Giuseppe Verdi (1813-1901): “la forza del destino” (1862)

Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave, tratto dal dramma “Don Alvaro o la fuerza del sino” di Angel de Saavedra duca di Rivas e, per una scena, dal dramma “Wallenstein Lager” di Friedrich Schiller. Prima rappresentazione: San Pietroburgo, 10 novembre 1862.
Primi interpreti: Caroline Barbot (Leonora), Constance Nantier-Didiée (Preziosilla), Enrico Tamberlick (Don Alvaro), Francesco Graziani (Don Carlo), Gian Francesco Angelini (Padre Guardiano) Achille De Bassini (Fra Melitone).

Siamo nel gennaio del 1861: da due anni Verdi non compone, ritenendo ormai conclusa la sua carriera di compositore: “Spero di aver dato un addio alle muse e desidero non mi venga la tentazione di prendere la penna di nuovo” ha scritto a Piave nel settembre 1859, qualche mese dopo la prima di Un ballo in maschera. Nel frattempo, il 29 agosto, in una chiesetta dell’Alta Savoia sposa Giuseppina Strepponi e nei due anni successivi Verdi non rimane certo tranquillo: viaggia, si dedica alla campagna, ai lavori di ampliamento della villa di Sant’Agata e assiste ai grandi mutamenti storico-politici: l’Italia, tranne Venezia e Roma, è finalmente unità.
Cavour, il principale artefice con Garibaldi del processo di unificazione, si rivolge a Verdi perché entri a far parte del primo Parlamento nazionale. Verdi cerca in ogni maniera di rifiutare, ma si vede costretto a cedere alle personali sollecitazioni di Cavour. Il Maestro viene eletto e nel mese di febbraio parte con Giuseppina per Torino, dove, il 18 febbraio 1861, si inaugura il primo Parlamento italiano. Verdi vi resterà fino alla scadenza del suo mandato, nel 1865.
Contemporaneamente gli giunge dalla Russia una lettera del tenore Enrico Tamberlick: a nome della direzione del teatro imperiale egli invita il Maestro, che accetta. L’offerta è molto prestigiosa, sia dal punto di vista artistico e che da quello economico. Dopo aver preso in considerazione il Ruy Blas di Victor Hugo, la scelta si sposta al dramma di Angel de Saavedra, duca di Rivas, La forza del destino. Il libretto è affidato a Piave, con il quale Verdi comincia a battagliare e a tiranneggiare, chiedendo, lamentandosi di questo e quel verso, esattamente come è sua consuetudine. Nell’estate del 1861 l’opera è finalmente composta e a novembre egli parte con Giuseppina Strepponi per la Russia. Vi rimarranno tre mesi, senza che l’opera vado in scena: si è ammalato il soprano, perciò tutto viene rimandato all’autunno seguente.
Se arriva così al 1862. Verdi nel frattempo, continua a lavorare all’orchestrazione e il 10 novembre La forza del destino va definitivamente in scena. Il successo è caloroso e nulla più. Per qualche anno viene rappresentata nei teatri di Madrid, Roma, Reggio Emilia, New York, Vienna e Buenos Aires, senza però sollevare particolare entusiasmo. La forza del destino stenta a decollare, così Verdi, che già nutre delle forti perplessità sul finale che, fedele al dramma di Rivas, si conclude con il suicidio di Alvaro, decide di approntare alcune varianti. La cosa sembra già fatta, ma in realtà si andrà al 1869 prima che La forza del destino assuma la sua forma definitiva. Nel frattempo c’è stata la altrettanto dura gestazione del Don Carlos, andato in scena nel 1867 e in aggiunta, nel dicembre di quello stesso anno, il povero Piave viene colpito da paralisi che lo costringe in un letto fino alla morte, nel 1876.
Pressato da Ricordi, che vuole riportare Verdi alla Scala, teatro dal quale manca da oltre vent’anni, il compositore, con l’aiuto di Antonio Ghislanzoni, arriva a formulare un nuovo finale ispirato a una cristiana rassegnazione. Non cambia però solo il finale: il Preludio diventa una Sinfonia, nel terzo atto viene aggiunto il coro della “Ronda” e tutto è successivo duetto tra Alvaro e Carlo, che nella versione di San Pietroburgo chiude l’atto, cambia di posizione; a chiudere l’atto è il coro del “Rrataplan”. Non mancano poi alcuni ritocchi al duetto tra Leonora e Alvaro (atto primo), al duetto tra Leonora il Padre guardiano (atto secondo) alle strofe di Preziosilla (atto terzo) e all’aria Buffa di Fra Melitone (atto terzo).
La nuova versione della Forza del destino va in scena alla scala Il 27 febbraio 1869. Il  successo ai trionfale e così, oltre a riconciliare Verdi con il teatro milanese, questo “romanzo in musica”, animato da personaggi e situazioni così volutamente contrastanti, dove il tragico e il comico si affiancano, così come il religioso all’umorismo e il profano al grottesco, entra a pieno diritto tra i capolavori verdiani, anche se ancora oggi questa opera non manca di dividere gli appassionati e i critici.