Venezia, Teatro La Fenice: “Carmina burana”

Venezia, Teatro La Fenice, Stagione Sinfonica 2018-2019
Coro del Teatro La Fenice, Kolbe Children’s Choir
Direttore Claudio Marino Moretti
Maestro del Kolbe Children’s Choir Alessandro Toffolo
Soprano Serena Bozzo
Tenore Enrico Masiero
Baritono Luca Ludovici
Pianoforti Maria Cristina Vavolo, Roberto Brandolisio
Percussioni Dimitri Fiorin, Barbara Tomasin, Paolo Bertoldo, Claudio Cavallini, Roger Catino, Cristiano Torresan
Carl Orff: “Carmina Burana” (versione per soli, coro, due pianoforti e percussioni)
Venezia, 9 giugno 2019
Carl Orff – compositore di grande cultura, autore fondamentale nel campo della pedagogia e della didattica musicale – viene tutt’ora generalmente bollato come fiancheggiatore del nazionalsocialismo, anche se, per la verità, non risulta che sia stato iscritto al partito nazista né che abbia avuto alcun incarico ufficiale dal regime. Ma non è questa la sede per dirimere una simile questione, ancora tutta da chiarire. Composti tra il 1935 e il 1936, i Carmina burana testimoniano di un interesse per gli antichi canti profani medievali, in particolare per un canzoniere del XIII secolo – evidentemente concepito in una situazione di pluralismo linguistico-culturale –, contenuto nel Codex Buranus, conservato nell’abbazia bavarese di Benediktbeuern, l’antica Bura Sancti Benedicti. Nella raccolta musicata da Orff si coglie la volontà, da parte dell’autore, di riallacciarsi all’antica polifonia e ad antiche forme musicali, alle tradizioni medievali latine e germaniche, al mondo dei clerici vagantes: un’operazione culturale che intendeva recuperare l’attualità di quel passato e, musicalmente, reinventarne lo stile, l’essenza profonda – anche sulla base della notazione neumatica, posta a corredo di alcune canzoni –, prendendo le distanze sia dallo sperimentalismo della Neue Musik, impersonata da Schönberg e dai suoi allievi, sia dall’eredità tardo-romantica, cui guardava Richard Strauss, per trovare una propria cifra distintiva. Si tratta di una sorta di stile sinfonico per coro, in cui ricorrono ossessioni ritmiche, arcaismi strumentali e vocali, reminiscenze gregoriane, trasparenze timbriche, oltre a una declamazione vigorosamente scandita.
Ed il Coro del Teatro La Fenice, sotto la guida sicura del maestro Claudio Marino Moretti, si è dimostrato degno protagonista del concerto, di cui ci occupiamo, affrontando le “cantiones”, che gli sono affidate, con straordinario effetto d’insieme: rigorosa intonazione, perfetto amalgama delle voci, scolpito fraseggio, espressivi contrasti dinamici hanno reso veramente esemplare la prestazione del coro, che ha dimostrato di saper trovare, anche in un repertorio abbastanza lontano da quello operistico, l’accento più adeguato al diverso carattere di testi: dall’omaggio alla dea Fortuna – col suo incipit grandioso e solenne (“O Fortuna / velut luna / statu variabilis”, che subito dopo si tramuta in un sussurro (“semper crescis / aut decrescis”) – alla contemplazione gioiosa della primavera (“Veris leta facies”), agli amori rimpianti e ritrovati (“Floret silva nobilis”; “Chramer, gip die varwe mir”; “Were diu werlt alle min”), alla celebrazione, da parte degli avventori, dei piaceri conviviali nella travolgente “In taberna quando sumus”. Quanto ai soli, encomiabile è risultata la prestazione del soprano Serena Bozzo, dotata di un timbro puro e leggero, nell’affrontare una vocalità che Orff spinge largamente nel registro acuto, ad esprimere il libero sottomettersi della fanciulla all’amore (“Stetit puella”; “In trutina”; “Dulcissime”). Positiva anche la prova del tenore Enrico Masiero nella spettrale comicità di “Olim lacus colueram”, dall’acuta tessitura. Più problematica ci è parsa la preformance del baritono Luca Ludovici, che probabilmente non era nelle migliori condizioni vocali, come si è colto soprattutto nella mesta “Dies, nox et omnia”, che richiederebbe, tra l’altro, un disinvolto uso del falsetto. Impeccabili le voci bianche in “Amor volat undique” e “Tempus est iocundum”. Validissimo il contributo della parte strumentale: dai pianisti, Maria Cristina Vavolo e Roberto Brandolisio – instancabili e precisi – al nutrito gruppo di percussioni. Caloroso successo.