Richard Strauss (Monaco di Baviera 1864 – Garmisch-Partenkirchen 1949)
Till Eulenspiegels lustige Streiche (I tiri burloni di Till Eulenspiegel), poema sinfonico da un’antica melodia, in forma di rondò op. 28
Gemächlich (Comodo),Volles Zeitmass, sehr lebhaft (Rigorosamente in tempo, molto vivace), Gemächlich (Comodo), Sehr lebhaft (Molto vivace),Leichtfertig (Leggero), Sehr lebhaft (Molto vivace), Epilog: Im Zeitmass des Anfangs, Sehr lebhaft (Epilogo: Tempo come il pincipio, Molto vivace)
Durata: 15’ca
https://www.youtube.com/watch?v=ZU556MvQN6c
Till Eulenspiegels lustige Streiche (I tiri burloni di Till Eulenspiegel) di Richard Strauss, il cui sottotitolo, che recita Nach alter Schelmenweise – in Rondeauform (Da un’antica melodia di bricconi in forma di Rondò), associa il carattere birichino del personaggio alla melodia che lo rappresenta, è un fulgido esempio di come una forma classica, il Rondò, possa esprimere in modo compiuto un programma letterario, costituito, in questo caso, dalle avventure dell’eponimo protagonista. Qui la forma del Rondò è l’unica a rivelarsi idonea a rappresentare le avventure burlesche di Till Eulenspiegel, uno sciocco che, secondo una leggenda popolare diffusa oralmente nella Germania centrale, sarebbe vissuto nella prima metà del Trecento viaggiando attraverso i territori del Sacro Romano Impero tra cui anche l’Italia e i Paesi Bassi. Di questo personaggio così popolare, forse realmente vissuto e morto a Mölln nel 1350, si tramandano gli scherzi con i quali metteva alla berlina i difetti dei suoi contemporanei e le precipitose fughe dalle ire delle persone oggetto delle sue burle. La prima attestazione letteraria risale ad un anonimo testo del 1510, intitolato Ein kurtzweilig Lesen von Dyl Ulenspiegel, geboren uß dem Land zu Brunßwick, wie er sein leben volbracht hat… (Un divertente libro intorno a Dyl Ulenspiegel proveniente dalla terra di Brunswick) e attribuito a Hermann Bote. La fama di Till divenne tale che Charles Coster, nella sua Légende et les aventures héroiques joyeuses et glorieuses d’Ulenspiegel et de Lamme Goedzak au pays des Flandres et ailleurs (Leggenda ed avventure eroiche giocose e gloriose di Ulenspiegel e di Lamme Goedzak nei Paesi Bassi e altrove) pubblicata nel 1867, lo innalzò ad eroe nazionale fiammingo, collocandolo in un’epoca posteriore a quella in cui sarebbe realmente vissuto cioè nel periodo delle lotte per l’indipendenza dei Paesi Bassi contro il re spagnolo Filippo II. Fra le varie opere dedicate a questo personaggio, Strauss fu ispirato probabilmente dall’opera comica di Cyrill Kistler, Eulenspiegel, alla cui prima, avvenuta a Würzburg il 5 aprile 1889, il compositore assistette rimanendo particolarmente colpito dal carattere birichino e burlesco del protagonista. Inizialmente Strauss aveva pensato di scrivere un’opera, ma abbandonò presto il progetto a favore di un poema sinfonico, la cui trama non fu esplicitata in modo chiaro nemmeno dallo stesso compositore; a Franz Wüllner che avrebbe dovuto dirigere la prima esecuzione del poema sinfonico, Strauss scrisse, infatti:
“È impossibile per me inviarle un programma di Eulenspiegel; dovessi mettere in parole a ciò che avevo in mente nel comporre le diverse parti, sembrerebbe bizzarro e potrebbe anche offendere. Lasciamo dunque agli ascoltatori di rompersi il capo con le loro proprie mani briccone. Per aiutarli a comprendere meglio, sembra sufficiente che lei ponga in rilievo i due temi di Eulenspiegel, che, nei più diversi travestimenti, umori, e situazioni, lo pervadono interamente fino alla catastrofe quando, dopo essere stato condannato a morte, Till è impiccato. Per il resto, indovinino loro gli scherzi musicali che un briccone ha offerto loro”.
