Ludwig van Beethoven (Bonn 1770 – Vienna 1827)
Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore op.16
Grave. Allegro ma non troppo-Andante cantabile (si bemolle maggiore)-Rondò. Allegro ma non troppo
Composto tra il 1794 e il 1797 ed eseguito per la prima volta il 6 aprile del 1797 nel quadro di una delle «Accademie» organizzate da Ignazio Schuppanzig ma pubblicato nel 1801 con la dedica al Principe Schwarzenberg, il Quintetto per pianoforte e fiati in mi bemolle maggiore op.16 costituisce l’apice e il capolavoro della prima fase creativa di Beethoven. Sebbene pubblicato nel 1801, dopo la composizione della Prima sinfonia e del Settimino, autentici lavori di svolta nell’evoluzione della scrittura beethoveniana, il Quintetto chiude mirabilmente la prima fase creativa nella quale possono essere riscontrati evidenti debiti nei confronti di Mozart, qui costituiti dai temi fondamentali dei tre movimenti che ricordano quelli di alcune arie di Mozart.
Aperto da un’introduzione (Grave) di carattere serioso, il primo movimento si articola in un Allegro in forma-sonata il cui tema iniziale presenta analogie con l’aria “Dies Bildniss ist bedauernd schön” di Tamino del Flauto magico, mentre una tenera cantabilità contraddistingue il secondo movimento, Andante, il cui tema presenta evidenti affinità con l’aria di Zerlina “Batti batti bel Masetto” del Don Giovanni di Mozart. L’ultimo movimento è, infine, un brillante Rondò il cui tema del ritornello ricorda l’aria di “Papageno Ein Mädchen oder Weibchen” del Flauto magico.
Di questo suo lavoro, al quale Beethoven fu particolarmente legato tanto da suonarlo spesso, il compositore fece anche una versione per Quartetto con pianoforte e archi.