“I Am A Dreamer Who No Longer Dreams” (2019): intervista al compositore Jorge Sosa e alla librettista Cerise Jacobs

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L’immigrazione è, oggigiorno e più che mai, un argomento scottante: la politica si focalizza sempre di più sulla questione, invece che su problemi più urgenti, come se gli immigrati fossero la fonte di tutti i mali della società di oggi. Quindi non sorprende che una nuova opera moderna arrivi dagli USA, in cui il Presidente Trump sembra essere ossessionato dalla costruzione di muri e dalla lotta all’immigrazione, anche se ciò significasse separare bambini piccoli dai loro genitori: I Am A Dreamer Who No Longer Dreams. Composta da Jorge Sosa su libretto di Cerise Jacobs, si tratta di una produzione targata White Snake Projects che debutta dal 20 al 22 Settembre presso l’ArtsEmerson’s Robert J. Orchard Stage di Boston.
Jacobs e Sosa conferiscono al progetto la loro esperienza di prima mano in quanto immigrati provenienti da Singapore e Messico, rispettivamente, e sia l’argomento, sia il team creativo e il cast intenzionalmente variegato e per lo più femminile riflettono l’ambizione di Jacobs e della White Snake Projects, la sua società di produzione, di integrare opere originali con attivismo sociale. Come affermato di recente da Jacobs in un post sul blog del sito web della White Snake Projects: “Vogliamo essere una compagnia lirica attivista – che integra l’attivismo sociale con la produzione di nuove opere; partner di altri attivisti per promuovere importanti questioni incrociandole con l’opera e ridefinire il modo di fare opera […] abbiamo bisogno di un nuovo linguaggio per parlare di opera, e di voci nuove, fresche, diverse che offrano prospettive differenti. Solo così potremo dar voce alla diversità tipica dell’America, affascinare pubblico nuovo e portare l’opera nelle nostre comunità.”
L’opera racconta la storia di una immigrata messicana senza permesso di soggiorno, Rosa, una “sognatrice” incarcerata a causa del suo attivismo, minacciata di deportazione, e del rapporto con il suo avvocato, Singa, una donna cinese naturalizzata indonesiana. Il mezzosoprano Carla López-Speziale canta il ruolo di Rosa, con il soprano Helen Zhibing Huang nei panni di Singa. Il soprano Kirsten Chambers canta i tre ruoli adulti restanti: la Madre, il Gangster e il Pubblico Ministero. La musica di Sosa attinge da una gamma eclettica di influenze, incluse la musica folk e tradizionale di tutto il mondo, il canto e la prima polifonia vocale, ritmi africani e latini, armonie jazz e anche citazioni di West Side Story: ha concepito la musica di Dreamer come un mosaico di stili che riflette l’incrocio di culture della trama.
Abbiamo avuto la fortuna di scambiare quattro chiacchiere con  Jacobs e Sosa, per meglio conoscere e comprendere il loro lavoro.
Signora Jacobs, la varietà etnica del cast è una scelta ovvia, ma molto felice, dato il tema di quest’opera. Perché ha scelto di fare di una domma messicana, in particolare, la protagonista del suo lavoro? Si tratta di una mossa politicamente conscia, negli USA dell’era Trump?
Quest’opera è un risposta diretta alla revoca di Trump, nel Settembre del 2017, del Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA) conosciuto anche come il Dream Act, che garantisce protezione agli immigrati senza permesso di soggiorno se introdotti negli Stati Uniti da bambini. In quel periodo, io e il compositore Jorge Sosa stavamo lavorando a un’altra opera.  Ho chiesto a Jorge se potevamo mettere da parte quell’opera per scriverne una nuova che parlasse della vita degli immigrati e della separazione delle famiglie. Jorge è stato immediatamente d’accordo. Credevamo che l’opera dovesse affrontare questa problematica che sta agitando la società americana, anzi, il mondo. Volevamo attingere dalla nostra esperienza personale in quanto immigrati – Jorge viene dal Messico e io sono una cinese che viene da Singapore. Quindi è venuto naturale scrivere di una donna messicana e di una donna cinese che viene dal sud-est dell’Asia. Naturalmente, è anche una scelta politica – quasi impossibile da evitare nel contesto attuale – alla luce di quanto sta accadendo al nostro confine meridionale.
