Dino Ciani (1941 – 1974): “L’erede di Cortot”

Dino Ciani (Fiume, 16 giugno 1941 – Roma, 27 marzo 1974)
Nato a Fiume nel 1941, Ciani trascorre l’infanzia e la prima giovinezza a Genova. Una famiglia, la sua, priva di tradizioni musicali, con un padre agente marittimo che un giorno porto in casa un piccolo pianoforte come un oggetto decorativo. Ciani aveva quel tempo cinque  o sei anni; incomincia a strimpellare, ma si accorge che con quel  giocattolo si crea un’intesa singolare. Ottiene dai genitori il  permesso di studiare musica, a patto che non trascuri la scuola. La  maestra da cui impara il pianoforte si chiama Marta Del Vecchio. Sposata, separata dal marito, piccola di statura, magrissima, elettrica, scopre subito che il suo nuovo allievo ha talento. Lo porterà a un diploma con dieci e lode, che per un privatista è un traguardo raro.
Lei stessa gli consiglia di perfezionarsi con Alfred Cortot. Quando si recò la prima volta dal grande pianista francese, Ciani aveva le spalle un’esile carriera. “Nel mio primo concerto a Rapallo”, racconta il pianista, “suonai con una gran paura in corpo e, credo piuttosto male”. Il  successo però non mancò, merito anche dei toccanti sedici anni. In altre città di provincia, Ivrea, Varese, Pesaro, gli applausi del pubblico si fecero sempre più fervidi. Si commuove quando parla di Cortot. Dopo aver ascoltato da bambino i preludi di Chopin eseguiti in un disco dal grande artista francese, Ciani prese a idolatrare Cortot. Nel  1957 si recò a Losanna a chiedergli lezioni. Incappo sfortunatamente in una brutta giornata. Cortot, nervosissimo, lo liquido con freddezza. In seguito, Ciani riuscì a espugnarlo con un’audizione, in cui eseguì le celebri Variazioni Diabelli di Beethoven. Cortot ascoltò con attenzione quello sbarbatello, che suonava con l’impegno una delle pagine più geniali dell’ultimo Beethoven, in cui gioco di abilità tocca la sfera di un’altissima poesia. Annotò il suo  giudizio nel diario personale: solo recentemente ha scoperto quello che Cortot aveva scritto di lui: “Ciani è un ragazzo predestinato, un altro Rimbaud, uno fra quelli che faranno vivere la musica nei prossimi anni”.

Lo studio con Cortot durò tre anni, dal 1958 al 1961. Ciani andava a casa del maestro a Losanna, a Siena, a Parigi, e le lezioni duravano talvolta dalle tre del pomeriggio alle otto di sera. Spesso, invece di studiare alla tastiera, maestro e allievo passavano ore a sfogliare i manoscritti musicali, confrontando le correzioni autografe, magari di un trio di Schumann, con le versioni delle prime stampe. Finché un argomento non era esaurito, il vecchio maestro non si arrendeva, prodigo del suo tempo come ne avesse ancora molto avanti a sé. Ciani presi l’abitudine di passare due mesi all’anno a Losanna. Sceglieva Il repertorio con il suo illustre mentore, poi tornava a Genova a studiare. Nel 1961, contro il parere di Cortot, si presentò  candidato al concorso di Budapest, una delle competizioni più ardue
Sette valigie
Arrivò in Ungheria senza un briciolo di spirito agonistico: aveva in tasca, oltretutto, la maturità classica e in famiglia lo incitavano a imitare il fratello, a iscriversi all’università. Si trovò a dover combattere contro sessanta concorrenti di ventidue Nazioni, i quali avevano tutti ben altre esperienze artistiche. Riuscì a portarsi via il secondo premio con una esecuzione del Totentanz di Liszt che colpì la giuria: era la prima volta in vita sua che si provava a suonare con l’orchestra. Vinse ventimila Fiorini, ma pichè non era valuta trasferibile, decise di comprarsi sul posto libri di musica. Partito dall’Italia con due valigie, vi ritorno con sette, cinque delle quali piene zeppe di spartiti e partiture. In Ungheria, subito dopo il concorso, gli avevano offerto alcuni concerti e Ciani era diventato famoso con i “Giochi d’acqua a Villa d’Este”, di Liszt. “Per quei paesi”, racconta il pianista “ero un po’ come Magaloff quando esegue La Campanella”. Il pubblico addirittura pretendeva il pezzo, tanto che a un certo momento Ciani giurò a se stesso di eliminarlo dal suo repertorio. Quando venne il momento di suonare a Budapest, scelse con cura titoli impegnativi, in cui figurava tra l’altro la Sonata 111 di Beethoven. Gli organizzatori del concerto tuttavia ebbero a che ridire: e i “Giochi d’acqua”? Il pianista, a malincuore, fu costretto a cambiare il programma. Bartók, Chopin e naturalmente l’immancabile Liszt. Fece il concerto, fu applaudito calorosamente, senonché, dopo la prima chiamata il pianista si ripresentò in sala, sedette allo strumento e sono come bis, la 111 tutta intera. Poi, come non bastasse, alla seconda chiamata esegui le 33 Variazioni Diabelli con serenità imperturbabile. Ebbe ben altre nuove chiamate.
Dopo Budapest, Ciani, seguendo i consigli di Cortot, non ha partecipato ad altre gare, ma ha suonato in tutta Europa. Nei periodi di studio, fra una tournée e l’altra, Ciani torna a chiudersi nella sua casa di Ranco, sul Lago Maggiore, come un eremita. Tuttal’più la sera, dopo sette-otto ore di studio, scenderà come sua abitudine in paese a fare una partitina a carte con i pescatori del luogo: “Ma quando sono fuori casa”, afferma, “voglio vedere gente, andare a cena dopo i concerti, fare tardi e insomma tutte queste cose. In fondo il pianoforte non mi ha mai costretto a nessuna rinuncia “.
“Ora tocca a te”
Volto piccolo, pallido, figura sottile, Ciani dimostra assai meno della sua età. Nel suo modo di parlare e di vestire, si sentono gli armonici d’un certo compiacimento estetico che scopre l’artista, il pianista raffinato e febbrile. Quando morì Cortot, ai funerali,  c’era una lunga schiera di allievi. La vedova dell’artista abbraccio Dino Ciani e disse forte: “Ora tocca a te continuare” E Ciani continua: nelle cinque valigie riportate da Budapest di musica ce n’è tanta. Da Bach a Bartok, Il repertorio classico Ciani lo conosce, per così dire, tutto. Un solo spartito però non ha mai voluto mettere sul leggio del pianoforte: le quattro e “Ballate” di Chopin. Erano l’emblema, il punto di sortilegio dell’arte interpretativa di Cortot. C’è una lettera in in cui il maestro scrive al suo discepolo prediletto: “Ti prego di studiare Le Ballate, sono pezzi su cui credo veramente di poter dire cose che altri non potrebbero dirti oggi. Ma fai presto, perché sai, neanche io sono eterno “. Sessanta giorni dopo questa lettera, Cortot  moriva e le Ballate Ciani non le ha voluto toccarle. Chissà se si deciderà un giorno. (Estratto da “Dino Ciani:l’erede di Cortot” di Laura Padellaro, Roma, 1968)