Karina Gauvin: “Nuits Blanches”

Nuits Blanches. Airs d’opéra à la cour de Russie au XVIIIe siècle. Dimitri Stepanovitch Bortnianski (1751-1825), Le Faucon (1786), «Ne me parlez point»; Domenico Dall’Oglio (1700-1764), Sinfonia Cossaca (I, Allegro); Christoph Willibald Gluck (1714-1787), Armide (1777), «Enfin, il est en ma puissance»; «Ah! si la liberté»; «Oh ciel, quelle horrible menace»; Gratioso (menuet); «Le perfide Renaud me fuit»; Dimitri Stepanovitch Bortnianski, Le Faucon, Ouverture; Alcide (1778), «Mi sorprende»; «In qual mar»; «Dei clementi»; Evstignei Ipatievitch Fomine (1761-1800), Les Cochers au relais (1787), Ouverture; Maxime Sozontovitch Berezovski (1745-1777), Demofoonte (1773), «Mentre il cor»; «Misero pargoletto». Karina Gauvin (soprano); Pacific Baroque Orchestra; Alexander Weimann (fortepiano e direttore).Registrazione:Église Saint-Augustin, Mirabel (Québec), ottobre 2019.1 CD ATMA Classique.
Bach, Haendel, Purcell, Porpora, Mozart, Britten … sono i compositori di cui il soprano canadese Karina Gauvin ha registrato moltissimi numeri vocali per conto della casa ATMA Classique. Anche quest’ultima realizzazione, come quasi tutte le precedenti, gravita sulla vocalità barocca, in particolare quella relativa all’aria metastasiana e alle sue traduzioni musicali europee, così indicative della drammaturgia musicale del XVIII secolo. Ma questa volta, più dei compositori importa l’ambito geografico di esportazione del teatro musicale barocco. Nuits Blanches sono infatti quelle presso la corte zarista, erede dell’amore per la musica “occidentale” di Pietro il Grande, trasmessa fino a Caterina II, e in cui ovviamente l’opera gioca un ruolo predominante. Non è solo l’archeologia dell’esportazione ad animare il progetto di questo disco, perché grazie alla voce della Gauvin si recuperano anche brani di drammi metastasiani intonati da compositori e musicisti della corte imperiale russa, come Dimitri Stepanovitch Bortnianski e Maxime Sozontovitch Berezovski, entrambi vincitori di un soggiorno di studio all’estero: il primo avrebbe studiato a Venezia sotto la guida di Baldassare Galuppi e il secondo a Bologna con Padre Martini. La Gauvin canta otto arie, a volte introdotte da recitativo, altre volte intervallate da brani strumentali; oltre alla selezione dall’Armide di Gluck, sono particolarmente interessanti le scene dall’Alcide di Bortnianski, in cui la lezione di Haendel conferisce respiro a una freschezza ritmica adattissima a rappresentare il momento topico del giovane Eracle al bivio. Decisamente mozartiana è l’allure del Demoofonte di Berezovski, ma non meno interessante per i contrasti cromatici e la scrittura vocale.
 
Nel marzo 2019 la Gauvin cantò a Madrid l’Eternità e Giunone nella Calisto di Cavalli, in una memorabile produzione del Teatro Real; ma il pubblico della capitale spagnola aveva già avuto l’opportunità di apprezzarla nel ruolo protagonistico della Partenope nel gennaio 2016 e, l’anno prima, dell’Alcina, entrambe partiture haendeliane. Rispetto alle prestazioni di allora, comunque, l’ascoltatore del disco nota differenze numerose e notevoli, tutte in crescita positiva: nel porgere naturale, nella dizione italiana più accurata, nella rotondità della linea di canto, nella fermezza delle agilità e, ovviamente, nella ricerca dell’espressività.

La duttilità del timbro, luminoso e uniforme, permette al soprano di passare a stili anche molto diversi con un esito convincente. La prudenza nella gestione delle agilità e delle colorature – che è prima di tutto rispetto del testo musicale – è invece un tratto caratteriale che si è mantenuto costante negli anni; forse la Gauvin dovrebbe osare di più, specialmente quando reinterpreta un repertorio che a suo tempo dovette affascinare le corti dell’Europa orientale e della Russa proprio per la spettacolarità vocale. Molto pregevole la direzione di Alexander Weimann a capo della Pacific Baroque Orchestra e accurate le note bilingui di Christina Hutten nel booklet (che presenta tutti i testi poetici nella versione originale e in traduzione francese e inglese).