Gundula Janowitz (Berlino, 2 agosto 1937)
Non sarò mai una Diva. “voglio essere la più grande interprete di Mozart “. Così ha dichiarato Gundula Janowitz a chi è riuscito a strapparle di bocca qualche dichiarazione su se stessa. Essere una grande cantante come vuole lei, senza diventare automaticamente una Diva, appare un compito difficile. Se Gundula ci riuscirà (ed è, a quanto pare, sullabuona strada) avrò ottenuto esattamente ciò che vuole. Dicono che da piccola avevo un carattere deciso, persino cocciuto, con tutti i lati positivi e negativi che ciò comporta. È nata Berlino, da madre tedesca e padre austriaco. Dopo la guerra la sua famiglia si stabilì a Graz, dove l’aspirante a ruolo di grande interprete di Mozart inizia gli studi classici e quelli musicali conservatorio regionale della Stiria sotto la guida di Thöny, che è stato il suo unico maestro. Rimasta presto orfana, nella necessità di procurarsi da vivere, avrebbe potuto facilmente scoraggiarsi dal perseguire una carriera, nella quale forse uno su mille riesce a combinare qualcosa. Ma Gundula non molla. “Sono nata per fare la cantante, voglio fare la cantante e la farò”. A stomaco vuoto però è difficile fare i vocalizzi, anche se si ha un carattere come il suo. La giovane e determinatissima studentessa risolvere il problema impiegandosi presso una casa editrice. Alla sua età generalmente non si ha l’ambizione di passare le giornate su una macchina da scrivere e le ore libere a studiare canto. Per Gundula Janowitz non c’è che un proposito: diventare una grande cantante.
La sua volontà è precisa non ammette deviazioni o compromessi. Nel suo repertorio, oltre al suo idolo, Mozart, i nomi di Haydn, di Beethoven, di Brahms e di pochi altri. Un repertorio che richiama più l’austerità delle sale di concerto, che le fantasiosiose luci delle ribalte operistiche. Insomma la Janowitz, con teutonica fermezza, ha scelto la via più difficile. Non stupisce; basta guardare i suoi occhi di una solidità quasi metallica, occhi bellissimi specialmente quando si aprono al sorriso; ma anche in questo caso dietro quella luminosità si legge la determinazione, l’assoluto controllo dei suoi sentimenti, l’irremovibilità. Una borsa di studio permise alla Janowitz di recarsi a Bayreuth, dove lo ascoltarono Herbert Von Karajan e Wieland Wagner. Nel 1959 Karajan le offreuna scrittura all’ Opera di Stato di Vienna e la prende sotto le sue ali.
Da questo momento comincia L’ascesa della Janowitz. Una lunga lista di date e di ruoli. Eccoci il 1964 punto la cantante è chiamata a ricoprire il ruolo dell’Imperatrice ne “La donna senz’ombra” di Richard Strauss alle “Festwochen” di Vienna è quello di Ilia nell’ Idomeno di Mozart al Festival di Glyndebourne. Puccini e Mascagni? Nel mondo musicale della nostra cantante si può dire che non esistano. Quando le chiedono un’opinione sul melodramma italiano, preferisce chiudersi in un “no comment”. Pensa a Mozart, è evidente che è fatta per il rigore musicale di certi autori del resto tutto si spiega quando chiarisce meglio il suo pensiero. Per lei il canto è un’espressione musicale pura, ragionata, a cui si arriva con lo studio; la voce non è che uno strumento. Il resto è, in un certo senso, un di più. Non si creda però che Gundula Janowitz non sappia stare sulla scena. Al contrario, la critica l’ha elogiata anche come “attrice” è evidente tuttavia, che per lei la partitura conta più del libretto. Recentemente ha cantato la parte di Sieglinde nella Walkiria la direzione di von Karajan, al festival di Pasqua di Salisburgo. Il repertorio concertistico di Gundula Janowitz è coerente a quello operistico: Haendel, Haydn, Mozart, Beethoven, Brahms e, occasionalmente, Berlioz.
Oggi, a trent’anni, Gundula Janowitz, sposata con un insegnante di musica all’Università di Graz, ha la stessa precisa ambizione di dieci anni fa: diventare la più grande interprete di Mozart; un’ambizione che, secondo Von Karajan ed altri, è sulla via di realizzarsi, senza il passaggio attraverso le forche caudine della popolarità divistica, accettando quelle, molto più strette e faticose, della dedizione assoluta allo studio, per un sempre maggiore perfezionamento stilistico. Ci sono stati grandi cantanti che non hanno disdegnato la popolarità, gli onori, le interviste, la pubblicità. Si potrebbe cominciare da Caruso, che amava essere portato in trionfo dopo gli spettacoli e arrivare alla Callas, sensibile all’utilità delle “pubbliche relazioni” senza per questo abdicare ai suoi meriti artistici o diminuirsi difronte i suoi ammiratori.
È questione di natura, determinata forse anche dalle origini. Berlino, dove è nata la Janowitz, è molto a nord rispetto a Roma, a Napoli o ad Atene; produce temperamenti diversi. Lei di interviste e fotografi non vuole neppure sentire l’odore, anche se ciò può rendere difficili i compiti dei “press agents” della sua casa discografica e dei suoi impresari. È un punto di vista che è tutta l’aria di essere sincero, perciò va rispettato, come la sua predilezione quasi settaria per i classici. Un critico ha scritto: “Per quale motivo una cantante così dotata per il repertorio classico dovrebbero disperdere le sue energie accettando ruoli che non sono fatti per lei? Sarebbe come chiedere al violinista David Oistrakh di mettersi a suonare la musica zigana “.
Forse il paragone non è del tutto calzante; e può darsi benissimo che un giorno Gundula si decida a includere nel suo repertorio stabile quei Mascagni e Puccini di cui oggi non vuole neppure parlare. Una grande cantante, in fondo, lo è già;ma si può essere grandi cantanti anche nei panni di Mimì. (da “La più grande cantante di Mozart” di Renzo Nissim, 1970)