Diana Damrau: da Meyerbeer a Verdi e Schumann

Giacomo Meyerbeer (1791-1864):”Mon coeur s’élance et palpite” (Le Prophète); “Robert, toi que j’aime” (Robert le diable); “Nur in der Dämm’rung Stille” ( Alimelek, oder die beiden Kalifen); “Ah, mon Dieu !… C’est bien l’air que chaque matin” (L’etoile du nord); “Là-bas, sous l’arbre noir… Fleurs nouvelles” ;“Anna, qu’entends-je ?… Adieu, mon doux rivage”L’Africaine); D’una madre disperata… Con qual gioia” (Il crociato in Egitto); “Comme cette nuit est lente à se dissiper !… Ombre légère” ( Le Pardon de Ploërmel); “Oh Schwester, find’ ich dich!… Lebe wohl, geliebte Schwester” (Ein Feldlager in Schlesien); “Sulla rupe triste, sola… Ah questo bacio ” (Emma di Rosburgo); “O beau pays de la Touraine” (Les Huguenots). Diana Damrau (soprano), Kate Aldrich (mezzosoprano), Charles Workman (tenore), Orchestre de l’Opéra de Lyon, Emmaunel Villaume (direttore). T.Time: 81.87 1 CD Erato
Giacomo Meyerbeer
è stato una delle figure più influenti della cultura musicale europea del XIX secolo. Questo figlio dell’alta borghesia ebraica prussiana, allievo di Salieri e Vogler sarebbe divenuto nel corso degli anni il padre padrone della vita musicale parigina, il geniale despota capace di imporre a intere generazioni di compositori le proprie teorie estetiche e teatrali e destinato a influenzare – per assimilazione o per contrapposizione – l’intera cultura musicale ottocentesca.
Nonostante questa importanza storica, la sua fama si è progressivamente spenta nel corso del Novecento in conseguenza in gran parte dei travisamenti e delle forzature cui la sua musica è stata sottoposta e ancora il centocinquantenario della morte avvenuto nel 2014 è passato quasi inosservato. Non si può non essere, in questa sede, grati a una diva di gran fama – anche mediatica – come Diana Damrau per aver riportato con questo recital l’attenzione sul maestro franco-prussiano. Ad accompagnare la cantante uno specialista della musica francese come Emmanuel Villaume il quale alla guida dei complessi dell’Opéra National de Lyon offre una lettura esemplare per senso stilistico e brillantezza sonora, cogliendo la cifra di stilizzata eleganza che è fra le doti migliori del compositore. Tutti i brani proposti sono eseguiti integralmente con la presenza di ottime voci ad accompagnare il canto della Damrau.
Mon coer s’élance et palpite” da “Le prophète” ci mostra al meglio le doti di Meyerbeer al culmine della sua parabola artistica. Scrittura orchestrale ricca e raffinatissima, uso magistrale della voce, perfezione formale che compensa un’ispirazione spesso di maniera seppur nel senso migliore del termine. La voce della Damrau ha acquisito nel corso degli anni una pienezza e una robustezza non così scontate per un soprano di coloratura. I centri sono morbidi e ricchi, il controllo della coloratura esemplare e solo qualche eccessiva fissità guasta in parte la linea nel settore più acuto del canto. Le stesse doti si apprezzano nella successiva “Robert, toi que j’aime” da quel “Robert le diable” che segno la piena affermazione sul palcoscenico parigino di Meyerbeer. Affiancata dall’ottimo contrappunto di Charles Workman, la Damrau offre una lettura esemplare per controllo vocale e capacità di piegare a fini espressivi i vari passaggi vocali.
Nelle arie successive può forse sopraggiungere un senso di fin eccessiva uniformità che è però attribuibile ai personaggi che Meyerbeer affida alla voce di soprano – solitamente figure liliali e scarsamente approfondite sul piano della personalità – piuttosto che alla cantante.
Fra i brani proposti meritano particolare attenzione le due arie in tedesco dal Singspiel giovanile “Alimelel oder die beiden Kalifen” in cui appaiono evidenti i ricordi della tradizione gluckiana e mozartiana ma in cui compaiono anche influenze dello stile italiano e la successiva “Ein feldlager im Schleisen” (in prima registrazione assoluta) in cui mostra la propria maestria nel riprendere i modi della coeva opera romantica tedesca senza sfigurare in nulla di fronte a maestri del genere come Schumann e Weber. Nella parte scritta per le doti straordinarie di Pauline Marx la Damrau mostra una robustezza e una predisposizione alla melodia spianata che sembrano aprirle luminose possibilità per il futuro; al suo fianco troviamo un’efficace Kate Aldrich.