Signor Sosa, “I Am A Dreamer Who No Longer Dreams” è un’opera apertamente politica: si tratta di una presa di posizione contro la politica di Trump?
L’attuale orizzonte politico è il punto di partenza di I Am A Dreamer Who No Longer Dreams per esplorare le storie intricate e le complesse emozioni dei personaggi. È un lavoro radicalmente diverso poiché è centrato sul punto di vista delle donne. Tutti i personaggi della storia sono femminili, il che aggiunge un’altra dimensione alla trama e alla narrazione. È un’opportunità per Cerise e me di parlare delle nostre esperienze ed emozioni in forma di storia. Ciò si contrappone al discorso politico che incapsula le questioni complesse dell’immigrazione e dell’identità in un’equazione binaria fin troppo semplificata, lavorando per convincere le comunità private dei loro diritti fondamentali a concentrarsi su quest’unico problema. Secondo me, l’attuale panorama politico è sintomatico di un altro più grande problema, che è radicato nella disuguaglianza, nella marginalizzazione e nella privazione dei diritti umani. Un linguaggio sfacciato, con connotazioni razziste e banale viene usato come un mezzo potente per polarizzare lo scenario politico. Gli immigrati sono usati come pedine su una scacchiera globale complessa.
Signora Jacobs, la scelta di Jorge Sosa come compositore è stata casuale o “strategica” per diverse ragioni, essendo lui messicano?
Jorge Sosa è stato scelto come compositore perché è un compositore e un collaboratore meraviglioso ed è anche messicano. È un fattore importante a causa dei commenti negativi, perfino razzisti, che oggi circolano sui messicani, considerati tutti stupratori, spacciatori o criminali. Volevo presentare una donna messicana con valori e aspirazioni come noi tutti. La gente ha bisogno di guardare agli immigrati, in particolare quelli con origini latinoamericane, come esseri umani, individui e non solo come una carovana di invasori. Perciò, per me era importante che il compositore fosse un americano di origini messicane che potesse conferire autenticità alla voce di questa protagonista.

Signor Sosa, come ci si sente ad essere un immigrato messicano negli USA di oggi? Comporre quest’opera è stato in qualche modo catartico e liberatorio?
Sono andato e venuto da questo paese da quando ero un neonato, e benché mi sia sempre sentito un outsider, non mi sono mai sentito nell’occhio del ciclone come mi sento ora. Sfortunatamente non credo che la retorica anti-immigrazione cesserà tanto presto e credo davvero che diventerà ancora più avvelenata con l’avvicinarsi delle elezioni del 2020. Scrivere quest’opera era una necessità. Avevamo bisogno di dire qualcosa che fungesse da contraltare artistico al miope ritratto degli immigrati e fornire un punto di vista privilegiato sulle esperienze delle donne immigrate in particolare. Il discorso politico sull’immigrazione offre prospettive ultra-semplificate e unidimensionali sugli immigrati. Nella nostra opera abbiamo costruito personaggi multidimensionali che sono complessi, variegati e che speriamo rappresentino più accuratamente l’esperienza dell’immigrazione.
Essere un artista e avere libertà creativa la pone in una posizione privilegiata, rispetto agli altri immigrati? Si sente più “accettato”?
Ho una posizione privilegiata per molte ragioni. Sono venuto negli Stati Uniti per studiare che ero un giovane professionista. Mi sono costruito una famiglia e una carriera e mi sono fatto una casa qui. Ma ogni immigrato ha una storia tutta sua, tanto diversa e variegata quanto lo è l’umanità stessa. La gente emigra per molte ragioni. Molti messicani e centro-americani spesso fuggono da situazioni di estrema violenza, inclusa la violenza di genere, e povertà, mentre altri cercano opportunità per migliorare le proprie condizioni sociali o per avere migliori possibilità di studio. Direi che la mia realtà di artista ed educatore è diversa da quella delle altre persone in generale e cerco di usare la mia posizione di privilegio per fare una differenza positiva nelle vite degli altri. Mi sento molto a mio agio nel mio contesto di tutti i giorni. Vivo in una comunità variegata in cui si possono udire dozzine di lingue diverse in qualsiasi campo-giochi, in un giorno qualsiasi. Ho amici. colleghi meravigliosi, con cui mi piace lavorare e creare. Allo stesso tempo sono stato molestato dalla polizia per aver passeggiato in un quartiere periferico, sono stato oggetto di offese razziste, e i miei devono sottostare a tanta di quella inutile burocrazia quando vogliono venire a far visita ai loro nipoti che preferirebbero non venire affatto. Quindi, pur sentendomi parte della mia comunità, e pur sentendomi al pari dei mie colleghi, c’è sempre qualcosa mi ricorda che la mia realtà è diversa da quella di altri.