In realtà anche in questo poema sinfonico è innegabile un’identificazione autobiografica tra Strauss e il suo personaggio; probabilmente il compositore, come è stato ampiamente notato dalla critica, con questo poema sinfonico volle consegnare un’immagine di sé nuova e diversa da quella eroico-erotica offerta in precedenza con il Don Juan, ponendo l’accento sul carattere beffardo del personaggio, vero alter ego di Strauss stesso che, in questo modo, si può prendere gioco simpaticamente dei suoi detrattori e di quel pubblico che non molto tempo prima aveva fischiato la sua opera, Guntram.
Completato il 6 maggio 1895, il poema sinfonico, eseguito per la prima volta a Colonia il 5 novembre sotto la direzione di Franz Wüllner, si sviluppa efficacemente, come già accennato in precedenza, nella forma del Rondò. Introdotto da quattro misure che, come ha notato Richard Specht nel suo saggio Richard Strauss und sein Werke (Richard Strauss e la sua opera, Vienna-Lipsia, 1921, p. 181), corrispondono alla tradizionale formula d’inizio delle favole c’era una volta, il corno espone il tema di Till la cui struttura melodica si adatta perfettamente alle caratteristiche tecniche ed espressive dello strumento. Con questo tema sembra che Strauss abbia voluto porre l’accento sul carattere eroico del personaggio sempre pronto a qualunque azione, mentre con la successiva idea tematica, derivata dall’antica melodia popolare adombrata nel titolo ed esposta dal clarinetto, ne ha messo in luce l’aspetto burlesco. Il compositore, dopo aver rielaborato il tema della melodia popolare nell’introduzione e averlo strettamente legato a quello di Till, ha fatto sì che quest’ultimo ne fosse, a sua volta, una rielaborazione per moto contrario. Questi due elementi tematici costituiscono la base dell’intero brano che, dal punto di vista formale, è una sintesi tra la forma del rondò e quella del tema e variazioni. I due temi vengono sottoposti, infatti, a continue variazioni che esprimono le diverse manifestazioni burlesche di un unico personaggio; il tema della burla viene così sottoposto a delle varianti di scrittura che riguardano soprattutto la scelta dei timbri degli strumenti incaricati quasi di mascherare il protagonista. Il primo episodio è proprio una mascherata dalla quale Till deve fuggire alla chetichella negli esitanti e furtivi interventi dei legni. Non contento, il nostro Till si rituffa in una nuova impresa con un fare burlesco e, al tempo stesso, misterioso, reso dalla variazione del tema della burla appena accennato e singhiozzante come i passi furtivi del primo flauto, prima, e dei violini, dopo. Prime vittime di Till sono i venditori ambulanti nella piazza del mercato dove l’irruzione impetuosa del nostro protagonista a cavallo è resa efficacemente tramite l’ardita scala ascendente affidata al clarinetto basso; qui si ha un’esplosione di timbri e sonorità orchestrali. Non ha ancora finito di prendersi gioco dei venditori ambulanti che Till ne combina un’altra delle sue; eccolo, infatti, travestito, come il suo tema, qui variato, da prete che, nell’organistica scrittura timbrica esaltata dall’uso dei clarinetti e dei fagotti, mette in scena una predica blasfema. Questo scherzo suscita le ire della folla e Till non può non preoccuparsi cercando di fuggire con disegni veloci e sfuggenti che ridisegnano il tema della burla in una nuova forma. Il pericolo scampato non dissuade, tuttavia, Till da una nuova birichinata; il nostro divertente ed impertinente protagonista si lancia in un’avventura galante, rappresentata, inizialmente, dal tema della burla e, in seguito, da una rielaborazione ammiccante del tema di Till che maschera i suoi veri sentimenti con una melodia affidata agli archi. La burla, tuttavia, non ha esito felice per Till che, nonostante un ammiccante violino solista e la perorazione del tema dell’avventura galante da parte dei violini, degli oboi e del corno inglese, deve sopportare il rifiuto della fanciulla espresso attraverso una rielaborazione del tema burlesco da parte dei flauti. Quasi per contrappasso la burla è finita per ritorcersi contro Till che deve subire anche la vendetta