Johannes Brahms (1833 – 1897): Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73

Sinfonia n. 2 in re maggiore op. 73
Allegro non troppo-Adagio non troppo-Allegretto grazioso (quasi andantino), Presto ma non assai, Tempo I, Presto ma non assai, Tempo I-Allegro con spirito
Contrariamente a quanto era avvenuto per la Prima sinfonia, completata dopo una ventennale gestazione caratterizzata da dubbi e ripensamenti, tipici del carattere di Brahms, la Seconda sinfonia fu composta in brevissimo tempo; iniziata, infatti, nell’estate del 1877 mentre il compositore era in vacanza a Pörtschach presso il lago di Worth in Carinzia, fu ultimata in autunno a Lichtental presso Baden-Baden dove ogni anno egli andava a trovare l’amica Clara Schumann la quale, dopo aver ascoltato il primo tempo di questo nuovo lavoro, scrisse nel suo diario:
“Johannes è venuto questa sera a casa mia a farmi ascoltare il primo tempo della sua nuova opera. […] Avrà maggior successo con questa Sinfonia che con la Prima: ha un tono amabile e al tempo stesso genialmente elaborato.”
Contrastante e bizzarro, come sempre, fu, invece, il parere di Brahms che, ironizzando, scrisse, nel mese di novembre 1877, all’editore Simrock:
“La mia nuova Sinfonia è così malinconica che difficilmente riuscirà a sopportarla. Non ho mai scritto nulla di così triste, per cui penso che la partitura dovrà essere listata a lutto”,
e ad Elisabeth von Herzogenberg scrisse con la stessa macabra ironia:
Gli orchestrali dovranno suonare con un nastro nero attorno al braccio”.
Di diverso contenuto fu la lettera mandata al critico musicale austriaco e suo sostenitore Eduard Hanslick nella quale si legge:
“Quando Le farò ascoltare la Sinfonia, la troverà così gaia ed amabile da pensare che l’abbia scritta apposta per Lei, o meglio per la sua giovane moglie”.
Pareri altrettanto contrastanti suscitò l’esecuzione di questa Seconda sinfonia, infatti, quando il 30 dicembre 1877 fu eseguita a Vienna sotto la direzione di Hans Richter, l’accoglienza del pubblico e della critica fu superiore a quella attribuita alla Prima sinfonia; i Viennesi, incantati dalla genuinità e dalla freschezza di questo lavoro, lo chiamarono viennese ritenendolo ispirato dal fascino della città. Rostand, uno dei più importanti biografi di Brahms, così si espresse:
“I Viennesi giocavano su una frase di Brahms, il quale aveva affermato che la Seconda non era altro che una raccolta di valzer (due movimenti sono in effetti in 3/4 come i valzer)”.
Secondo alcuni critici viennesi la seconda sinfonia era piaciuta perché Brahms aveva evitato di entrare in gara con Beethoven ed anzi alcuni l’avevano definita mozartiana per la sua orchestrazione trasparente, mentre altri l’ultima sinfonia di Schubert. Infine altri critici la definirono pastorale per la sua genuinità. D’altra parte lo stesso Brahms l’aveva chiamata piccola sinfonia gaia ed innocente e aveva raccomandato agli orchestrali viennesi:
“Per un mese prima non suonate altro che Berlioz, Liszt e Wagner; solo così capirete la sua tenera gaiezza”.
La mancanza dell’influenza beethoveniana, tuttavia, causò la bocciatura della sinfonia alcuni giorni dopo quando il 10 gennaio 1878 fu eseguita al Gewandhaus di Lipsia, in quanto furono delusi nelle loro aspettative il pubblico e i critici che avevano accolto trionfalmente il compositore dopo il successo della Prima sinfonia. Dörffel, critico di «Leipziger Nachrichten», sempre favorevole a Brahms, non poté nascondere la sua delusione scrivendo:
“I Viennesi danno prova di essere molto meno esigenti di noi. Quello che vogliamo da Brahms è un’altra cosa; quando si presenta davanti a noi in veste di sinfonista esigiamo che la sua musica sia qualcosa di più che bella o bellissima. Non che noi si ricusi da Brahms qualcosa di piacevole, né intendiamo sdegnare le immagini della vita reale che egli vorrà offrirci. Vogliamo però vederlo sempre nella pienezza del suo genio, sia che si manifesti alla sua maniera o in quella di Beethoven”.
