Richard Strauss (1864 – 1949) – 2 :”Don Juan” e “Tod und Verklärung”

Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 – Garmisch-Partenkirchen 1949)
Don Juan (Don Giovanni), poema sonoro per grande orchestra op. 20
Allegro molto con brio, Molto vivace

Durata: 18’ ca

Composto nel 1888, Don Juan è il secondo dei grandi poemi sinfonici di Richard Strauss, o, come egli stesso preferiva chiamarli, poemi sonori, in quanto la sua redazione è posteriore a quella del Macbeth, nonostante la prima esecuzione di quest’ultimo, il 13 ottobre 1890 a Weimar, sia successiva di un anno rispetto a quella del Don Juan che ebbe luogo sempre a Weimar l’11 novembre 1889 sotto la direzione dell’autore. In quell’occasione Strauss ottenne uno strepitoso successo da lui descritto, in una lettera al padre, come un vero e proprio uragano di applausi mai udito a Weimar. Strauss aveva preparato questa première con meticolosità e durante le prove era stato particolarmente esigente, come si evince da una lettera, indirizzata al padre il 7 novembre dopo una prova con singole sezioni dell’orchestra:
“Suona tutto in modo eccellente ed avviene in modo splendido, nonostante sia terribilmente difficile. Provai un vero dispiacere per i poveri corni e le trombe. Soffiarono fino alla nausea, è un lavoro talmente faticoso per loro… Il suono era bello con grande calore e sontuosità, l’intero evento farà un’incredibile impressione qui. Il suono era particolarmente bello nel passaggio in sol maggiore dell’oboe con i contrabbassi a quattro parti, i violoncelli divisi e le viole, tutti con sordina, e i corni tutti con sordina, suonava veramente magico allo stesso modo del complicato passaggio del bisbigliando dell’arpa e dei ponticelli delle viole… Una cosa buona è che nell’insieme il pezzo non è realmente difficile; è soltanto molto duro e impegnativo, ma cinquanta note in un modo o nell’altro non faranno certo alcuna differenza… La prova di ieri fu un successo ai miei occhi, dal momento che vidi che avevo fatto un ulteriore progresso riguardo a una certa sicurezza  nella mia scrittura per orchestra. L’orchestra sembrava godere dell’intero evento malgrado il comprensibile stupore di fronte a tali novità”.
Il successo, arriso a questa partitura, in realtà, non è solo il frutto di questo lavoro meticoloso durante le prove, ma costituisce il coronamento di un processo di maturazione, relativamente breve, che aveva investito sia le suggestioni poetico-musicali riguardanti questo soggetto sia soprattutto la concezione sinfonica di Strauss, espressa in forma chiara in una lettera indirizzata a Bülow nel  periodo in cui egli compose Don Juan: “Bisogna che ciò che l’autore intende dire appaia anche plasticamente agli occhi del suo spirito. Ciò è possibile quando esiste lo stimolo di un’idea poetica, indipendentemente dal fatto che essa sia o meno aggiunta all’opera come programma”.
È questa una coerente e già matura definizione di Strauss del rapporto tra stimolo letterario-poetico e composizione sinfonica nella sua produzione di poemi sinfonici. Ma a quando risalgono le prime suggestioni poetico-letterarie del Don Juan? Molto probabilmente la figura di questo dissoluto, al quale per la prima volta Tirso da Molina nel 1630 aveva dato una vita letteraria nella sua commedia El Burlador de Sevilla y convidado de piedra, aveva affascinato Strauss sin dal 1885. Il 13 giugno di quell’anno egli aveva assistito, infatti, insieme a Bülow, a Francoforte, ad una rappresentazione  della tragedia di Paul von Heyse, Don Juans Ende (La fine di Don Giovanni), una