Francesco Cilea (1866-1950): “Adriana Lecouvreur” (1902)

Opera in quattro atti su libretto di Arturo Colautti, tratto dall’omonimo dramma di Eugène Scribe ed Ernest Legouvè. Prima rappresentazione: Milano, Teatro Lirico, 6 novembre 1902.
La protagonista di questo opere di Francesco Cilea, Adriana Lecouvreur, si collega a una figura storica; fu, infatti, una famosa attrice drammatica francese vissuta dal 1692 al 1730, che legò la sua massima celebrità alle opere di Racine, Corneille, Voltaire, il suo nome era Adrienne Le Couvreur. Una vita tumultuosa con vicende amorose che toccarono per così dire il culmine allorché l’attrice si innamorò perdutamente del Maresciallo di Francia (Maurice de Saxe), conclusasi tragicamente con una morte che, avvenuta in circostanze non chiare, fo attribuita a un avvelenamento. Supposizioni, peraltro non accertate, indicarono come responsabili gli intrighi di gelosia e di rivalità in cui Adrienne si trova implicata e dai quali non seppe – forse a causa del suo temperamento appassionato – liberarsi. Fra gli altri scrittori francesi che si ispirarono, nel periodo romantico, all’infelice Adrienne spiccarono Eugène Scribe e Ernest Legouvè, i quali crearono un  dramma in cinque atti, rappresentato per la prima volta a Parigi nell’aprile 1849.

Il librettista di Francesco Cilea fu Arturo Colautti il quale ridusse il dramma francese in quattro atti, adattandolo alla rappresentazione musicale della vicenda. Fu lo stesso Cilea a soffermarsi con interesse sul lavoro dei due autori francesi: l’opera andò in scena, con esito trionfale, il 6 novembre 1902 al Teatro Lirico di Milano. Così ne scrive il musicologo Guido Pannain: “Adriana Lecouvreur è l’opera di Francesco Cilea  meglio di tutte legate al suo nome e al suo carattere nel teatro d’opera e coniò personaggi a immagine e a somiglianza di esso, a cui rispondeva in realtà il suo temperamento “. E oltre:“l’interesse dell’opera sta principalmente nella figura della protagonista che vi appare vibrante di sentimento e di passione. Nel suo canto si concentrano, dal principio alla fine i suoi affetti; la sua vita intima si espande con calore di melodia. Fino dal suo apparire  in scena con la sua celebre aria “Io solo l’umile ancella” che è come la sua carta da visita “. Tra le altre pagine memorabili della partitura, citiamo le due arie di Maurizio “La dolcissima effigie” e “L’anima ho stanca”; inoltre, momento di altissimo nell’opera, la dolente aria di Adriana, nell’ultimo atto, “Poveri fiori”, in cui Cilea profuse quei doni di magistrale eleganza, di tenera grazie, qualità dominanti della sua vena musicale.