delle sue vittime. La successiva disputa lo vede impegnato contro i suoi avversari impersonati da tre fagotti, dal controfagotto e dal clarinetto basso che rielaborano, in una forma allargata, il tema burlesco, trasformandolo in un rimprovero. Till, per nulla intimorito, prima, esplode in uno sberleffo enorme ben rappresentato dallo stesso tema della burla del quale viene ripreso soltanto il primo inciso e, dopo, in una canzone melodicamente costruita con lo stesso tema. Per Till, però, si avvicina la fine il cui punto culminante è costituito dal suo arresto rappresentato magnificamente dal tema della burla, rielaborato in una struttura singhiozzante, e da quello del protagonista il quale, nella parte degli strumenti gravi, si oppone all’arresto; i poliziotti hanno ragione del nostro protagonista che viene tradotto davanti al tribunale, dove la minaccia dell’imminente condanna si materializza nell’inquieto rullo del tamburo militare e nell’incedere solenne dei legni e degli ottoni che nel loro attacco giambico sembrano alzare una spada di Damocle sul nostro personaggio. La giuria, secondo le regole, pronuncia la motivazione della condanna, rappresentata dalle burle perpetrate da Till ed esposte dal loro tema ripreso nella sua forma originale. Per Till è pronunciata una sentenza di morte, la cui esecuzione ha un forte valore drammatico rappresentato dalla scala discendente affidata ai legni. Il poema sinfonico potrebbe concludersi con questo drammatico momento, ma Strauss introdusse un Epilogo nel quale ritornano i due temi principali: il primo, quello della burla, nella sua forma iniziale, mentre il secondo, quello di Till, è trasformato in una versione più gaia. Till è morto, ma la sua gioia e il suo atteggiamento scanzonato continuano a vivere allo stesso modo del suo riso sardonico, non molto diverso da quello dello stesso Strauss che, cosciente del grande valore artistico della sua musica, sembra prendersi gioco e ridere, attraverso il suo personaggio, proprio di quel pubblico che fino a poco prima lo aveva sonoramente fischiato.
Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra), libero poema sinfonico da Friedrich Nietzsche op. 30
Einleitung (Introduzione) – Von der Hinterweltlern (Degli abitanti del mondo non visto) -Von der grossen Sehnsucht (Del grande anelito) -Von der Freuden und Leidenschaften (Delle gioie e delle passioni) – Grablied (Canto della tomba) – Von der Wissenschaft (Della scienza) – Der Genesende (Il risanato) – Tanzlied (Canzone a ballo)- Nachtlied (Canto notturno) -Nachtwanderlied (Canto del viandante notturno)
Durata: 35′ ca
“Giunto a trent’anni, Zarathustra lasciò il suo paese e il lago natio, e si ritirò sui monti. Là, per dieci anni, senza stancarsi, godette del suo spirito e della sua solitudine. Ma alla fine il suo cuore mutò, e un giorno si alzò con l’aurora, avanzò verso il sole e così gli parlò: “O astro grande! Cosa sarebbe mai la tua gioia se non vi fossero coloro che tu illumini! Per dieci anni sei venuto quaggiù nella mia caverna: e certamente ti sarebbero divenuti noiosi la tua luce e il tuo percorso senza di me, la mia aquila e il mio serpente. Ma noi ti aspettavamo tutte le mattine, tu ci davi la tua ricchezza e ne ricevevi in cambio le nostre benedizioni. Vedi! Sono nauseato della mia saggezza, come l’ape che ha fatto troppa provvista di miele; ho bisogno di mani che si tendano verso di me. Io vorrei denaro da elargire, finché i saggi tra gli uomini si rallegrassero di nuovo della loro follia e i poveri della loro ricchezza. Per giungere a questo debbo discendere: come fai tu, quando a sera tramonti dietro il mare e porti la tua luce nel regno dei morti, tu, astro pieno di ricchezza e di vita! Io debbo, come te, tramontare, come dicono gli uomini, verso i quali io voglio discendere. Perciò benedicimi, occhio tranquillo, che puoi contemplare senza invidia anche una gioia troppo grande! Benedici il calice che vuol traboccare, finché ne scaturisca l’acqua dorata che porti ovunque il riflesso della tua gioia! Guarda: il calice vuole di nuovo vuotarsi, e Zarathustra vuole di nuovo essere uomo.” Così cominciò la discesa di Zarathustra”.
