Georg Friedrich Händel (1685 – 1759): “Rodelinda” (1726)

Opera in tre atti su libretto di Nicola Francesco Haym. Jeanine de Bique (Rodelinda), Tim Mead (Bertarido), Benjamin Hulett (Grimoaldo), Avery Amereau (Eduige), Jokub Józef Orliński (Unolfo), Andrea Mastroni (Garibaldo), Aminata Diouaré (Flavio).  Le Concert d’Astrée, Emmanuelle Haïm (direttore), Jean Bellorini (regia e scene), Macha Makaeieff (costumi). Registrazione: Opéra de Lille, 2018. 2 DVD ERATO

Rodelinda, regina dei longobardi” è uno dei titoli più sfuggenti e affascinanti del catalogo di Händel. Opera particolare, lontana da qualunque facile classificazione questo capolavoro della piana maturità händeliana – la composizione si data tra il 1725 e il 1726 – rappresenta una delle più raffinate e profonde indagini sull’animo umano e sui suoi grovigli realizzata dal teatro musicale non solo barocco in cui la vicenda – molto liberamente tratta da Paolo Diacono diventa elemento secondario rispetto allo scavo psicologico ed emotivo. Questa modernità drammaturgica unita a una qualità abbaglianta dell’invenzione musicale ha inevitabilmente acceso i riflettori su quest’opera specie da quanto si è riconosciuta l’inesauribile vivacità teatrale dell’opera barocca.
La videografia è però ancora limitata a in qualche modo ha subito l’effetto della strepitosa edizione di Glyndebourne del 1998 dominata da una Anna Caterina Antonacci capace di realizzare forse la più straordinaria costruzione di un personaggio händeliano che si sia vista in teatro.
Per quanto riuscita l’edizione inglese diretta di Christie si accoglie con molto piacere una nuova edizione capace di arricchire il catalogo di questa partitura. Registrata a Lille questa  edizione si impone per il particolare taglio registico. Jean Bellorini parte da un personaggio essenziale e tuttavia completamente muto, il piccolo Flavio figlio di Rodelinda e Bertarido e minacciato erede del trono longobardo. Il regista rilegge tutta la vicenda attraverso gli occhi del bambino il cui volto appare spesso proiettato a scrutare dall’alto le vicende degli adulti. Uno sguardo infantile che stravolge le prospettive – fuori misura come se l’occhio infantile non riuscisse a leggere la realtà nella sua realtà formale ma la ricostruisse nella propria scala – e rilegge come spettacoli di burattini i drammi che lo circondano. Le scene sono di rigoroso senso geometrico, di impeccabile eleganza nella loro sostanziale semplicità, i ricchi costumi (di Macha Makaeieff) definiscono un’ambientazione atemporale dove il XVIII secolo e la nostra contemporaneità si fondono e si integrano senza soluzione di continuità. La recitazione alterna astrazione e realismo e contribuisce alla riuscita di uno spettacolo d’impeccabile eleganza formale.
La parte orchestrale è affidata a Le Concert d’Astrée sotto la guida del loro direttore stabile Emmanuelle Haïm che fornisce una delle sue classiche direzioni händeliane caratterizzate da un andamento molto sostenuto con una ritmica brillante e contrastata e molto luminosa sul piano dei timbri e dei colori orchestrali.

Nel ruolo del titolo troviamo Jeanine de Bique. La giovane cantante caraibica – nativa di Trinidad – dispone di mezzi più che ragguardevoli. La voce è robusta e sonora e dall’ascolto discografico, sembra di ottima proiezione; la dizione è chiara, l’accento e il fraseggio autorevoli in linea con la lettura che la de Bique da del personaggio in cui l’austera fierezza della regina prevale sulle sofferenze materne. Se lo scavo interpretativo non raggiunge quello dell’Antonacci in questo ruolo, la nobiltà del gesto e l’innegabile fascino della cantante aiutano ulteriormente sul piano interpretativo. Un talento da seguire.
Al suo fianco il Bertarido di Tim Mead controtenore dalla voce chiara e morbida, dall’emissione dolcemente flautata. Voce  piacevole per timbro e coloro ma innegabilmente esile  Se emerge nei momenti più lirici e dolenti – anche in virtù di una musicalità impeccabile e di un accurato lavoro di fraseggio – quando si richieda però di accendere le polveri di “Vivi tiranno” queste risultino piuttosto bagnate. Sul piano scenico si apprezzano notevoli capacità attoriali.
Non ci sono invece perplessità per il Grimoaldo di Benjamin Hulett, tenore dalla voce squillante e ben proiettata, di una schiettezza e di una presenza che purtroppo raramente si ascoltano in questo repertorio.  Colpisce non solo la luminosità del timbro e la pulizia delle colorature ma la capacità di scavare ogni fibra di questo contradditorio tiranno, vittima delle sue stesse passioni e dei suoi tentennamenti fra furore e pentimento.
Altro talento in ascesa da seguire con attenzione Avery Amereau affronta Eduige con bella voce di contralto dai gravi particolarmente robusti e timbrati e con un temperamento di prim’ordine. Jokub Józef Orliński è un Unolfo di spontanea comunicativa. Voce agile e precisa, notevole comunicativa, innegabile presenza scenica. Tende forse a dare un ritratto fin troppo leggero di un personaggio sicuramente caratterizzato da melodie galanti ma non privo di una sua serietà di fondo. Andrea Mastroni si conferma come uno dei maggiori bassi händeliani del nostro tempo sfruttando con innegabile maestria il contrasto fra la nobiltà innata dell’accento e la viscida doppiezza del personaggio, reso ancor più pericoloso da questa allure di apparente rispettabilità.