Signora Jacobs, l’attivismo sociale è fondamentale per lei? Cosa possono fare gli artisti nella società di oggi per stimolare la consapevolezza politica e sociale? Possono fare la differenza?
L’attivismo sociale è parte della missione mia e della White Snake Projects. Crediamo che l’arte oggi non possa vivere in una torre d’avorio; deve affrontare le questioni pressanti dei nostri giorni. L’opera è il veicolo perfetto per stimolare la consapevolezza politica e sociale in una maniera che non vuole essere pedante o sgradevole. Gli strumenti dell’opera – la potenza della voce umana, la sua teatralità, l’abilità di fermare il tempo e di amplificare i sentimenti – possono aprire i cuori del pubblico ad argomenti difficili. Se non credessi che l’arte può fare la differenza nel portare la bellezza in un mondo brutto, curando i sofferenti e dando gioia a chi ne fruisce, smetterei di fare opera, punto e basta.Immigration is, nowadays and more than ever a hot topic: politics focuses more and more on this issue, rather than other more urgent problems, as if immigrants were the source of all today’s society’s evil. So it is no surprise that a new modern opera on this subject comes from the USA, where President Trump seems obsessed with building walls and fighting immigration, even if this means separating little children from their parents: I Am A Dreamer Who No Longer Dreams. Composed by Jorge Sosa on a libretto by Cerise Jacobs, this is a White Snake Projects production that premieres on September 20-22 at ArtsEmerson’s Robert J. Orchard Stage in Boston.
Jacobs and Sosa bring to the project first-hand experience as immigrants from Singapore and Mexico respectively, and both the topic and an intentionally diverse, mostly female cast and creative team reflect the ambition of Jacobs and White Snake Projects, her production company, to integrate original opera with social activism. As Jacobs says in a recent blog post on the White Snake Projects website: “We want to be an activist opera company – one that integrates social activism and original opera; partners with other activists to cross-promote important social issues and opera, and redefines how opera is made […] we need new language to talk about opera, and new, younger, diverse voices offering different perspectives. Only then can we give voice to the diversity that is America, engage new audiences and bring opera to our communities.”
The opera tells the story of a Mexican undocumented immigrant, Rosa, a “dreamer” jailed for her activism who is threatened with deportation, and the relationship she develops with her attorney, Singa, an ethnically Chinese immigrant from Indonesia. Mezzo-soprano Carla López-Speziale sings the role of Rosa, with soprano Helen Zhibing Huang as Singa. Soprano Kirsten Chambers sings the three remaining adult characters: Mother, Gangster and Prosecutor. Sosa’s music draws on an eclectic range of influences, including folk and traditional music from around the globe, chant and early vocal polyphony, Afro-Latin rhythms, jazz harmonies and even quotes from West Side Story: he approached the music for Dreamer as a mosaic of styles reflecting the intersection of cultures in the story. We have had the chance to exchange a few words with both Jacobs and Sosa, to know and understand more their joint work.
Ms Jacobs, the ethnic variety of the cast is an obvious, but very welcome choice, given the theme of this opera. Why did you choose to make a Mexican woman, in particular, the protagonist of your work? Is this a politically conscious move, in the Trump – era USA?
This opera is a direct response to Trump’s revocation in September 2017, of Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA) otherwise known as the Dream Act, which grants protections to undocumented migrants brought to the US when they were children.  At the time, composer Jorge Sosa and I were working on another opera.  I asked Jorge if we could put aside that opera to write a new one exploring immigrant lives and the separation of families. Jorge agreed immediately.  We believed that opera has to address this issue which is convulsing American society, and indeed the world.  We wanted to draw on our personal experiences as immigrants – Jorge is from Mexico and I’m an ethnic Chinese from Singapore.  So it was a natural choice to write for a Mexican woman and a Chinese woman from SE Asia.  Of course, it’s also a political choice – almost impossible to avoid in today’s environment – in light of what’s happening on our southern border.
