Francesco Morlacchi (1784 – 1841): “Tebaldo e Isolina” (1822 – versione di Dresda 1825)

Melodramma romantico in due atti su libretto di Gaetano Rossi. Anicio Zorzi Giustiniani (Boemondo), Laura Polverelli (Tebaldo), Sandra Pastrana (Isolina), Raúl Baglietto (Ermanno), Gheorghe Vlad (Geroldo), Annalisa D’Agosto (Clemenza). Camerata Bach Choir, Poznań, Ania Michalak e Tomasz Potkowski (maestri del coro), Virtuosi Brunensis, Antonino Fogliani (direttore). Registrazione: Trinkhalle, Bad Wildbad 25-27 luglio 2014. 2 CD Naxos

Il festival Rossini in Wildbad ha saputo ricavarsi nel corso degli anni un proprio spazio sulla scena europea. La cittadina è diventata una sorta di piccola Pesaro della Foresta Nera capace – almeno in parte – di supplire con intelligenza e passione ai pochi mezzi a disposizione. Tra i meriti del Festival vi è quello di aver riportato l’attenzione su tanti compositori cosiddetti “minori” che pur senza disporre del genio del pesarese rappresentano il tessuto connettivo portante della scena musicale italiana della prima metà del XIX secolo.
Tra questi un ruolo non secondario l’ha il perugino Francesco Morlacchi (1784 – 1841), napoletano di formazione – con Zingarelli – e poi europeo come orizzonti con al centro della propria vicenda umana e artistica il lungo soggiorno a Dresda del 1811 al 1841 come Kapellmeister dell’opera reale sassone ruolo che alla sua morte sarà assunto da Richard Wagner.
L’aneddotica operistica ricorda Morlacchi come autore – più o meno negli stessi anni di quello di  Rossini – di un “Barbiere di Siviglia” che sfidava “l’intoccabile”  versione di. “Tebaldo e Isolina” è per certi versi emblematica della produzione tedesca di Morlacchi attivo in una corte come quella di Dresda dal gusto fortemente conservatore e particolarmente appassionata di opere buffe dal taglio ancora settecentesco.
Gli impegni sassoni non monopolizzavano integralmente l’attività del compositore pronto ad adempire alle committenze in arrivo dai più dinamici teatri italiani, nei quali il genere più praticato, quello dell’opera seria, si stava aprendo in modo più convinto alle nuove sperimentazione preromantiche. Il maggior successo in tal senso è rappresentato da “Tebaldo e Isolina” andata in scena il 4 febbraio 1822 alla Fenice di Venezia e rivisto nel 1825 in occasione di una ripresa a Dresda. Quest’ultima versione, allestita a Bad Wildbad nel 2014, viene ora pubblicata nel segno della collaborazione tra il festival tedesco e la Naxos.
L’opera è pienamente in linea con il gusto dell’opera seria rossiniana, sia per la vocalità, che per l’orchestrazione, “rossiniana” anche per  l’uso di alcune soluzioni timbriche, come l’uso di strumenti solisti che introducono scene e concertano con le voci. L’opera al tempo ebbe enorme successo e alcune pagine entrarono stabilmente nel repertorio dei maggiori cantanti del tempo (ad esempio l’aria di Tebaldo dell’atto II “Caro suono lusinghiero”).

Riascoltata oggi l’opera è soprattutto una testimonianza di gusto. Di certo non gioca a suo favore il modesto libretto di Gaetano Rossi, una sorta di Romeo e Giulietta a lieto fine, in una Germania gotica di fantasia. Sul piano musicale opere come queste avrebbero più che mai bisogno di un’esecuzione musicale di altissimo livello, essendostrettamente legate alla vocalità e purtroppo da Bad Wildbad non si raggiunge tale livello.
Conoscitore attento e sensibile della scena musicale del tempo Antonino Fogliani fornisce una lettura precisa e puntuale, giustamente curata negli impasti timbrici che sono uno dei tratti più originali della partitura di Morlacchi. Fogliani sceglie un andamento dai ritmi vivaci e brillanti, rinuncia a cercare una profondità che la partitura non ha, esaltandone la carica di teatralit, forse epidermica ma sicuramente efficace. Presenze abituali del festival i Virtuosi Brunensis e la Camerata Bach Choir di  Poznań rispondono con puntuale professionismo alle richieste del direttore.
La compagnia di canto non è invece alterna. Emerge su tutti e da ogni punto di vista il Tebaldo di Laura Polverelli parte originariamente pensata per castrato – a Venezia il primo interprete fu Giovanni Battista Velluti – ma adattata a contralto nella versione di Dresda. La voce non è grande ma sorretta da una tecnica sicura, il coloro scuro si adatta perfettamente al ruolo e la lunga esperienza belcantista la fa emergere in colorature rapide e precise così che pagine di notevole qualità come “Si ravvisa in quel guerriero” risultano più che soddisfacenti. Il tenore Anicio Zorzi Giustiniani affronta il ruolo paterno e guerriero di Boemondo. La voce è chiara, luminosa, un po’ anonima ma nel complesso piacevole, la dizione nitida e l’accento curato. Manca però la dimensione eroica del personaggio, per la quale servirebbe una maggior caratura vocale, che il cantante non ha e che solo in parte può compensare con un accento scolpito essere compensato dal lavoro sull’accento.
Sandra Pastrana è Isolina. La cantante regge con buona sicurezza la tessitura e mostra buona facilità nel canto di coloratura. Le note più estreme del  registro acuto suonano un po’ vetrose, così come il fraseggio (impreciso e querulo nel “quasi parlato” della scena della lettera dell’atto II). Nel complesso una interpretazione complessivamente corretta. Modesto vocalmente l’Ermanno di Raúl Baglietto, il cui colore vocale è ben lontano da quello che dovrebbe essere un  “basso cantabile”. Corretti ma senza particolari slanci Gheorghe Vlad e Annalisa D’Agosto nei ruoli di  Geroldo e Clemenza.