Quasi un mondo a sé quello delle due arie italiane da “Il crociato in Egitto” ed “Emma di Resburgo”. Il soggiorno italiano fu fondamentale per la piena formazione del compositore che qui mostra pienamente la propria capacità di riproporre lo stile rossianiano pur mantenendo una propria personalità. La prima aria è un fantasmagorico trionfo di abilità da cui la Damrau esce radiosa, la seconda dà spazio a un notevole momento melodico accompagnato dall’arpa e dal flauto non lontano da certe soluzioni belliniane e donizettiane prima di scatenarsi nel rossinismo della cabaletta.
L’étoile du nord” rappresentò un tentativo di staccarsi dagli schemi più tipici del Grand’Opéra e di provarsi nel genere parallelo dell’Opéra comique. L’aria presentata “C’est bien l’air que chaque matin” è un incanto di grazia e un trionfo di bravura, configurandosi come un’autentica gara di abilità fra il soprano e il flauto accompagnatore da cui la Damrau esce radiosa vincitrice.
Completano il programma: “Ô beau pays de la Turenne” da “Les Huguenots” in cui la Damrau fa sfoggio di filature e mezze voci da lasciar stupiti e che compensano ampiamente qualche slittamento di intonazione e un senso di fatica sulla puntatura acuta; “Ombre légère” da “Le pardon de Ploërmel” (opera meglio nota con il nome della protagonista “Dinorah”), per una volta cantato tenendo conto delle ragioni espressive del personaggio e del momento e non ridotto come spesso accade a mera esibizione virtuosistica, e infine le due arie di Ines da “L’africaine”.Giuseppe Verdi:”Stornello”; “Lo spazzacamino”; “La zingara”; “Perduta ho la pace”; “Brindisi”; “More, Elisa, lo stanco poeta”; “Nell’orror di notte oscura”; “La seduzione”; “Non t’accostar all’urna”; “L’esule”; “Il poveretto”; “In solitaria stanza”; “Deh, pietoso, oh Addolorata”; “Ad una stella”; “Il tramonto”; “Il mistero”. Diana Damrau (soprano) Cesar Augusto Gutierrez (tenore), Paul Armin Edelmann (baritono), Friedrich Haider (pianoforte). 1 Cd Profili Hännsler PH4033

La romanza da salotto italiana dell’Ottocento si può considerare non a torto un genere minore. Nonostante l’impegno di musicisti di primissimo livello essa non ha mai saputo ricavarsi una propria sfera espressiva analogamente a quanto è avvenuto in Germania ma anche in Francia e in Russia rimanendo una sorta di sorella minore dell’opera; essa è comunque da conoscere per comprendere la realtà musicale di quella stagione. Negli ultimi anni si è notato un certo interesse per questo tipo di repertorio, dopo le registrazioni di Mironov e D’Aguanno dedicate alla stagione di Rossini e dei Dioscuri arriva ora questa nuova registrazione tutta dedicata alle romanze da salotto di Giuseppe Verdi con protagonista un trio vocale che vede una primadonna assoluta come Diana Damrau affiancata dal tenore César Augusto Gutiérrez e dal baritono Paul Armin Edelmann. Quello che subito colpisce è l’equa suddivisione del programma, i tre cantanti si cimentano in un numero sostanzialmente analogo di brani senza che la Damrau monopolizzi la registrazione lasciando agli altri un mero ruolo di contorno.
Ad accompagnare i cantanti è il tocco brillante di Friedrich Haider, forse solo troppo presente rispetto alle voci per questioni di registrazione. I primi cinque brani vedono protagonista la Damrau, di questi solo uno è di carattere più drammatico e melanconico – “Perduto ho la pace” chiusa da una strepitosa mezzavoce – mentre gli altri sono di taglio leggero e brillante, al più popolaresco – “Lo spazzacamino” – appositamente scelti per permettere alla Damrau di scatenare autentici fuochi d’artificio in cui si apprezza non solo la prodigiosa tecnica ma una leggerezza, una gioia nel far musica, una spontaneità comunicativa che rende semplicemente irresistibili brani come “Stornello” o “Brindisi”. La parte centrale del programma è affidata al baritono Edelmann. Materiale vocale interessante, di bel colore e di buona omogeneità dimostra di possedere una linea di canto elegante e curata e una dizione nitida e chiara pur con qualche imprecisione inevitabile per un cantane non madre lingua. Ovviamente siamo lontani dallo scavo analitico di un Fischer-Dieskau o dalla naturalezza con cui Bruson ha reso indimenticabili alcune di questi brani ma quello offerto è un ascolto nell’insieme pienamente godibile. I brani di questa sezione sono fra i pochi relativamente noti della produzione cameristica di Verdi – “More, Elisa, lo stanco poeta”, “Non t’accostare all’urna” – la vocalità è nobilmente patetica molto prossima a quella delle grandi pagine baritonali del Verdi operistico. La vicinanza con l’opera raggiunge il suo massimo con “L’esule” autentica scena tripartita negli schemi della “solita forma” del melodramma italiana primo-ottocentesco.  E forse qui è il maggior limite di questa produzione, l’incapacità di trovare un proprio linguaggio alternativo a quello dell’opera così che molti brani sembrano arie operistiche non orchestrate piuttosto che momenti musicali autonomamente compiuti.