Mr Sosa, I Am A Dreamer Who No Longer Dreams is overtly political: are you taking a stance against Mr Trump’s politics?
The current political landscape is the point of departure for I Am A Dreamer Who No Longer Dreams to explore the intricate stories and complex emotions of the characters. It is a radically different piece because it is centered around the perspectives of women. All the characters in the story are female, which adds another dimension to the story and the narrative. It is an opportunity for Cerise and myself to speak about our own experiences and emotions in story form. This stands in opposition to the political discourse that frames the complex issues of immigration and identity as an oversimplified binary equation, working to persuade disenfranchised communities to focus their attention on this one issue. In my opinion, the current political environment is symptomatic of a larger problem, one rooted in inequality, marginalization, and disenfranchisement. Unabashed, racially charged, banal language is being used as a powerful tool to polarize the political landscape. Migrants are being used as pawns in a complex global chessboard.
Ms Jacobs, was the choice of Jorge Sosa as the composer casual or is it ‘strategical’ for different reasons, being him Mexican?
Jorge Sosa was chosen as the composer because he’s a wonderful composer and collaborator, and he’s also Mexican. That’s an important factor because of the negative, even racist comments, circulating today that all Mexicans are rapists, drug dealers or criminals. I wanted to feature a Mexican woman with values and aspirations like us all. People need to see immigrants, especially those with Latin backgrounds as individual human beings, not just a caravan of invaders.  So it was important to me that the composer be a Mexican American who could give an authentic voice to this protagonist.
Mr Sosa, how does it feel to be a Mexican immigrant in the USA today? Was composing this opera somehow cathartic and liberating?
I have been coming in and out of this country since I was a baby in arms, and while I have always felt like an outsider, I have never felt as exposed as I feel right now. Unfortunately I do not see the anti-immigrant rhetoric changing any time soon, and I do think that it will become more toxic as we near the 2020 election. Writing this opera was a necessity. We needed to say something to artistically counteract the myopic portrayal of immigrants, and to provide insight into the experiences of women migrants in particular. The political discourse around immigration offers overly simplified and one-dimensional perspectives of immigrants. In our opera we build multidimensional characters that are complex, diverse, and that hopefully more accurately represent the immigrant experience.
Being an artist and having freedom of creativity, does it give you a privileged position, compared to other immigrants? Do you feel more ‘accepted’?
I come from a position of privilege for many reasons. I came to the United States to study as a young professional. I have built a family and a career, and we made our home here. But every immigrant has a unique story, as different and diverse as humankind itself. People migrate due to a number of circumstances. Many Mexican and Central American migrants are often escaping situations of extreme violence, including gender-based violence, and extreme poverty, while others are looking for opportunities to improve their social conditions, or access educational opportunities. I would say that my reality as an artist and educator is different from other people in general, and I try to use my position of privilege to make a positive difference in people’s lives. I feel very comfortable in my daily surroundings. I live in a diverse community where you can hear a dozen different languages on any given day at the playground. I have wonderful friends and colleagues, whom I enjoy working and creating with. At the same time I have been harassed by the police for walking in a suburban neighborhood, I have been the target of racial slurs, and my family has to jump unnecessary hoops when they want to visit their grandchild – to the point that they would rather not come. So while I feel part of my community, and I feel I am a peer to my colleagues, there is always something lingering that reminds me that my reality is different from others.
Ms Jacobs, is social activism paramount to you? What can artists do in today’s society to raise political and social awareness? Can they make a difference?
Social activism is part of my mission and that of White Snake Projects’.  We believe that art today cannot exist in an ivory tower; it has to address the pressing issues of our times.  Opera is the perfect vehicle for raising political and social awareness in a way that is not didactic or off putting.  The tools of opera– the power of the human voice, its theatricality, the ability to stop time and to heighten feelings can open the hearts of audiences to difficult topics.  If I didn’t believe art could make a difference in bringing beauty to an ugly world, healing to the wounded and joy to those who experience it, I would stop making opera, period. Photo credit: Kristina Made, James Daniel