e lontana dal dramma dei primi due movimenti; forse per questo motivo Haydn decise di non aggiungere un quarto movimento che avrebbe definitivamente compromesso l’unità dell’opera.