È questa l’introduzione del celeberrimo libro di Nietzsche, Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra), che Strauss pubblicò come programma, insieme ai titoli dei vari episodi che si susseguono senza soluzione di continuità, all’inizio della partitura del suo poema sinfonico liberamente ispirato all’opera del filosofo tedesco. Allo stesso modo del filosofo persiano che, dopo anni di meditazione, aveva deciso di uscire dalla caverna per iniziare la sua opera di riformatore religioso, anche il trentenne Strauss sembra prefiggersi lo scopo di affermare se stesso come compositore scrivendo una partitura dall’organico orchestrale enorme, che sembra voler esprimere l’avvento di un musicista nuovo, quasi una specie di superuomo della musica; in esso, infatti, risultano alquanto ampliate: la sezione dei legni con l’aggiunta di un ottavino, un oboe, un clarinetto piccolo, un clarinetto basso e un fagotto; quella degli ottoni con l’aggiunta di due corni e di un basso tuba, e quella delle percussioni, dove figurano anche la grancassa e il glockenspiel. Nella partitura è introdotto anche un organo che contribuisce a rappresentare in modo compiuto lo “stile biblico” dell’opera e, al tempo stesso, a rimarcare quel significato religioso e profetico che il filosofo tedesco aveva voluto dare al suo messaggio. Proprio allo stesso modo del superuomo preconizzato da Nietzsche con il compito di creare valori nuovi per l’umanità del futuro, Strauss si sentiva chiamato a creare valori nuovi nel campo di un’arte, la musica, intesa come il mezzo più idoneo ad esprimere l’idea dello sviluppo religioso e scientifico dell’intera umanità. Ciò non significa che Strauss, con questo poema sinfonico, abbia voluto esprimere in forma musicale la filosofia contenuta nel testo di Nietzsche, ma abbia voluto servirsi della musica come mezzo efficace di interpretazione e di comunicazione di cui alcune importanti tracce sono presenti sia nel sottotitolo della composizione, dove si legge frei nach Friedrich Nietzsche (liberamente da Friedrich Nietzsche), sia nella nota di sala che egli fece circolare per la prima esecuzione dell’opera e nella quale si legge:
“Io non ho inteso scrivere una musica filosofica né tradurre musicalmente la grande opera di Nietzsche. Io ho voluto comunicare con i mezzi della musica un’idea dello sviluppo della razza umana, religioso e scientifico, conforme all’idea di Nietzsche sul superuomo. L’intero poema sinfonico è inteso come un omaggio al genio di Nietzsche che trova la sua massima espressione in questo libro Also sprach Zarathustra”.
La filosofia di Nietzsche aveva affascinato Strauss sin dal 1892, quando il compositore, ancora convalescente dopo un’infiammazione polmonare, si era recato in Egitto alla ricerca di un clima più favorevole. Fu allora che la filosofia di Nietzsche gli apparve quasi come una vera e propria rivelazione, come si evince da quanto lo stesso compositore ricordò in seguito:
“In Egitto, leggendo le opere di Nietzsche, mi resi conto che la polemica contro la religione cristiana che vi è contenuta corrispondeva ai miei sentimenti: si rafforzò e si motivò la mia inconsapevole antipatia […] per una religione che, tramite il sacramento della confessione, assolve il credente dalla responsabilità delle sue azioni e delle sue omissioni”.
