Coloratura!(5)

A partire dalla  seconda metà dell’Ottocento, fino alla Belle Epoque, domina il valzer, non solamente nella forma strumentale, anche ma anche quello vocale, come troviamo “Mazurke”, “Boleri” ecc. per voce. Tutte le forme di danza sono applicate al canto di coloratura anzi, in quel tempo le dive dell’Opera spesso chiedevano  fossero inseriti nelle opere un bel valzer di bravura, così come comparvero come pezzi da concerto. Adelina Patti, Nellie Melba, Angiolina Bosio si facevano regolarmente comporre questi gioielli adattissimi allo sfoggio del loro qualità vocali che poi gli editori pubblicavano come valzer cantato dalla Patti, valzer cantato dalla Melba, ecc. Quando si parla di valzer si pensa subito a Vienna ma, nel caso del Valzer vocale, forse il primato spetta alla Francia e in secondo luogo all’Inghilterra, spesso grazie a musicisti italiani. I compositori francesi sempre attenti all’edonismo in tutte le sue manifestazioni, anche in quelle più esteriori, non si lasciano sfuggire l’occasione di comporre  pezzi d’agilità su ritmi di danza. Li troviamo nelle opere di Auber, Adam e Offenbach, ma un maestro indiscusso del Valzer di coloratura fu Gounod. Nel Faust c’è un celebre Valzer per coro e orchestra che costituisce uno dei tanti dei punti più famosi dell’opera. Nella Successiva Mireille, Gounod inserisce un Valzer di coloratura. Qui ritorna il vecchio tema della gara canora con l’uccellino. Infatti il valzer inizia con le parole “O légère hirondelle”, invocazione alla rondine e alla sua leggerezza. Questo pezzo ricorda un po’,  anche nello stile, “Ombrè legere” di Meyerbeer.
Quando Gounod scrisse il Faust non pensava certo di entrare nello spirito di Goethe, così come per il Roméo and Juliette a Shakespeare. La storia dei due amanti veronesi è solo un pretesto per bellissimi duetti d’amore, secondo la tradizione dell’Opera francese, così anche a  Juliette viene assegnato un Valzer di coloratura, nel quale la fanciulla afferma perentoriamente la sua volontà di vivere un  sogno d’amore. Questa  Giulietta  ricorda tante eroine del teatro francese più che di quello shakespeariano. Donne un po’ frivole, che incarnano l’ideale di femminilità coltivato dalla borghesia e dai finanzieri del Secondo Impero. Questi valzer di Gounod hanno veramente questo “esprit de finesse”, ricco di un edonismo un po’ leggero, aereo e sensuale.
Naturalmente anche Vienna non manca l’appuntamento con il valzer cantato, le danze di coloratura e di bravura anzi, per un certo periodo andò di moda adattare  le danze strumentali alla voce umana. In questo capitolo troviamo ad esempio il Minute Walzer (Op.64. no.1) di Chopin trasformato dal compositore Buzzi-Fecci in un valzer di coloratura con il titolo “Messaggero amoroso” che, al solito è un uccellino.
Anche gli Strauss, padre e figlio, non sono sfuggiti da questa pratica, adattare cioè valzer strumentali in vocale. Uno tra i più celebri è “Accelerationen ” op.234, nel quale la cantante gioca sul ritmo, com scrive l’autore ed è enunciato nel titolo.
Erede degli Strauss è Carl Michael Ziehrer. Il suo compito fu quello di scrivere danze e operette nel gusto un po’ “tardo” (Ziehrer è morto nel 1922!), ma questo non importa perchè il gusto per la danza e l’operetta in Austria, Germania e la Mitteleuropa non si preoccupava ad aggiornarsi. Da un lato abbiamo gli Schoenberg, Webern e Berg, dall’altro Ziehrer e Franz Lehar, anche quest’ultimo fedele fino alla morte (nel 1948) allo stile viennese. Vi proponiamo, di Carl Ziehrer “Mich freut’s, das ich mich freu'” dall’operetta “Die Landstreicher”.
Abbiamo fatto cenno dell’Inghilterra: Qui il valzer di coloratura spopola grazie a compositori italiani qui giunti per insegnare canto e scrivere pezzi di bravura per i cantanti che si esibivano al Covent Garden e nei salotti dell’aristocrazia. Il più famoso tra questi musicisti è sicuramente Luigi Arditi autore (sfortunatissimo) di opere, direttore orchestra (fortunato) e autore (fortunatissimo) di valzer e danze vocali. Dai valzer “L’estasi”, “Parla”,l'”Ardita” (che fa pendant con il suo nome), “La stella”, il bolero “Leggero invisibile”, fino al popolarissimo “Bacio”. I valzer, Arditi, li scriveva in doppia versione: per orchestra e per pianoforte, per essere così eseguiti nelle sale da concerto o in recitals cameristici. Sono sicuramente pagine che si somigliano un po’ tutte, sia per la melodia che nei passaggi vocali. In questo percorso sulla coloratura, che abbiamo iniziato con Mozart, lo concludiamo con Arditi, ossia con la coloratura che è diventata puro intrattenimento, senza alcun sottinteso. Avevamo iniziato dicendo: “Chi ha paura della coloratura?”. Sia nel caso dell’opera barocca, che aveva inventato il canto d’agilità, che in Arditi, siamo sempre di fronte a una volontà di utilizzare nel modo migliore quel mezzo supremo di “fare musica” che viene dalla voce umana, che viene protesa al massimo delle sue possibilità. Le varie Melba, Patti, ecc. come i loro antenati, i “castrati”, rappresentano il tentativo di gareggiare con lo strumento e con quanto di più perfetto produceva la natura: la gola e il canto dell’usignolo. (Fine)