Charles Münch (1891 – 1968): Ha unito le virtù musicali di Francia e Germania

Charles Münch (Strasburgo, Francia, 26 settembre 1891 – Richmond, USA, 6 novembre 1968)
Charles Mūnch è nato a Strasburgo il 26 settembre 1891, quando l’Alsazia era una provincia dell’Impero Germanico, e ha avuto perciò la sorte di avere un’educazione musicale che ha risentito sia della cultura francese che di quella tedesca., a questo si aggiunga anche l’influenza esercitata su di lui dall’appartenere al  cristianesimo luterano, in una regione dove, di fatto, la maggioranza era di sentimenti francesi, come la famiglia Mūnch. Si può quindi affermare che  gran parte delle caratteristiche salienti di questo eccellente direttore d’orchestra, e di questo singolarissimo temperamento di uomo, nascono soprattutto dalle componenti “geografiche” della sua vita intensa di musicista.
In famiglia
Tutta la sua famiglia era fortemente legata alla  musica; suo padre Ernst era organista a Strasburgo, professore nel conservatorio della città e fondatore del Coro di Saint Guillaume. Suo zio aveva avuto fra i suoi allievi quello che sarebbe diventato il dottor Schweitzer il medico organista che ha dedicato la sua vita ai lebbrosi d’Africa ma anche alla musica di Bach: Il piccolo Charles ebbe quindi la prima è solida educazione musicale in famiglia, prima di aver come maestro il compositore Hans Pfitzner al Conservatorio di Strasburgo.  Il  tributo alla cultura c’è tedesca costituì il naturale destino di un giovane musicista nato sulle rive del Reno. Ma  Münch pensava di diventare soprattutto un violinista e la e la famiglia lo ha mandato a studiare a Parigi, con il violinista Lucien Capet, e la sua bravura di esecutore non tardo a mettersi in luce: nel 1919, quando aveva appena 28 anni, era già professore al conservatorio di Strasburgo, dava concerti, si interessava della musica contemporanea francese, amava Strauss e cercava di informarsi sui “rivoluzionari” viennesi, in particolare su Schönberg. Insomma il suo destino di musicista continuamente attratto dalla Francia e della Germania mettevo le sue solide basi: il violinista Münch nel 1926 lascia Strasburgo e viene nominato primo violino della celebre orchestra del Gewandhaus di Lipsia; ed è qui che il contatto con alcuni celebri direttori come Bruno Walter Fritz Busch e Wilhelm Furtwangler accende sempre di più in lui la tentazione di lasciare il violino  e di dedicarsi alla direzione d’orchestra. Nel frattempo non c’era nuova partitura francese o tedesca che non suscitasse suo interesse, e che non lo trovasse sempre disposto a rischiare anche la sua fama di ottimo “musicista pratico” di fronte ai benpensanti tedeschi. Finalmente nel 1932 Charles Münch poteva salire sul podio: aveva contribuito a questo evento il dilemma di fronte al quale si era trovato nel 1929, quando gli era stato proposto di diventare cittadino tedesco proprio per la sua nascita alsaziana, per poter conservare il suo posto di violino solista a Lipsia.
Anni importanti
Ma Münch si sentiva francese, e decise di trasferirsi a Parigi, puntando ormai alla direzione d’orchestra avviandosi così a una brillante carriera, anche se le sue musiche preferite, in questi primi anni di attività erano soprattutto quelle dei musicisti contemporanei, da Strauss a Ravel, da Schoenberg a Stravinsky. Furono anni importanti, questi della vigilia della Seconda Guerra Mondiale, non soltanto per la carriera di Münch ma per tutta la vita musicale francese: dalle iniziative dell’ormai celebre direttore alsaziano nacque l’Orchestra Sinfonica di Parigi, e alcuni nomi di musicisti che in seguito sono diventati consueti e cartelloni delle istituzioni musicali francesi cominciarono ad affermarsi proprio per merito di Münch, che non conoscevo ostacoli, e di fronte alla musica non faceva distinzioni politiche o razziali. E la conferma di questo suo temperamento si ebbe anche durante la guerra quando non esitò ad appoggiare la resistenza francese e ad opporsi con tutto il proprio prestigio alle discriminazioni razziali nel nel mondo musicale.
Dopo la liberazione della Francia cominciarono per i grandi successi internazionali. La sua prima apparizione negli Stati Uniti con la Boston Symphony e con la Filarmonica di New York furono veri e proprio trionfi. Il suo repertorio si allargava, ormai, ai grandi classici della musica di tutti i paesi, pur continuando ad avere come punti di riferimento soprattutto Bach, Berlioz, Strauss, Debussy, Schoenberg, Honegger e Roussel. Di Honegger portò per la prima volta in America, nel 1948, Jeanne d’Arc au boucher.
L’arte di Münch aveva la solidità della più illustre tradizione tedesca e la forza combattiva di chi era stato allevato alla musica in un periodo di profondi sconvolgimenti:  per questo il suo Debussy, ad esempio, del Pelléas et Mélisande mostra una vigoria insolita, come Münch volesse liberare la favolosa partitura del suo grande conterraneo da qualsiasi suggestione di decadentismo. È un Debussy eroico e concreto, che suscitò ammirazione e anche discussioni; in realtà il Debussy di Münch era un Debussy, come potremmo dire, di “frontiera”: una specie di punto di incontro, ancora una volta, della  cultura musicale tedesca e di quella francese, le due che alla fantasia di Münch riescono a creare un quadro completo, da leggere senza esitazioni.
Segno singolare
Se Münch ha qualche esitazione è davanti alla musica italiana: lui che riesce a vivificare anche la più gracile partitura di Roussel resta “imbarazzato” di fronte a Puccini e Verdi. E Münch lo fa capire con candore, anche se la sua grande  capacità di direttore potrebbe abilmente dissimulare. Ma è sempre un alsaziano, e la sua vita porta questo segno singolare di civiltà. Che poi sembra essere quasi un destino: anche sua moglie, che gli sposò nel 1933, è Svizzera di nascita anche se parigina di spirito. Si chiama Geneviève Maury, autrice di un libro di Nouvelles du Limousin in un delizioso francese; ma una qualche propensione per la Germania deve averla anche lei, visto che ha tradotto in francese il Tonio Kröger di Thomas Mann. (Estratto da Leonardo Pinzauti: “Charles Münch: ha unito le virtù musicali di Francia e Germania”, Firenze 1966)