Il poema sinfonico, però, fu composto quattro anni dopo tra il mese di febbraio e quello di agosto del 1896 e fu eseguito per la prima volta, sotto la direzione dell’autore, a Monaco il 27 novembre 1896 ottenendo un notevole successo di cui Strauss si dichiarò orgoglioso in una lettera indirizzata alla moglie, nella quale si legge:
“Io fui orgoglioso – di gran lunga il più importante dei miei lavori, il più perfetto nella forma, il più ricco nel contenuto e il più individuale nel colore. I climax sono immensi e segnati in modo perfetto”.
Per ammissione dello stesso Strauss, quindi, il poema, pur essendo il più ricco nel contenuto, non è una traduzione musicale dell’opera di Nietzsche, ma, in realtà, una vera e propria storia del genere umano conforme all’idea del superuomo. In questa chiave interpretativa va, dunque, letta la struttura dell’opera composta da un preludio e da otto episodi che si rifanno ai titoli di otto parabole del libro. Una storia del genere umano non potrebbe avere inizio senza una preventiva caratterizzazione della realtà naturale affidata ad un tema, reso celebre dalla colonna sonora del film di Stanley Kubrick 2001 Odissea nello spazio e soltanto erroneamente considerato come simbolo del superuomo; Richard Specht, biografo di Strauss, nel suo saggio Richard Strauss und sein Werk (Richard Strauss e la sua opera, Vienna-Lipsia, 1921, p. 138) non ha alcun dubbio, infatti, ad associare il tema alla realtà naturale, qui, a mio avviso, ripresa in uno stato aurorale attraverso la ricerca delle origini stesse del fenomeno musicale. Questo tema iniziale parte da un unico primigenio do che funge da pedale, ma anche da suono fondamentale della serie degli armonici, conformemente alla quale è strutturato; dopo questo do basso, tenuto dall’organo, dal controfagotto e dai contrabbassi, le trombe, seguite da tutti gli altri strumenti dell’orchestra, eseguono, infatti, i primi sei suoni della serie degli armonici nelle prime sei battute, mentre il crescendo conduce a un forte, come a voler riprodurre l’immenso e primordiale big bang, che originò una realtà naturale ancora confusa e indistinta, ben rappresentata dall’incertezza sulla terza dell’accordo tonale, prima, minore e, poi, maggiore. Quest’incertezza, tuttavia, viene superata e si passa alla piena affermazione nel modo maggiore delle misure successive, dove possiamo notare l’utilizzazione di tutta la scala di do maggiore per rappresentare l’ordine all’interno di una realtà naturale la cui formazione è ancora in fieri.
Formatosi e ordinatosi il mondo nelle parti strutturali costitutive attraverso l’imperiosa affermazione della tonalità di do maggiore, spetta agli uomini interrogarsi sulla sua origine e sul suo destino finale; nel primo episodio Von der Hinterweltlern (Degli abitanti del mondo non visto o anche Dei trascendentalisti) la critica nei confronti del Cristianesimo, assertore di un mondo creato da Dio, si esercita attraverso la ripresa di un brano gregoriano, il tema del Credo in unum Deum, esposto dai corni e ripreso dall’organo che lo trasforma in un motivo devozionale. Con l’utilizzo del canto sacro della Chiesa Latina sembra che Strauss voglia esprimere perfettamente la parole di apertura del brano del testo:
“Una volta anche Zarathustra volle gettare la sua illusione oltre l’umanità, come tutti i trascendentalisti. Il mondo mi si presentò allora come opera di un Dio sofferente e tormentato. Il mondo mi sembrò il sogno e la poesia di un Dio; nebbia colorata agli occhi di un divino essere malcontento”.