L’insuccesso suscitò una certa amarezza nel compositore che confidò all’editore Simrock:
“Mi ha colto di sorpresa il fiasco di Lipsia ma penso che la colpa non sia del lavoro. Se crede, cambierò il primo tempo. Mi dica lei se dovrà essere in maggiore o in minore…”
In realtà Brahms non modificò niente e per tutto il 1878 la sinfonia, diretta da vari maestri, passò di successo in successo sia in alcune città della Germania che in Olanda, eccezion fatta per due fiaschi a Dresda e a Monaco dove fu diretta da Hermann Levi, ma fu importante soprattutto il successo ottenuto a Düsseldorf per il  Festival del Reno tenutosi tra la fine di maggio e i primi giorni di giugno. In quell’occasione sul giornale locale si lesse:
“L’esecuzione della Seconda Sinfonia di Brahms, diretta da Joachim è stata una festa di quelle che si vedono raramente. Il pubblico ha dimostrato il suo entusiasmo dopo ogni movimento ed ha preteso che il terzo fosse bissato”.
Sembra che Brahms avesse profetizzato questo trionfo quando aveva affermato: questo Allegretto ha il bis in tasca. Il successo fu altrettanto strepitoso quando la sinfonia fu eseguita ad Amburgo sotto la direzione dello stesso compositore come scrisse il critico del giornale locale:
“Brahms ha diretto la sua nuova Sinfonia nella città natale, davanti a parecchie migliaia di persone e a illustri personalità musicali venute da ogni parte. La grandezza della composizione e il rigore della sua esecuzione hanno portato il pubblico ad un vero entusiasmo”.
In questa Sinfonia, insieme all’influenza del valzer viennese, si afferma una cantabilità di ascendenza liederistica particolarmente evidente nel primo movimento, Allegro non troppo, dove la dialettica drammatica, tipica del bitematismo della forma-sonata, è sostituita da un’atmosfera di grande lirismo. Già il primo tema, introdotto dai violoncelli e dai contrabbassi e affidato ai corni, si snoda con una grande intensità lirica che sembra trarre origine da un romanticismo meridionale; quest’atmosfera è confermata dal secondo tema, esposto dalle viole e dai violoncelli, di carattere cantabile e trasognato. Tutto il movimento è, in realtà, dominato da una certa cantabilità che si afferma anche nello sviluppo dove l’orchestra. raramente utilizzata a pieno organico, cede il posto agli strumentini che danno vita a delicate e piacevoli danze.
Il carattere cantabile domina anche il secondo movimento, Adagio ma non troppo, diviso in tre sezioni basate sulla tecnica della variazione. Molto bello è il tema iniziale, strutturato con la sovrapposizione contrappuntistica di due linee melodiche dei quali il primo, esposto dai fiati, è sereno e tranquillo, mentre il secondo, affidato ai violini, è più lirico ed espressivo. A questa sezione, nella quale sono presenti maggiormente drammatici, segue una coda che conclude il movimento con lo stesso tono pacato dell’inizio.
Nel terzo movimento, Allegretto grazioso, che, dal punto di vista formale, ricorda allo stesso tempo uno Scherzo con due trii o un Rondò, si afferma un carattere danzante soprattutto nel tema iniziale esposto dagli strumentini; due episodi, più vivi e pulsanti dal punto di vista ritmico, in andamento Presto non assai, separano il ritorno di questa danza serena.
Estremamente sereno e pieno di fiducia e di ottimismo, al punto da fare affermare a Clara Schumann che sembrava scritto per due giovani sposi, è, infine, il quarto movimento, Allegro con spirito che presenta una struttura formale insolita, in quanto l’esposizione bitematica riconduce alla forma-sonata, mentre lo sviluppo tradizionale è sostituito da un breve episodio di carattere lirico. La ripresa presenta, infine, un carattere conciso di ascendenza mozartiana, come, del resto, la coda dove risalta un’esplosione della fanfara sulle note del secondo tema.