Verona, Teatro Ristori: “Contemporary Men”

R-ESTATE – il suono dopo il silenzio, Teatro Ristori Verona
CONTEMPORARY MEN
“Duetto Inoffensivo”
estratto da “Rossini Cards”
Coreografia Mauro Bigonzetti
Musica Gioachino Rossini
Luci Carlo Cerri
Costumi Helena De Medeiros
Interpreti:  Dylan Di Nola, Lorenzo Fiorito
Nuova produzione
“Balada”
Coreografia Michele Merola
Musica Astor Piazzolla
Luci Gessica Germini
Interpreti: Dylan Di Nola, Lorenzo Fiorito, Nicola Stasi, Giuseppe Villarosa
“La metà dell’ombra” 
Coreografia Michele Merola
Musica Johann Sebastian Bach, Geert Hendrix, Senking
Luci Cristina Spelti
Costumi Carlotta Montanari
Interpreti: Dylan Di Nola, Lorenzo Fiorito, Paolo Lauri, Nicola Stasi, Giuseppe Villarosa
Verona, 31 luglio 2021
Il vocabolo connubio esce più volte nel discorso di Michele Merola di presentazione dello spettacolo, nel momento in cui è intervistato dal direttore del Ristori, Alberto Martini. Il direttore artistico della MM Contemporary Dance Company, non solo sottolinea con questo ciò che lega tra loro le tre coreografie che compongono l’evento: la fusione di caratteri e stili, di musica e balletto che è coesistenza e accordo tra elementi anche contrastanti, ovvero la comunione perfetta tra spettacolo e spettatore, tra ciò che vuol essere rappresentato e ciò che ognuno vede; ma rivela di essere un ottimo regista, come pochi, poiché capace di drammatizzare. Merola è un perfezionista, dirige i suoi ballerini come attori, inscena intrecci con l’ausilio del gesto e della coreografia e ne alterna i momenti, calibrandoli sapientemente. Dice che “dobbiamo abbandonare il superfluo per tornare all’essenza”, che questo gli consente di fare ricerca e di innovare: perciò è caro al Ristori che pone nella trasversalità delle arti la sua core mission. Gli diamo ragione: vedendo Contemporary Men, capiamo come egli abbia costruito sui passi della danza classica una “narrazione contemporanea”, grazie alla luce spiovente, che colora i corpi e li scolpisce traendoli dall’ombra, come Michelangelo i suoi prigioni dal marmo, nella loro essenza fisica e spirituale insieme. Così da Duetto inoffensivo a La metà dell’ombra la complicità diventa plasticità, quanto la drammaticità è tratta dalla musicalità, e passiamo da un Gioacchino Rossini per pianoforte, da cinema muto, all’ Adagio Ma Non Tanto – Sonata No. 3 di J.S. Bach (Tenenbaum, violino & Kapp, pianoforte), che inquadra una delle più belle coreografie del repertorio ventennale della compagnia di Reggio Emilia; un commiato, dalla fortissima carica emotiva. In mezzo a queste coreografie c’è più che un sentito omaggio ad Astor Piazzolla, di cui ricorre il centenario della nascita: in Balada c’è la messa in scena di una storia emblematica, simbolica e addirittura epifanica: l’ombra di un personaggio che aleggia come la nuvola di fumo onnipresente nella coreografia. È quella di “Maria de Buenos Aires” (opera tango di Piazzolla) una figura cristologica, che muore e rinasce e non è che il nobile intento di Merola di offrirci le emozioni a cui avevamo dovuto rinunciare, causa la forzata clausura domestica dovuta al Covid: il nostro ritorno a teatro. La scena è sempre in penombra e su di essa incombe la voce narrante, quasi con tono di oppressiva ammonizione; e le parole piovono addosso al corpo di Nicola Stasi che ha il perfetto phisique du role per quegli assoli che incarnano il dolore per una mancanza, un’assenza, una morte. Il corpo di ballo (4 danzatori) compongono figure d’insieme: girano, si slanciano (con piegamenti molto estesi) e si riprendono per poi danzare all’unisono come se, solo insieme, avessero capito si può sostenere il mistero della vita. Il costante suono del bandoneón (la voce dell’anima), quello che è un inno all’esistenza pura, come dicevamo, un ritorno all’essenza, lo associamo al precinema quando si sbirciava da uno zootropio, per cui vediamo i ballerini riprodurre lo stesso gesto ma sfalsato nei tempi da sembrare unico nel suo insieme.  A Balada va riconosciuto il merito di essere andata oltre ai tecnicismi d’impatto visivo, musicati con il suono leggero della fisarmonica: pensiamo a W Momix Forever (Teatro Romano, Verona, 2015), in cui è il tecno-tango firmato Gotan Project a reggere i virtuosismi dei ballerini. Qui siamo invece partecipi di una storia, diretta con un.bel taglio drammatico, un distintivo di pregio della MMCDC.
Foto di Nicola Stasi, David Fontanari, Tiziano Ghidorsi