Già annunciato furtivamente nel primo episodio, all’inizio del secondo, Von der grossen Sehnsucht (Del grande anelito), è presentato un tema cromatico di grande efficacia espressiva per la sua capacità di rappresentare in forma musicale il desiderio dell’uomo di elevarsi al di sopra della realtà naturale contingente. Non a caso questo tema si mescola con quello del canto dei credenti, qui rappresentato dalla citazione del Magnificat nella parte dell’organo, e, altresì, con quello della natura la cui ricerca delle cause ultime appare spasmodica. Questo stato di insoddisfazione, destinata a non trovare mai appagamento, sembra accentuato nel successivo episodio, Von der Freuden und Leidenschaften (Delle gioie e delle passioni), dove, tuttavia, al tema, inquieto e fortemente cromatico degli strumenti gravi dell’orchestra, si contrappone la sinuosa ed accattivante melodia dei violini raddoppiati dai due oboi, quasi a voler esprimere in forma musicale le affermazioni dello Zarathustra di Nietzsche:
“Una volta tu avevi delle passioni e le dicevi cattive. Ma ora non hai che virtù: esse sono venute fuori dalle tue stesse passioni. Tu hai collocato la tua più alta mèta in queste passioni: e così esse sono divenute le tue virtù e le tue felicità”.
Ogni cosa, tuttavia, sembra vana e tutte le passioni come, del resto, tutti i temi esposti da Strauss nel poema fino a questo momento, trovano la loro quiete nel successivo episodio, Das Grablied (Canto della tomba), dove però i violini nella parte acuta si producono in una vana tensione verso l’infinito.
Segue Von der Wissenschaft (Della scienza) che rappresenta uno dei momenti più intensi e densi di significato dell’intero poema; in questo episodio, infatti, la scelta, da parte di Strauss, di avvalersi di una fuga, obbedisce alla volontà di rappresentare la scienza con la forma musicale idonea ad esprimerla ai massimi livelli. Il soggetto della fuga, inoltre, accoglie in sé il tema della natura e quello dell’arte, quest’ultimo esposto in si minore, che, se, da un lato, è, sul piano tonale, agli antipodi del do maggiore, dall’altro si fonde con esso in una suprema comprensione della natura e dell’essere. Tale comprensione è rappresentata, nel prosieguo del soggetto, dall’utilizzo dell’intero totale cromatico in un linguaggio marcatamente moderno. La stessa scelta di utilizzare risposte reali è altrettanto moderna, in quanto crea una sovrapposizione di quinte che, se portata all’infinito, conduce per un’altra via al totale cromatico già introdotto nel soggetto e idoneo ad esprimere, sia pure in forma di metafora, la suprema e reciproca comprensione dell’uomo e della matura. In questo, almeno apparente, trionfo della scienza sembra insinuarsi uno stato di inquietudine; è il tema della stanchezza che, esposto dai clarinetti, si presenta come un secondo soggetto e diventa un elemento costitutivo del successivo episodio, Der Genesende (Il risanato), dove sembra diventare l’espressione della malattia dell’uomo dalla quale l’umanità si può salvare soltanto con una riscoperta della natura conosciuta in profondità grazie alla scienza. Non a caso proprio in questo episodio appaiono la prima parte del tema della fuga e, infine, in una suprema affermazione dell’uomo ormai diventato superuomo nell’ambito della stessa natura, il tema iniziale perorato dall’intera orchestra. Finalmente tutti i temi, liberati dalle ansie terrene e, soprattutto, dalle preoccupazioni di miti, o supposti tali, della religione, della morale e della scienza, possono esprimere l’abbandono ad un’atmosfera festosa attuata nella forma di una sfrenata danza orgiastica protagonista del Tanzlied (Canzone a ballo). Segue il silenzio dai toni crepuscolari del successivo episodio Nachtlied (Canto notturno) che, con la sua forte tensione lirica, prelude al magistrale finale, Nachtwanderlied (Canto del viandante notturno), nel quale il tema della natura si spegne in un pianissimo sottolineato dal pizzicato degli archi gravi e dagli organistici accordi dei legni con cui le arpe, acutissime, come i violini, contribuiscono a creare un’atmosfera celestiale. L’orchestra raggiunge così la perfezione del suo virtuosismo e la musica, portatrice del messaggio di Zarathustra-Strauss, celebra la sua apoteosi.