delle tante versioni teatrali e letterarie che si erano succedute a quella di Tirso da Molina, ma il poema sinfonico incominciò a prendere forma soltanto nel mese di maggio del 1888 durante un secondo viaggio in Italia, come lo stesso compositore ricordò: “Durante un successivo viaggio in Italia per visitare Venezia, nel chiostro di Sant’Antonio a Padova mi vennero in mente i primi temi di Don Juan”. Sembra che nel suggestivo chiostro della Basilica di Sant’Antonio si fosse accesa nella mente di Strauss la scintilla dell’ispirazione che lo portò a completare la stesura della partitura nel volgere di un’estate, quella del 1888, dal momento che l’ultima nota fu scritta il 30 settembre di quell’anno, mentre si trovava a Monaco. Sembra sorprendente la facilità e la rapidità con cui Strauss abbia composto Don Juan. È necessario, tuttavia, ricordare che in realtà la partitura è il frutto di una lunga ed intensa maturazione alla quale aveva contribuito non solo la tragedia di Heyse, ma soprattutto la lettura del poema drammatico incompiuto, Don Juan, di Nikolaus Lenau dal quale Strauss trasse tre citazioni che antepose alla partitura e che mostrano un Don Giovanni, ormai stanco, deluso e annoiato dalla vita senza più quella baldanza giovanile che lo aveva sostenuto nelle sue conquiste. Le tre citazioni rappresentano il carattere di Don Giovanni che se, da una parte, nel primo passo scelto, “vorrebbe percorrere il cerchio magico e immenso delle belle donne armate di mille seduzioni all’assalto del gaudio e sulla bocca dell’ultima morire nell’atto di baciarla”, dall’altra, nella seconda citazione, fugge “la sazietà e la stanchezza del piacere; rendendo omaggio al bello seguito a mantener possente il mio vigore”; aggiungendo che “il profumo di una donna, il quale oggi simile m’è al dolce effluvio primaverile, mi soffoca domani quasi come aria di galera”. L’ultimo frammento scelto da Strauss mostra, infine, Don Giovanni che, avendo preso coscienza della vacuità della sua esistenza, afferma: “Fu bella la tempesta che mi ha agitato; ora è passata e rimane il silenzio. Ogni desiderio e speranza è apparenza di morte”.
La parabola umana di Don Giovanni, disegnata nei tre frammenti citati, è evocata da una musica che non segue minuziosamente un programma costituito da eventi susseguenti, ma che esprime stati d’animo e caratteristiche umane del personaggio attraverso una scrittura formalmente libera nella quale il principio dialettico della forma-sonata, qui rielaborata liberamente, convive con quello ciclico del rondò. Nell’esposizione vengono rappresentati due aspetti complementari del carattere di Don Giovanni: la sua esuberanza giovanile, nella quale Strauss giovane sembra identificarsi, che è espressa nel travolgente e imperioso primo tema e le sue doti di seduttore che emergono nel lirico e cavalleresco secondo tema in si maggiore, il quale, annunciato da un sensuale violino solista che sembra evocare le grazie femminili nella mente del seduttore,  presenta una struttura cromatica in cui è possibile riconoscere influenze della scena della Morte di Isotta del Tristano wagneriano. Nello sviluppo, dove è più evidente il carattere ciclico del rondò, l’elemento femminile, rappresentato dalle donne sedotte da Don Juan, si esprime attraverso temi lirici e sensuali al tempo stesso e dalle larghe e morbide arcate melodiche, di cui un esempio è il tema affidato all’oboe. Dopo la ripresa, il poema sinfonico si conclude in un’atmosfera rarefatta che rappresenta la morte di Don Giovanni, ormai stanco e annoiato della vita.

Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione), poema sinfonico op. 24
Largo-Allegro molto agitato-Meno mosso sempre alla breve-Largo-Allegro molto agitato-Moderato
Durata: 25’ ca

“Fu sei anni fa che mi capitò di presentare nella forma di un poema sinfonico le ore prossime alla morte di un uomo che aveva combattuto per i più idealistici fini, forse proprio quelli di un artista. L’uomo malato giace nel letto, addormentato, con un respiro pesante e irregolare; amichevoli sogni fanno sorgere un sorriso sui lineamenti di un uomo profondamente sofferente; questi si sveglia; è una volta di più torturato da orribili agonie; le sue membra sono scosse dalla febbre – appena l’attacco passa e le pene lo lasciano, i suoi pensieri vagano nella sua vita passata; la fanciullezza passa prima; il tempo della sua giovinezza con le sue lotte e le sue passioni e allora, appena le pene già incominciano a ritornare, gli appare il frutto del cammino della sua vita, la concezione, l’ideale che ha cercato di realizzare, di presentare artisticamente, ma che non ha potuto completare, poiché all’uomo non è consentito di portare a compimento tali cose. L’ora della morte si avvicina, l’anima lascia il corpo per trovare realizzate in modo glorioso in uno spazio eterno quelle cose che non potevano essere compiute quaggiù”.
Con queste parole, contenute in una lettera indirizzata a un suo amico, lo stesso Strauss descrisse in modo sintetico quanto dettagliato il programma del suo terzo poema sinfonico, Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione), che rappresenta un ulteriore momento di maturazione dello stile sinfonico del compositore tedesco. Per questo suo nuovo lavoro, composto tra la primavera del 1888 e il 18 novembre 1889, Strauss si distaccò dalle fonti letterarie che aveva utilizzato per Macbeth e per Don Juan, per avvalersi di un programma narrativo da lui stesso ideato, la cui origine rimane, tuttavia, misteriosa. Quale sarebbe, infatti, la ragione che avrebbe spinto il ventiquattrenne Strauss, pur così giovane, a comporre questa meditazione musicale sulla morte alla quale non sono estranei elementi autobiografici rintracciabili nell’identificazione tra la sua persona e quella dell’artista? Le ragioni della scelta di un tale programma appaiono misteriose anche perché sembra del tutto destituita di ogni fondamento l’ipotesi secondo la quale Strauss avrebbe sofferto di problemi respiratori nel periodo in cui compose questo poema sinfonico. In realtà i problemi respiratori sopraggiunsero nel 1891, quando Morte e trasfigurazione non solo era stata composta, ma addirittura era stata eseguita, come lo stesso Strauss ricordò:
“Tod è un puro prodotto della mia immaginazione; non è basato su alcun evento; la mia malattia non mi colpì che due anni più tardi. Fu un’ispirazione come un’altra. In ultima analisi, lo stimolo musicale”.
Nonostante tutto, un’identificazione autobiografica con il protagonista del programma di questo poema sinfonico è innegabile, come è dimostrato dal fatto che il tema della trasfigurazione è ripreso nel suo poema sinfonico Ein Heldenleben del 1898 e cinquant’anni più tardi nei Vier letzte Lieder (Ultimi quattro Lieder) composti nel 1948 per accompagnare le parole: è forse questa la morte? Secondo un aneddoto, inoltre, Strauss, sul letto di morte avrebbe detto a sua nuora: “È una cosa bizzarra, Alice, morire è proprio come l’ho descritto in Tod und Verklärung”. Alla prima esecuzione, avvenuta il 21 giugno 1890 a Monaco, fu distribuita, come programma di sala, una poesia di Alexander Ritter, scritta su indicazione di Strauss e in seguito ampliata per l’edizione a stampa della partitura che fu pubblicata l’anno dopo a Monaco.
Il poema sinfonico si apre con un Largo introduttivo di grande suggestione nel quale il respiro affannoso e irregolare dell’artista morente è reso dalle pulsazioni sincopate delle viole e dei violini secondi divisi che si alternano ai timpani; questo respiro ansante, realizzato anche dagli accenti sul primo tempo del tema armonico degli archi, cede il posto di tanto in tanto ai sogni che si materializzano in frammenti tematici esposti dagli altri strumenti solisti, compreso un violino, su un etereo accompagnamento degli archi in una scrittura cameristica. Qui prende forma una delle più suggestive evocazioni musicali dell’inconscio umano con i suoi desideri, le sue alate e dolci speranze, i cui slanci (salto di ottava iniziale) e frustrazioni (disegno discendente) che sembrano sintetizzati in un unico evocativo tema. Tutti questi sogni e pensieri, chiusi nell’inconscio del moribondo, si affastellano nella sua mente in quella disordinata associazione di idee che caratterizza lo stato onirico. Questo Largo introduttivo si distingue per una raffinata scrittura orchestrale che, caratterizzata da un intreccio e un dialogo tra gli strumenti solisti a cui partecipa anche il primo violino, serve ad individuare i pensieri e i sogni di quest’uomo. Un gesto teatrale, costituito da un colpo di timpano in fortissimo, sostenuto dagli archi gravi, dalle tube, dai corni e dai controfagotti, sveglia improvvisamente il moribondo il cui dramma interiore si consuma nel serpeggiante ed insinuante tema che percorre la parte iniziale dell’Allegro, dove gli strumentini, sostenuti dal tremolo dei violini primi, continuano ad esprimere il respiro affannoso dell’uomo. In questo Allegro molto agitato il conflitto con la morte si esprime attraverso una rielaborazione molto libera della forma-sonata, nella quale trovano spazio anche i temi già esposti nel Largo iniziale insieme ad uno, di carattere lirico affidato al flauto a cui rispondono un violino e un violoncello solista in una scrittura quasi cameristica, e ad un altro esposto dagli ottoni di carattere solenne e drammatico. Tra oasi liriche e momenti animati il movimento si snoda nella sua drammaticità fino a quando una breve ripresa del largo iniziale, a cui segue un altro passo animato, non conduce al Moderato conclusivo dove, in un’atmosfera rarefatta con un misterioso tam-tam in sottofondo, si costruisce a poco a poco, coinvolgendo progressivamente l’intera orchestra, il tema in do maggiore della trasfigurazione che, come giustamente notato da Otto Erhardt nella sua monografia su Strauss, non ha nulla di trascendente o spirituale, ma è un’apoteosi sensuale e una cosciente affermazione di vita terrena.