Gioacchino Rossini (1792 – 1860): “Zelmira” (1822, versione di Parigi 1826)

Opera in due atti su libretto di Carlo Leone Tottola. Federico Sacchi (Polidoro), Silvia Dalla Benetta (Zelmira), Mert Süngü (Ilo), Joshua Stewart (Antenore), Marina Comparato (Emma), Luca Dall’Amico (Leucippo), Xiang Xu (Eacide), Emmanuel Franco (Gran sacerdote). Górecki Chamber Choir Kraków, Mateusz Prendota (Maestro del coro), Virtuosi Brunensis, Gianluigi Gelmetti (direttore). Registrazione: Trinkhalle, Bad Wildbad, 19, 20, 21 e 27 giugno 2017. 3 CD NAXOS 8.660468-70

Zelmira” ha rappresentato uno snodo fondamentale della carriera di Rossini, ultimo titolo della sfolgorante stagione napoletana e prima grande committenza internazionale rappresentando il debutto viennese il viatico per la futura affermazione parigina. La genesi dell’opera è esemplare di quella che era la vita teatrale del tempo. Il contratto firmato da Barbaja nel novembre del 1821 per una nuova opera di Rossini da allestire nella capitale imperiale mise il compositore quasi nella necessità di accettare il modesto libretto di Tottola – una sorta di sintesi di tutti i luoghi comuni del melodramma neoclassico – che segnava un netto regresso sul piano qualitativo rispetto ai recenti testi musicati per “Ermione” e “Otello” rispetto ai quali il nuovo sembrava una trasandata ripresa di stereotipi. Impegnato contemporaneamente anche per cantata celebrativa “La riconoscenza” a omaggio della famiglia reale partenopea Rossini fece di necessità virtù decidendo di sfruttare lo stesso titolo tanto per il nuovo impegno napoletano quanto per la tournée viennese che agli occhi dei partenopei sarebbe parsa un omaggio alla città. L’opera andò quindi in scena la prima volta il 16 febbraio 1822 sul palcoscenico del San Carlo per venir ripresa al Theater am Kärntnertor di Vienna il 13 aprile dello stesso anno.
La destinazione viennese è però più che palese nella stessa scrittura musicale di Rossini mai così attendo come in questo caso a far propri e a reinterpretare in chiave personale i moduli del classicismo viennese a cominciare da una pregnanza della scrittura orchestrale raramente attestata nelle coeve opere italiane. Per Rossini il classicismo viennese era sempre stato un modello ben presente – il soprannome di tedeschino che gli era sempre stato attribuito alludeva a questo aspetto – e l’occasione di conquistare la platea viennese era occasione da non perdere. L’opera ascoltata in aprile a Vienna fu la medesima andata in scena a Napoli con la sola aggiunta dell’aria di Emma “Ciel pietoso, ciel clemente”.
Maggiori furono le modifiche praticate in occasione della ripresa parigina del 1826. Nell’occasione l’ormai declinante Isabella Colbran venne sostituita da Giuditta Pasta. Il cambio di primadonna comportò notevoli variazioni specie nel finale con la drastica riduzione del rondò finale pensato sui mezzi della Colbran e l’introduzione di una estatica preghiera finalizzata ad esaltare le doti di cantabilità della nuova protagonista. Una valutazione a posteriori di queste variazioni deve constatare che nonostante il valore musicale della preghiera – musica di altissima ispirazione – l’insieme ne risulta molto indebolito soprattutto sul piano della conseguenzialità drammaturgica tanto da far preferire di gran lunga il ricorso al finale originale. E’ però buona cosa che nella peraltro esigua discografia di Zelmira trovi posto anche un’edizione con queste varianti.
Registata al Rossini in Wildbad 2017 questa nuova proposta Naxos trova la sua principale ragion d’essere nella direzione di Gianluigi Gelmetti. Il direttore romano ha sempre avuto un particolare legame con Rossini – come dimenticare la sua esecuzione pesarese de “La gazza ladra” – che qui conferma a pieno offrendo una direzione di irresistibile carica vitale, intensa e drammatica.  Perfetta la scansione ritmica così come impeccabile e la cura preziosa dei dettagli fusi però in un quadro d’insieme sempre perfettamente coerente. Personalmente la miglior direzione fra quelle ascoltate di quest’opera. Ottimamente guidati i Virtuosi Brunensis forniscono una delle migliori prove di quelle ascoltate nella loro abituale frequentazione del Festival di Wildbad così come molto positiva la prova del Górecki Chamber Choir.
Altalenante la prestazione del cast. Nel ruolo protagonistico Silvia Dalla Benetta poteva essere una buona scelta, non certo una vocalità di tipo Colbran ma un soprano robusto e dal settore medio-grave sicuro più adatto a una parte di questo tipo rispetto a soprani più lirici cui pure è stata affidata. Ad emergere sono proprio la robustezza del canto, l’ottima dizione e l’innegabile temperamento. Il colore vocalie  è un po’ anonimo, gli estremi acuti tesi e soprattutto manca la dolcezza e l’abbandono che in più punti Zelmira dovrebbe avere. Certo nei grandi momenti drammatici la personalità emerge ma nell’insieme ci si trova di fronte a una prestazione che non va oltre una corretta professionalità
L’elemento più debole del cast è Joshua Stewart. La parte di Antenore è uno di quei ruoli baritenorili che richiedono qualità immense nel reggere una tessitura amplissima e con richieste di accento e fraseggio da autentici fuoriclasse. Anche senza scomodare i paradigmi rappresentati da Merritt e Kunde non si può essere certo soddisfatti dalla prova del giovane tenore immaturo per la parte. Il materiale vocale è gradevole ma la scrittura è troppo impegnativa e il senso di fatica attraversa tutta l’opera e viene aggravato da una rivedibile saldatura tra i registri.
Molto meglio l’Ilo di Mert Süngü. Timbro piacevole e luminoso, ottima dizione, fraseggio curato e ammirevole nel canto di coloratura. La parte scritta per David è estrema e un senso di difficoltà si coglie nelle zone più acute  di una tessitura quasi proibitiva, Nel complesso un’ottima prova. Musicalissima e di impeccabile eleganza l’Emma di Marina Comparato che cesella con bella linea di canto  la parte comprensiva dell’aria viennese “Ciel pietoso, Ciel clemente” e riesce nel non facile intento di dare una personalità a un personaggio alquanto convenzionale. Validi i due bassi. Federico Sacchi è un Polidoro sobrio e dolente, ben cantato e di buone qualità vocali. Luca dall’Amico è un giovane di sicuro avvenire e oltre a cantare in modo più che apprezzabile riesce a cogliere tutta la perfida doppiezza di Leucippo che è per molti aspetti il vero Jago rossiniano.
Funzionali le parti di fianco e molto pulita la registrazione dal vivo.