Torino, Unione Musicale: Andrea Lucchesini interpreta Schubert e Schumann

Torino, Unione Musicale, Conservatorio Giuseppe Verdi
Concerto n.4051
Pianoforte Andrea Lucchesini
Franz Schubert: Sonata in SOL maggiore op.78 D.894 (fantasia)

Robert Schumann: Davidsbündlertänze, 18 pezzi caratteristici op.6
Torino, 28 luglio 2021.
L’Unione Musicale chiude l’avventurosa stagione 2020-21, sua 75sima, con l’annuale ritorno di Andrea Lucchesini che prosegue il ciclo, siamo al quinto appuntamento della serie, Il sogno e l’abisso. Pur nell’inevitabile ambiguità del titolo, si cerca di instaurare un confronto tra Schubert (il sogno?) e Schumann (l’abisso?) o viceversa?  Ambedue le ipotesi hanno un saldo fondamento.
Nel 1956, centenario della morte del musicista di Zwickau, le poste della DDR per celebrarlo emisero un francobollo dal fatale svarione: il busto di Schumann, in primo piano, tre righi di un lieder di Schubert come sfondo. Il francobollo, con altissima tiratura, valore filatelico trascurabile, non venne ritirato ma successivamente sostituito da un altro dalla composizione corretta. Questo fatto testimonia ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come i due autori, sarà per l’iniziale Schu- , siano stati accostati dal pubblico e dalla critica meno avvertita, nonostante la loro musica e quindi il loro sentire siano agli antipodi.
Schubert si perde intenzionalmente in lunghi viaggi dai tortuosi percorsi. Per primo ha scoperto come il miglior percorso tra due punti non sia la retta ma la curva con giravolte. Quel che più teme è la meta che sa vuota e disperante. Ci deve fatalmente arrivare, non può svicolare del tutto, ma si attarda in un percorso che gli permetta di mescolare corse, soste, sospiri, pianti, risate, canzoni e danze. Le sue musiche sono “lunghe”, molte volte è difficile individuarne il punto fatale perché l’intera composizione è fatale. I beethoveniani, affascinati dall’happy end, ci si raccapezzano a stento pur riconoscendone radici e lessico comuni.
L’esistenza di una meta e quindi di un percorso più o meno tortuoso e faticoso per raggiungerla, sfugge a Schumann, non ne è quindi spaventato. Non deve ingannare il destino avventurandosi su sentieri arzigogolati. E’ l’eterno adolescente che fortunatamente non riesce a controllare i moti del cuore. Ha i suoi periodi di passione sfrenata, prima quella del pianoforte, poi quella del lied, e lì, con logiche imperscrutabili, sforna capolavori su capolavori. I 18 pezzi delle  Davidbündler ne danno una dimostrazione formidabile. Pare che nulla li tenga insieme, eppure li sentiamo inequivocabilmente necessari l’uno all’altro. Noi Con Robert ed Eusebio, Florestano, Maestro raro, Chiarina ci forziamo a metterci sopra un poco di struttura, per giustificare il panico irrazionale che viene dagli sprazzi del cuore.
Chi sa quagliare in un concerto questi mondi radicalmente inconciliabili? Se hai la tecnica, e Lucchesini non ne difetta; se hai esperienza di sala e pubblico, pure con queste Lucchesini va sicuro, metti le mani sulla tastiera, i piedi sui pedali, suoni e speri che sia la sera giusta e che le Muse ti tengano una mano sul capo. Non sono ormai rari gli interpreti che hanno quadrato il cerchio con Schubert, pochi ci son riusciti con Schumann, con le Davidsbündlertänze poi conosco solo Arrau e Cortot. Che ci abbiano preso poi con ambedue: Arrau? Horowitz? Alla condizione però di aver dilazionato delle convincenti e poetiche esecuzioni schubertiane alla soglia dei 90 anni, fidando nell’affievolimento delle forze e della tracotanza del virtuoso .
Lucchesini, fortunatamente ancor giovane e vigoroso, ci prova e qualche buon esito lo riporta: è sempre magnifico nel cantabile schubertiano, eccellenti l’andante, il menuetto e allegro moderato-trio, della sonata D894. Nel primo movimento molto moderato e cantabile e nel quarto allegretto, la vena virtuosistica gli prende un poco la mano, il pedale accentua una dinamica poco propensa al piano e più incline al forte e fortissimo. Non pare che il “bel suono” sia tra i suoi crucci. Questo sfoggio di vitalismo del virtuoso avrebbe potuto essergli fatale in Schumann. Le Davidsbündlertänze sono parche di frasi distese, cantabili e accattivanti; il suono, l’accostamento dei suoni, la varietà dei timbri e delle armonie sono le chiavi per aprirci le porte della poesia degli Amici di David. Lucchesini ci riesce alla grande con Eusebio, con difficoltà con le dinamiche di Florestano che portano l’esecutore a sentirsi più pianista che poeta.
Il pubblico era scarso, ohimè ormai insopportabile litania, al disotto dei 200 consentiti. Quando finirà questa pena? Come sarà il nuovo mondo dei concerti, visto che già l’attuale è più che sofferente?
Gli applausi ci sono stati e pure calorosi; i frequentatori del Conservatorio torinese lo considerano uno di loro e lui li ha rimunerati con una ragguardevole terza parte, non prevista in locandina, del concerto: Chopin, notturno op9 n2 e nientemeno che
Chopin:  scherzo n2 op31. Ben 15 minuti di extra!
 Forse Lucchesini vede in Chopin il termine intermedio di conciliazione tra la visionarietà di Schumann e la cantabilità di Schubert e lo (ri)mette in repertorio a questo punto della carriera. Gli esiti sono apprezzabili e fanno sperare che l’esperimento prosegua, magari con tutti e quattro gli Scerzi nella stessa serata. Forse ne capiremmo un po’ di più.