La danza e le sue parole: il “Port de bras”

L’uso delle braccia nella danza classica: il “Port de bras”.
La comunicazione nella danza classica  può essere paragonata ad un lampo che parte dal cuore, brilla negli occhi e si materializza nella gestualità della parte superiore del corpo attraverso il port de bras.Con questo termine, infatti, si indica il disegno fisico e “spirituale” che le braccia, la testa, gli occhi e il tronco, compiono nello spazio nel passare da una posizione all’altra. Eseguire un port de bras è come dipingere nell’aria attraverso le braccia, che non sembrano attaccate al busto ma “scorrere” dal centro del corpo; ed è proprio attraverso l’uso poetico e consapevole del port de bras che è possibile imprimere forma e senso ad uno stile, un carattere o un personaggio.
Per danzare in maniera credibile, dunque, sarebbe auspicabile che ogni port de bras partisse da lontano per  finire lontano: accendersi dal cuore del danzatore per giungere agli occhi dello spettatore.A partire dall’esecuzione nella sala di danza sotto forma di esercizio per finire in palcoscenico in un balletto come Il lago dei cigni, il port de bras deve attingere il suo principio nella “passione” che deve manifestare.È solamente in questo modo che riusciremo a riconoscere, in un balletto come Il lago dei cigni, l’effimera vita del personaggio di Odette (la principessa cigno) che, allontanandosi dal rigore e dallo schema dei port de bras accademici, utilizza le braccia in maniera “speciale” e particolare. Il port de bras, in questo caso, sfugge dalle posizioni di base scolasticamente codificate per “raccogliere” la testa e il petto come a proteggere la fragilità del corpo e dell’anima della fanciulla cigno.
Un corpo di ballo credibile, nel secondo atto di Giselle, ad esempio, usa le braccia in maniera contenuta ed eterea per dipingere la trasudazione dell’anima dal corpo. Le braccia palpitano e respirano all’unisono attraverso il principio dinamico espressivo di tensione e rilassamento, originando i disegni nello spazio ora dal polso, ora dalla mano, ora dal gomito. La riuscita delle danze di carattere de Il lago dei cigni, che devono raccontare il carattere e lo spirito di una nazione, ad esempio, si rintraccia  non solo nelle abilità tecniche degli arti inferiori, ma anche e soprattutto in un sapiente uso della posizione della testa, della direzione dello sguardo e dell’atteggiamento del torace.Soffermandoci sulla parte tecnica, sappiamo che, secondo i programmi di studio dell’Accademia Vaganova di San Pietroburgo, si individuano sei port de bras codificati, nella scuola italiana di Enrico Cecchetti se ne individuano otto, in alcune scuole, come quella cubana, non esistono port de bras codificati, ma solamente port de bras liberi creati di volta in volta dall’insegnante o dal coreografo.
Già Carlo Blasis, nel suo Traité élémentaire théorique et pratique de l’Art de la Danse (1821), descrive il ruolo delle braccia come complemento essenziale delle pose, funzionale nei giri e nei salti, ma anche e soprattutto come vero e proprio segno distintivo della qualità di un maestro e di una scuola perché, superata una  imprescindibile definizione teorica, i port de bras non si spiegano ma si dimostrano. È come dire che una passione, un’intenzione, un certo modo di danzare sono difficili da  trasmettere a parole, perché un’emozione non si imita: s’indossa, si vive, si ricrea ogni volta dal profondo.
È evidente a questo punto come il port de bras, veicolo della “passione” nel balletto, sia rivelatore del senso più profondo della danza: rivela l’anima di un danzatore e del suo personaggio. Non mente e il palcoscenico ne è la dimostrazione.