Piacenza, Teatro Municipale: “Norma”

Piacenza, Teatro Municipale – Stagione d’Opera 2021-22
NORMA
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani, tratto dalla tragedia “Norma, ou L’infanticide” di Louis-Alexandre Soumet.
Musica Vincenzo Bellini
Norma ANGELA MEADE
Pollione STEFANO LA COLLA
Adalgisa PAOLA GARDINA
Oroveso MICHELE PERTUSI
Clotilde STEFANIA FERRARI
Flavio DIDIER PIERI
Orchestra Filarmonica Italiana
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Direttore Sesto Quatrini
Maestro del Coro Corrado Casati
Regia Nicola Berloffa
Scene Andrea Belli
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Marco Giusti
Coproduzione Teatro Municipale di Piacenza, Teatro Comunale di Modena, Teatro Regio di Parma
Piacenza, 22 ottobre 2021
Questa recensione inizierà con un messaggio quasi politico: bisogna inserire più Bellini nei nostri cartelloni teatrali. Non solo: occorre identificare chiaramente quali siano le voci belliniane in circolazione, valorizzarle e affidare a queste i ruoli che competono loro. Questo doppio appello nasce sia da una singolare predilezione di chi scrive per il compositore catanese, sia dall’esasperazione, dovuta al fatto che praticamente tutti (dai direttori dei teatri ai maestri di canto dei conservatori) sostengano che la maggior parte dei ruoli femminili belliniani siano “impossibili” da cantare. Frottole. Sono difficili, senza dubbio – in particolare i tre ruoli protagonisti dell’ultima produzione, Norma, Beatrice ed Elvira – ma non mancano di certo cantanti in grado di poter rendere onore a questo gigante dell’opera. Invece avviene che chi sarebbe capace si mantiene nella sua comfort zone belcantistica (e non farò nomi, anche se tre o quattro mi affiorano alle labbra), e chi si arrischia, coraggiosamente, ottiene poi risultati per lo meno disomogenei. E infatti molto alterni  sono i risultati dei tre protagonisti della produzione di “Norma” che ha riaperto la stagione piacentina. Angela Meade vorrebbe diventare una Norma di riferimento, e infatti ha già affrontato più volte il ruolo; senza dubbio è fornita di un considerevole strumento vocale, per volume ed estensione, ma il fraseggio è senz’altro da rivedere. La linea di canto della Meade è anche penalizzata da un non sempre gradevole vibrato, che alla lunga appiattisce anche le intenzioni migliori; d’altra parte in “Casta diva”, “Dormono entrambi” e i duetti con Adalgisa la cantante mostra una maggiore cura al dettaglio prosodico, e il canto d’agilità ben controllato. Complessivamente positiva anche la prova di Paola Gardina (Adalgisa): qui fraseggio e linee di canto sono ben cesellate, con piacevoli filati e precisione nelle cadenze; i centri e gli acuti sono ricchi e armonici, salvo qualche tensione nelle note più acute (Adalgisa è notoriamente un ruolo per secondo soprano, più che per un mezzosoprano tradizionale). Lascia più perplessi il Pollione di Stefano La Colla: il tenore siciliano ci sembra sostanzialmente estraneo a Bellini, tutta la sua performance ci sembra un po’ troppo stilisticamente orientato verso il verismo. Quasi scontato che l’Oroveso di Michele Pertusi abbia tutte le carte in regola: la grande attenzione alle sfumature, la tecnica solida e estrema naturalezza del suono ne fanno l’interprete, giustamente più applaudito della serata. Positiva anche l’interpretazione partecipe e musicalmente precisa di Stefania Ferrari (Clotilde). Corretto anche il Flavio di Didier Pieri. La prova del Coro è pure stata di ottimo livello (un plauso al direttore Corrado Casati), in particolare nel celebre “Guerra! Guerra!”. Valida anche la direzione di Sesto Quatrini, tutta volta alla valorizzazione dei ruoli, forse un filo a discapito dell’orchestra – mentre nella partitura belliniana, soprattutto di “Norma” e “Beatrice di Tenda”, le voci altro non fanno che partecipare di un’unica idea musicale, nella quale ogni compagine orchestrale deve poter esprimersi (ed ecco da dove deriva la famosa “difficoltà” di questi ruoli canori). Per quanto riguarda la scena, la scelta di Nicola Berloffa è quella di posporre la vicenda durante le guerre ottocentesche, ove Celti e Romani divengono Prussiani e Francesi – almeno a quanto mostrano le divise militari sfoggiate. I costumi di Valeria Donata Bettella e le scenografie di Andrea Belli aderiscono in pieno all’idea registica, creando un unicum senz’altro affascinante e godibile, reso ancora più suggestivo dall’efficace light design di Marco Giusti. Peccato, tuttavia, per le discrepanze col libretto – quando si parla di bosco sacro di querce, siamo in realtà in una caserma bombardata, il serto di verbena con cui è annunciata Norma non esiste, né nei costumi sono connotate Norma e Adalgisa come sacerdotesse: esse sono unicamente principesse, spogliate della loro funzione sacrale, come i Druidi sono ridotti a generali dell’esercito, che spiano il cielo con cannocchiali militari, piuttosto che interpretarne i segni. Una messa in scena borghese e “laica” dunque (per non dire “profana”) senza dubbio godibile, ma forse riduttiva dell’effettivo portato del libretto.