La scelta dei brani tenorili conferma questa lettura. Qui prevalgono brani dal tono più eroico, caratterizzati da una vocalità che è quella tipica delle opere del primo periodo verdiano. Ritroviamo qui brani più leggeri come la prima versione del Brindisi ad altri di taglio più romantico o eroico – “Deh, pietoso, oh, addolarata”, “Ad una stella”. Gutiérrez ha un timbro piacevole anche se non personalissimo e il giusto impeto per affrontare con convinzione i brani che gli sono destinati.
Robert Schumann (1810-1856): Myrthen op.25 Nr.1-26:“Widmung”, “Freisinn”, “Der Nußbaum”,  “Jemand”,  “Sitz’ ich allein” “Setze mir nicht, du Grobian”, “Die Lotusblume”, “Talismane Lied der Suleika”, “Die Hochländer-Witwe”, “Lied der Braut 1 e 2”, “Hochländers Abschied”, “Hochländisches Wiegenlied”, “Mein Herz ist schwer,” “Rätsel”, “Venetianisches Lied 1 e 2”; “Hauptmanns Weib”, “Weit, weit”, “Was will die einsame Träne, “Niemand”, “Im Westen”, “Du bist wie eine Blume”, “Aus den östlichen Rosen”, “Zum Schluß” Diana Damrau (soprano), Ivan Paley (baritono), Stephan Matthias Lademann (pianoforte). 1 Cd Profili Hännsler PH14048

 

Tutto dedicato a Robert Schumann il secondo CD che vede protagonista Diana Damrau, Il titolo “Robert und Clara Schumann songs and letters” non deve ingannare, tutti i brani proposti sono di Roberti e non sono presenti composizioni di Clara. Il titolo riprende quello dell’originario ciclo di concerti dove i brani cantanti erano alternati alla lettura di una serie di lettere private dei due sposi.
Si tratta sostanzialmente di un’esecuzione integrale a due voci di “Myrthen” op. 25, ciclo fra i più celebri di Robert e che comprende alcuni dei suoi lieder più amati e suggestivi ma proprio per questo oggetto di infinite esecuzioni che rendono difficile dire qualche cosa di originale nella proposta interpretativa.
L’ottima qualità della ripresa sonora e il buon accompagnamento pianistico di Stephan Matthias Lademann permette di apprezzare le innegabili qualità vocali della Damrau e del baritono argentino Ivan Paley che si alterna con lei nell’esecuzione di lieder.
Forse proprio Paley è l’elemento più interessante della proposta, cantante poco noto almeno in Italia ma dotato di una voce molto bella, calda, omogenea, dizione nitida, accento caldo e partecipe. Certo non si trovo lo scavo espressivo di certi grandi interpreti del passato ma si ascolta comunque con gusto per piacevolezza timbrica e spontaneità espressiva. Prevale in lui una cantabilità nobile e aulica, un accento liricamente aristocratico che sembra la sua cifra più tipica ma anche in brani caratterizzati da violenti scarti drammatici come “Hauptmanns Weib” si disimpegna in modo più che convincente.
Chi in parte delude è invece la Damrau che canta in modo sublime e con una radiosità vocale che raramente capita di ascoltare ma in molti momenti sembra bearsi fin troppo di questa meraviglia vocale restando un po’ in superfice sul piano espressivo. E’ il caso di “Die Lotusblume” dove la voce vola sulla melodia con la grazia di un petalo mosso dal vento ma sotto non si sente nessun fremito, nessun palpito che muova l’estatica contemplazione. Anche un brano espressivamente ricco come “Im Westen” è troppo omogeneo, con troppa  poca differenza tra le due distinte sezioni. In “Widmung” brano di apertura del ciclo su testo di Rückert la voce della Damrau cerca dinamiche d’effetto, a volte quasi spiazzanti ma nonostante questo resta più l’impressione di un raffinato esercizio di stile che di un autentica partecipazione emotiva.
Il risultato finale è un prodotto elegante, valorizzato ulteriormente dall’ottima qualità tecnica, di piacevole ascolto ma che non riesce a lasciare un segno nella sterminata storia discografica di questo ciclo liederistico.