MIlano, Teatro alla Scala. Recital di Ludovic Tézier

Milano, Teatro alla Scala, concerti di canto 2021
Ludovic Tézier (Baritono)
Thuy-Anh Vuong (pianoforte).
Franz Schubert: “An die Musik” op. 88 n. 4 D 547, “Meeresstille” D215a; Robert Schumann: “Dichterliebe” op. 48 “Hör ich das Liedchen klingen”, “Schwanengesang” D 957 “Ständchen”; Gabriel Fauré: “L’horizon chimérique” op. 118; Henry Duparc: “L’invitation au voyage”; Gabriel Fauré: “Les berceaux” op. 23 n. 1; Jacques Ibert: “Quatre Chansons de Don Quichotte”; Jacques Offenbach: “Scintille diamant” (“Les contes d’Hoffmann); Pëtr Il’ič Čajkovskij: “Javas ljublju” (“Pikovaja dama”); Giuseppe Verdi: “Cortigiani, vil razza dannata” (“Rigoletto”); Umberto Giordano: “Nemico della patria” (“Andrea Chenier”); Richard Strauss: “Zueignung”, Richard Wagner: ““Wie Todesahnung… O, du mein holder Abendstern” (“Tannhauser”).
Milano, Teatro alla Scala, 07 marzo 2021 (in streaming)
La stagione scaligera dei concerti di canto procede con un’intensa serata che vede protagonista il baritono francese Ludovic Tézier accompagnato al pianoforte da Thuy-Anh Vuong e impegnato in un programma particolarmente ricco e vario.
Il recital si divide in due parti distinte: la prima dedicata alla musica da camera  (a sua volta divisa in una parte tedesca e francese), la seconda operistica. Tézier è sicuramente uno dei cantanti più interessanti della scena lirica attuale, forse il miglior interprete della tradizione del baritono nobile francese: un canto aristocratico e raffinato e da una impeccabile tecnica vocale. Altro asso nella manica del cantante è la chiarezza della dizione,  che in un recital come questo risulta particolarmente evidente.
La parte liederistica è forse poco originale anche se di piacevole ascolto. Due brani di Schubert (“An die Musik” e “Meeresstille”) e di Schumann (“Hör ich das Liedchen klingen” e “Ständchen”). Tézier mostra subito la grande sensibilità nel valorizzare la fusione tra testo e musica,  in una visione che se forse manca dell’analiticità dei grandi interpreti tedeschi, ma affascina per l’unità e la pienezza del canto. Più che in  Schubert – pur ben cantati – ci è parso convincente in  Schumann,  più drammatico e vocalmente più ricco. Evidente l’impeccabile controllo del  fiato – vedi certe prese di voce di “Ständchen”.
Più originale è interessante le sezione francese. Quasi impossibile pensare a una maggior affinità emotiva oltre che stilistica di quella mostrata da Tézier. Si parte con  quattro romanze marine de “L’horizon chimérique” di Gabriel Fauré su testi di Jean de la Ville de Mirmont. Tézier coglie alla perfezione il carattere nostalgico della composizione, le atmosfere marine puramente vagheggiate,  intrise di una nostalgia quasi proustiana.
L’abbandono narcotico ed estetizzante domina invece “L’invitation au voyage” su uno dei testi più noti e amati di Baudelaire.  L’esecuzione di Tézier è raffinatamente cesellata, culminante nell’abbandono a fior di labbro di quel “Luxe, calme et volupté” sintesi di una estetica francese destinata a durare fino a Matisse.
Dopo un ulteriore lirica di Fauré (La “Les berceaux”) segue il ciclo dedicato da Ibert a Don Quiscotte. Quattro mélodies dai tocchi spagnoleschi e dalla forte carica teatrale che Tézier evidenzia in tutte le componenti. Autentica commozione nell’ultimo brano, dedicato alla morte dell’eroe e al suo ultimo commiato a Sancho.
La teatralità del ciclo di Ibert introduce alla seconda parte melodrammatica. Dopo un luminoso “Scintille diamant” da “Les Contes d’Hoffmann” chiuso dalla squillante puntatura di tradizione, Tézier ha ffrontato “Javas ljublju” dalla “Pikovaja dama” di Pëtr Il’ič Čajkovskij. La voce di Tézier ha una robustezza e un colore brunito che non gli permettono forse di cogliere il carattere luminoso di quest’aria. La linea di canto e la musicalità sono impeccabili e l’intensità lirica di grande rilievo.
Rigoletto non è tra i ruoli affrontati più di frequente da Tézier, in sed di concerto ne da una lettura particolarmente centrata: è un  Rigoletto che rinuncia ad ogni effettismo, tutto concentrato sul dettato musicale,  ma non per questo meno intenso. Non manca lo scatto ferino di “Cortigiani…” ma è soprattutto nella parte cantabile che la pienezza della voce e l’intensità dell’accento di Tézier si esprimono  al meglio.
Caratteristiche che ritroviamo in “Nemico della patria”, rigoroso, pulito, senza eccessi,  ma proprio per questo intenso,  con la grande espansione che suona (in questi tempi così oscuri)come un augurio di speranza.
Terminata la già impegnativa parte ufficiale, Tézier ha concesso due bis per il pubblico virtuale. Dopo il lied “Zueignung” di Richard Strauss – uno dei cavalli di battaglia del cantante “Wie Todesahnung… O, du mein holder Abendstern” dal III atto del “Tannhauser” wagneriano. Si nota qualche segno di stanchezza ( non sempre pulitissime le discese nel settore grave) ma nulla toglie a un canto così nobilmente elegante e a un così intenso senso lirico.