97°Arena di Verona, Opera Festival 2019
“LA TRAVIATA”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valéry LISETTE OROPESA
Alfredo Germont VITTORIO GRIGOLO
Giorgio Germont PLÁCIDO DOMINGO
Flora Bevoix CLARISSA LEONARDI
Annina DANIELA MAZZUCATO
Gastone di Letoriéres CARLO BOSI
Barone Douphol GIANFRANCO MONTRESOR
Marchese d’Obigny DANIEL GIULIANINI
Dottor Grenvil ALESSANDRO SPINA
Giuseppe MAX RENÉ COSOTTI
Domestico/Commissionario STEFANO RINALDI MILIANI
Primi ballerini PETRA CONTI, GIUSEPPE PICONE
Orchestra, coro, ballo dell’Arena di Verona
Direttore Marco Armiliato
Maestro del coro Vito Lombardi
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi Maurizio Millenotti
Luci Paolo Mazzon
Coreografia Giuseppe Picone
Nuovo allestimento
Verona,1 agosto 2019
Nel quadro delle celebrazioni per il 50° anniversario del debutto areniano (ed italiano) di Plácido Domingo è andata in scena una recita speciale de “La traviata” modellata attorno al celebre ex tenore madrileno ormai riconvertito nel registro, ora a lui più congeniale, di baritono. Difficile trarne un giudizio, da una parte parla la lunga carriera costellata di trionfi in un repertorio vastissimo: da Handel a Wagner. Tralasciando altre considerazioni sullo spettacolo, del quale è stato ampiamente scritto in occasione della prima. Veniamo subito al cast di questa Traviata “evento”. Più volte abbiamo parlato del Domingo baritono. La più recente proprio in Traviata alla Scala, lo scorso maggio. Ancora una volta non si pouò che esaltare il grande carisma scenico con tutte le sue indiscusse capacità attoriali ma il cui timbro baritonale (soprattutto in Arena!) risulta quanto mai esile. Il suo Germont risulta nobile, moralista al punto giusto, ma fragile di quei legati che la parte richiede e che Verdi ha mirabilmente dipinto quale specchio di una società ottusa e perbenista. Va altresì ricordato però che dall’alto della sua statura anagrafica (78 primavere!) il suo materiale vocale è ancora possente e conferma il suo glorioso passato.Nel ruolo della sfortunata protagonista c’era una straordinaria Lisette Oropesa, voce bella e sostenuta da un’invidiabile tecnica che le ha consentito di superare il nodo “delle tre Violette” che, come noto, richiede altrettante tipologie di soprano (leggero, lirico e drammatico), che sottolineano con lo svolgersi della vicenda il declino della donna e l’incedere inesorabile della malattia. Una bella linea di canto la sua, con legati espressivi e un pieno controllo del suono. Di Vittorio Grigolo conosciamo e le qualità artistiche: voce omogenea in tutti i registri e come si dice, “corre” bene negli spazi areniani unita a una bella presenza scenica che ci rende finalmente un Alfredo giovane quale lo ha concepito Verdi (e come lo descrisse Dumas col nome di Armand), i cui “bollenti spiriti”, tuttavia, riesce difficilmente a contenere; un vero peccato che si abbandoni a inutili singulti ed esasperazioni espressive forse più adatte a un verismo “vecchio stile” che alla drammaturgia verdiana. Bene il resto della compagnia, in cui svetta Daniela Mazzucato nel ruolo della fedele cameriera Annina e la caratterizzazione del “pedante” ed odiosamente possessivo barone Douphol di Gianfranco Montresor. Segnaliamo inoltre la corretta professionalità dei due nuovi elementi del cast (rispetto alla prima): la Flora di Clarissa Leonardi e il Grenvil di Alessandro Spina.Dal podio Marco Armiliato, si è confermato come un abile controllore del bilanciamento tra orchestra e palcoscenico riuscendo comunque a condurre in porto l’esecuzione con risultato ampiamente positivo, ben assecondato da un’orchestra comunque attenta e dinamica. Bene il coro (preparato da Vito Lombardi) che ha saputo svolgere con efficacia il duplice ruolo di cornice sociale nei momenti collettivi, vivendo il suo momento clou nei celebri numeri de “Le zingarelle” e “I mattadori”. Foto Ennevi per Fondazione Arena