Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791): Sinfonia n. 40 in sol minore K. 550

Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 1756 – Vienna, 1791)
Sinfonia n. 40 in sol minore K. 550
Allegro molto-Andante-Menuetto (Allegretto)-Finale (Allegro assai)
Considerata, insieme alla Quinta di Beethoven, la sinfonia per antonomasia, la Sinfonia n. 40 in sol minore K. 550, è uno dei capolavori giustamente più famosi, in questo genere, di Mozart che, dopo il clamoroso quanto inatteso insuccesso della prima rappresentazione viennese del Don Giovanni avvenuta, per esplicita volontà dell’imperatore Giuseppe II, il 7 maggio 1788 al Burgtheater, nell’estate dello stesso anno diede vita alle tre più importanti sinfonie della sua fulgida carriera di compositore. Il 1788, però, non fu un anno facile per Mozart che, nonostante i 225 fiorini percepiti per la rappresentazione a Vienna del Don Giovanni, visse un periodo di ristrettezze economiche di cui si lamentò in alcune lettere indirizzate a Puchberg nei mesi da giugno a luglio.
L’ulteriore peggioramento della già difficile situazione economica costrinse Mozart ad intensificare la sua attività con la composizione di nuovi brani destinati o all’insegnamento o ad occasioni contingenti. Molto probabilmente anche queste tre sinfonie furono scritte da Mozart per alcuni concerti per sottoscrizione che dovevano tenersi a giugno, ma che non ebbero mai luogo. Nonostante tutto la creatività di Mozart viveva un periodo di grande fervore, dimostrato dalle date di composizione dei tre lavori sinfonici che furono completati nell’ordine: la Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore K. 543, il 26 giugno, la Sinfonia in sol minore, appena un mese dopo, il 25 luglio 1788, e l’ultima, la Jupiter il 10 agosto.
La Sinfonia in sol minore costituisce un’eccezione nella pur vasta produzione di Mozart, in quanto, tra  le sue 75 sinfonie, presenta una tonalità d’impianto di sol minore che si riscontra solo in un’altra la K. 183. La tonalità di sol minore era stata preferita in alcune opere, generalmente ascritte dalla critica alla grande corrente filosofica, ma anche letteraria e musicale dello Sturm und Drang, di alcuni importanti compositori, tra cui Haydn, che l’aveva scelta per la sua Sinfonia n. 39, e Johann Christian Bach, che non aveva esitato ad utilizzarla nella sua Op. 6 n. 6. Con le suddette sinfonie e con la giovanile K. 183 questo capolavoro mozartiano, eccezion fatta per la tonalità, presenta ben poche analogie, in quanto in essa il vago clima di protesta contro lo stile galante ed il razionalismo settececentesco è sostituito da un’atmosfera tragica e angosciosa che anticipa con maggiore forza il Romanticismo. Non a caso la Sinfonia godette di un grande successo per tutto l’Ottocento e, mai eseguita quando Mozart era ancora in vita, conobbe la prima edizione a stampa, curata dalla Casa Editrice Cianchettini & Sperati di Londra, soltanto nel 1810, quasi vent’anni dopo la morte del Salisburghese. Oltre alla sua vicinanza alla temperie spirituale spiccatamente preromantica la sinfonia presenta un altro elemento sorprendente, la scelta di un organico ridotto per l’eliminazione dei timpani e delle trombe e, nella prima versione dell’opera, anche dei clarinetti.

Il primo movimento, Allegro molto, si apre con il celebre e, per certi aspetti, romantico motivo di tre suoni che, grazie all’appoggiatura della quinta dell’accordo tonale di sol minore, presenta un carattere affannoso e, al tempo stesso, martellante. L’armonia, inoltre, che risiede sullo stesso accordo per quattro misure, dà l’impressione di uno stato di angoscia permanente destinato a non acquietarsi mai. Non a caso il tema iniziale è ripetuto anche dopo la sua conclusione, estremamente preromantica nell’accordo di settima diminuita, che i compositori dell’Ottocento avrebbero eletto a preferito per rappresentare i momenti di ansia ed angoscia. Non contribuisce a dare maggiore serenità nemmeno il secondo tema che, pur essendo, secondo le regole, in si bemolle maggiore, presenta un forte cromatismo discendente idoneo ad esprimere, ancora una volta, una forma sofferta di angoscia. Il secondo movimento, Andante, presenta, pur nell’andamento ritmico cullante di siciliana, un carattere enigmatico suscettibile di interpretazioni diverse; l’arcaismo di alcuni passi violinistici ha fatto pensare, infatti, ad una ripresa di elementi tipici della cultura musicale del Rococò, mentre la struttura armonica tormentata, in alcuni momenti come nella parte iniziale dello sviluppo dove gioca sull’accordo di dominante senza risolvere sulla tonica, sembra far pensare ad un clima preromantico. Dal punto di vista formale l’Andante segue la struttura della forma-sonata con una sezione di sviluppo molto elaborata. Un classico Minuetto costituisce il terzo movimento, nel quale Mozart ritorna al clima teso del primo con l’angoscioso sincopato e con quello che Luigi Della Croce, nel suo saggio, Le 75 sinfonie di Mozart, ha definito il simbolo del dolore espresso nelle note staccate. Il Trio sembra una parodia della musica di Haydn nel carattere cantilenante del tema degli archi chiuso con un disegno in crome tipico della musica del compositore di Rohrau. Il Finale (Allegro assai) si apre con un energico tema arpeggiato che contrasta con il secondo, delicato e cantabile, esposto inizialmente dagli archi per essere ripreso dai fiati. Lo sviluppo si apre con otto battute che Glenn Gould, nel suo saggio L’ala del turbine intelligente (Milano, Adelphi, 1993), ha definito:
“memorabili – la serie di seste discendenti non accompagnate che viene subito dopo la sbarra del finale, il punto in cui Mozart tende la mano allo spirito di Anton Webern – isolate in una mezz’ora di banalità”.
Ammettendo pure che Mozart tenda la mano allo spirito di Webern e non il contrario, non possiamo certo condividere il giudizio del celebre pianista e compositore canadese, in quanto la Sinfonia in sol minore è un autentico capolavoro a cui pubblico e critica hanno giustamente tributato sempre unanimi consensi.