Milano, Teatro alla Scala: “Le nozze di Figaro”

Teatro alla Scala, stagione lirica 2020-21
“LE NOZZE DI FIGARO”
Dramma giocoso in quattro atti di Lorenzo da Ponte da “La Folle Journée, ou le Mariage de Figaro” di Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Conte d’Almaviva SIMON KEENLYSIDE
Contessa d’Almaviva JULIA KLEITER
Susanna ROSA FEOLA
Figaro LUCA MICHELETTI
Cherubino SVETLINA STOYANOVA
Marcellina ANNA-DORIS CAPITELLI
Don Bartolo ANDREA CONCETTI
Don Basilio MATTEO FALCIER
Don Curzio PAOLO NEVI
Barbarina CATERINA SALA
Antonio CARLO CIGNI
Due contadine SILVIA SPRUZZOLA e ROMINA TOMASONI
Orchestra e coro del Teatro alla Scala
Direttore Daniel Harding
Maestro del coro Bruno Casoni
Regia Giorgio Strehler
Ripresa da Marina Bianchi
Scene Ezio Frigerio
Costumi Franca Squarciapino
Luci Marco Filibeck
Coreografie Frédéric Olivieri
Milano, Teatro alla Scala, 01 luglio 2021
Le occasioni speciali di queste poche recite scaligere de “Le nozze di Figaro” sono sicuramente: il ritorno del pubblico in  sala per un titolo operistico e il centenario della nascita di un mostro sacro del teatro italiano come Giorgio Strehler, celebrato con la riproposta della  storica regia mozartiana del  1981 e più volte ripresa fino al 2012.
Prima cosa da segnalare che la Scala nonostante le limitazioni dovute all’emergenza sanitaria è riuscita a garantire una realizzazione ordinata e regolare dello spettacolo. L’orchestra rigorosamente in buca,  ha così evitato sfasamenti di piani sonori riscontrati altrove. Così sala, se  pur con una presenza di pubblico  ridotta dava  l’idea di una partecipazione numerosa e sentita.
Ripresa con gusto e sensibilità da Marina Bianchi la regia di Strehler nulla a perso sul terreno del fascino estetico e dell’efficacia teatrale. Lo spettacolo – tra i primi a far piazza pulita di tutte le sovrastrutture depositate sull’opera e a riportarla al suo nucleo quasi brutale di passioni e pulsioni – non ha forse più la forza rivoluzionaria originaria  ma è ancora una macchina teatrale di perfetta efficacia che la notevole cura applicata alla recitazione – anche in piccoli dettagli si percepisce il respiro affannoso di Susanna che che corre alla chiamata dalla Contessa. Questo è solo un esempio tra i tanti che potremmo citare. Le scene di Frigerio sono sempre di straordinaria eleganza con il caldo sole mediterraneo che avvolge di dorato chiarore le rigorose prospettive che sembrano riprese direttamente dalle tavole dell’Encyclopédie o la nebbia lattigginosa che nel giardino del IV atto avvolge una sensuale natura alla Fragonard così come sempre magnifici sono i costumi di Franca Squarciapino.
