G.Puccini: “Recondita armonia”, “E lucevan le stelle” (Tosca); F. Cilea: “La dolcissima effige”, “L’anima ho stanca”, “Il russo Mencikoff” (Adriana Lecouvreur); P. Mascagni: “Intanto amici…Viva il vino spumeggiante”, “Mamma, quel vino è generoso” (Cavalleria rusticana); G. Puccini: “Donna non vidi mai”, “Tra voi belle” (Manon Lescaut); U. Giordano: “Come un nel dì di maggio”, “Come all’azzurro spazio” (Andrea Chenier); “Amor ti vieta” (Fedora); R. Leoncavallo: “Recitar…vesti la giubba” (Pagliacci); G. Puccini: “C’ella mi creda libero e lontano” (La fanciulla del West), “Orgia, chimera dall’occhio vitreo” (Edgar), “Avete torto….Firenze è come un albero fiorito” (Gianni Schicchi); “Addio fiorito asil” (Madama Butterfly), “Nessun dorma” (Turandot). Piotr Beczala (tenore), Evgenyia Khomutova (mezzosoprano); Cor y Orquestra de la Comunitat Valenciana, Marco Boemi (direttore). Registrazione: 2020. 1 CD Pentatone PTC 5186 733
Il tenore polacco Piotr Beczala non solo è una delle figure più rappresentative della scena lirica internazionale ma un modello di gestione delle proprie risorse vocali. Lontano quanto nessun’altro dalla smania di bruciare i tempi, Beczala ha lasciato che la voce maturasse e si evolvesse naturalmente, senza forzature di sorta. Ora dopo una carriera più che trentennale lo splendido tenore mozartiano degli esordi è diventato un lirico-spinto di classe senza aver perso nulla di quella facilità di canto e di quella raffinatezza di gusto che lo avevano rivelato fin dai primi esordi. Nel corso degli anni abbiamo assistito alla sua conquista di ruoli verdiani progressivamente più spinti fino all’affermazione in quello che è il ruolo che forse ha sancito la piena affermazione di questa nuova fase della carriera di Beczala, quel Lohengrin affrontato sotto la bacchetta di Christian Thielemann prima a Dresda a poi a Bayreuth nella cui storia esecutiva il tenore polacco si è già ricavato un ruolo non trascurabile.
Il presente CD apre invece ancora verso nuovi lidi quelli rappresentati dal repertorio della Giovane Scuola italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento. Si tratta – salvo rare eccezioni – di brani celeberrimi e che mettono il cantante a confronto con l’intera storia della vocalità tenorile inoltre si tratta di ruoli – con la sola esclusione di Mario Cavaradossi, Rinuccio di Buoso e Maurizio di Sassonia – mai affrontati a teatro. Ad accompagnare Beczala è l’Orquestra de la Comunitat Valenciana ottimamente diretta da Marco Boemi che fornisce un supporto non di semplice accompagnamento ma di pieno inquadramento stilistico dei brani eseguiti. “Recondita armonia” messo in apertura del programma colpisce per la schiettezza del canto, per la levigatezza della linea vocale, per la capacità di dare a Cavaradossi tutto il carattere un po’ bohémienne dell’artista di opposizione.
I brani di “Tosca” e “Adriana Lecouvreur” inquadrano subito le doti di Beczala. Le splendide qualità timbriche, unite a un registro acuto sicurissimo e squillante, un sapeinte controllo del fiato, una levigatezza della linea musicale (testimonianza della rigorosa formazione mozartiana), ma soprattutto una precisa volontà di non fare mai nulla che sia contrario alla precisione musicale. Beczala ci presenta un verismo filtrato attraverso una sensibilità maturata nel belcanto. Il fondamento della sua concezione interpretativa ben si allinea a quello che disse Renata Scotto: portare il “Belcanto nel Verismo”. Fin troppo semplice intuire la grazia o il seducente abbandono delle due romanze del Des Grieux di “Manon Lescaut”, la natura autenticamente poetica del suo Andrea Chénier (auguriamoci di poter presto ascoltarlo in teatro in questo ruolo, ideale per i suoi mezzi attuali), il carattere “scapigliato”, post-verdiano, dell’ Edgar in cui il gusto di matrice ponchielliana prevale su quello che sarà il carattere dell’ormai prossima maturità pucciniana.
Sono i ruoli apparentemente a lui meno congeniali ad attirare l’attenzione. Ascoltiamo un Turiddu, non solo di squillante brillantezza nel brindisi, ma soprattutto di grande intensità nell’”addio alla madre” , di rara intensità espressiva, sempre unita a un impeccabile rigore musicale. Canio, timbricamente forse si presenta troppo chiaro ed edulcorato di potenza drammatica nel recitativo, l’aria è però affrontata con una sincerità espressiva unita a una cura del dettato musicale che raramente è capitato di sentire; stesse considerazioni valgono anche il suo Dick Johnson. Non poteva mancare il “Nessun dorma” da “Turandot”. Nell’esecuzione del brano colpisce non tanto la facilità dello squillo, o la suggestione del materiale vocale. quanto l’attenzione al dato stilistico, al senso profondo della situazione drammaturgica che si esplica nella scelta di tempi distesi, di un canto notturno. La chiusura stessa del brano appare impeccabilmente legata alla linea di canto, conclusione naturale di uno sviluppo organico.