Qualche dubbio lo lascia la  direzione di Daniel Harding. Il problema non sono i tempi ampi, distesi, che richiamano la grande tradizione e che si ascoltano con piacere in questi tempi di velocità fuori controllo ma una certa  mancanza di coerenza in tal senso, spesso all’interno dello stesso brano. A partire da un’ouverture  spiazzante per le scelte dinamiche, dominata da una tinta grigia,  che sembra ovattare il tutto. Sicuramente una scelta studiata e portata avanti con coerenza ma che può suscitare più di una perplessità. Una coltre di “gelo” avvolge i palpiti della Contessa, l’esuberanza di Cherubino,  che raggela passione ed eros in un pessimismo algido. Una concezione che avrebbe potuto funzionare meglio con un altro tipo di spettacolo – ad esempio con le atmosfere strimbergiane di Guth a Salisburgo – ma qui contrasta con la calda vitalità mediterranea di Strehler. Sono invece da evidenziare positivamente  la cura del basso continuo, ricco e cangiante nei vari momenti, la scelta di eseguire l’opera nella sua  integrità riaprendo tutti i tagli di tradizioni e il ricorso a contenute ma puntuali variazioni nei da capo. Cast nell’insieme positivo. Qualche riserva viene dalla coppia signorile. Ritornando a Mozart Simon Keenlyside ha ritrovato in un ambito stilistico più naturale rispetto alle prove verdiane degli ultimi anni. Scelte di repertorio che hanno lasciato più di una traccia su una voce che adesso risulta meno ricca di armonici e indurita  nell’emissione. L’accento italiano poi è parso inoltre meno naturale rispetto agli altri interpreti. Emerge sempre la personalità teatrale di prim’ordine e un gusto apprezzabile. Julia Kleiter ritorna alla Scala dopo l’Ilia di “Idomeneo” per vestire i panni della Contessa. Vocalmente la Kleiter canta in modo ammirevole, la voce è bella, ricca di armonici, l’emissione morbida ed elegante almeno fino alle zone più acute. Qui si nota qualche fissità,  più per impostazione tecnica che di difficoltà. L’attrice è convincente e la bella figura e il gesto elegante completano il ritratto. Manca però emozione, l’abbandono al flusso degli affetti, le arie sono ben eseguite ma risultano fredde, la vitalità latita,  anche se non si può escludere che le scelte direttoriali non abbiano influenzato  in tal senso.
Bella scoperta il Figaro di Luca Micheletti, giovanissimo baritono bresciano dalla vocalità ricca di armonici e dal fortissimo temperamento ideale per un ruolo come Figaro. La formazione come attore di prosa si nota nella qualità della recitazione che si affianca a una linea di canto curata e puntuale e a un fraseggio ricco e sempre pertinente. La dizione impeccabile e la capacità di giocare con il valore fonetico ed espressivo delle parole danno l’ultima pennellata a un debutto scaligero degno di nota.
Rosa Feola è una  pregevole Susanna. La voce non è grande ma molto ben emessa, la tecnica impeccabile, la linea di canto rifinita e musicalissima. La tessitura è  spesso scomoda ma la Feola ne viene a capo con buona sicurezza e anche la discesa al grave di “notturna face” appare  più ricca di suono di quanto di solito si ascolti. Eppure anche qui manca qualcosa, nonostante la sua bravura la Feola non è Susanna, manca l’eros, manca la carnalità, manca una sincerità espressiva che non ha ancora acquisito e che solo in parte compensa con un fraseggio di certo molto attento ma fin troppo studiato.Interessante il Cherubino di Svetlina Stoyanova giovane mezzosoprano bulgaro dal timbro chiaro, penetrante e dalle apprezzabili qualità di canto. Si nota un  po’ di inesperienza ma la linea di canto è pulita e musicale, le variazioni nelle arie eseguite con gusto e precisione e il temperamento pieno di slancio è ideale per il ruolo così come la figura aggraziata, con quel tocco androgino perfetto per il paggio.Andrea Concetti è un Don Bartolo forse non imponente ma con un senso della parola e dell’espressione esemplari; Anna-Doris Capitelli è una Marcellina di buon materiale vocale, che con sicurezza risolve le agilità de “Il capro e la capretta”. Forse un po’ troppo giovane sul piano scenico. Matteo Falcier è un Don Basilio pienamente impeccabile, anche lui si fa pienamente apprezzare nell’aria del IV atto. Caterina Sala è una Barbarina dall’ottimo materiale vocale e già una potenziale Susanna. Completano il cast Paolo Nevi (Don Curzio), Carlo Cigni (Antonio), Silvia Spruzzola e Romina Tomasoni (due contadine). Foto Brescia & Amisano © Teatro alla Scala