Venezia, Palazzetto Bru Zane: I “Trii Imperiali” del Trio Arnold

Venezia, Palazzetto “Bru Zane”: Festival “Eroica o tirannica? La musica all’epoca di Napoleone Bonaparte” (1795-1815), 25 settembre-12 novembre 2021
TRII IMPERIALI
Trio Arnold: 
Violino Shuichi Okada
Viola Manuel Vioque-Judde
Violoncello Stéphanie Huang
Eugène Sauzay:Trio à cordes op. 8; Hyacinthe Jadin: Trio à cordes op. 2 n° 3 en fa majeur; Alexandre-Pierre-François Boëly: Trio à cordes op. 5 n° 2 en ut majeur.
Venezia, 4 novembre 2021 
Un altro illuminante saggio, relativo alla vita musicale francese tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, è stato offerto in questo concerto, svoltosi presso il Palazzetto Bru Zane, nel quadro del Festival “Eroica o tirannica? La musica all’epoca di Napoleone Bonaparte”. Questa volta il protagonista era il trio per archi: una formazione molto poco frequentata dai compositori nella Francia d’inizio Ottocento, cosicché, quando Alexandre Boëly scrive, appena ventenne nel 1808, i suoi tre primi trii per violino, viola e violoncello, non può che guardare a Vienna e agli esempi di Haydn e Beethoven (allora praticamente sconosciuto in Francia). Nondimeno è abbastanza probabile che anche i sei trii composti da Hyacinthe Jadin alla fine del secolo precedente – e temporaneamente caduti nell’oblio con la prematura scomparsa dell’autore, nel 1800 – abbiano esercitato una certa influenza sul giovane compositore. Peraltro, nonostante Jadin e Boëly, il trio per archi dovrà attendere ancora diversi decenni prima di imporsi pienamente in terra francese. Tre erano i titoli in programma, affidati alla maestria del Trio Arnold con Shuichi Okada al violino, Manuel Vioque-Judde alla viola, Stéphanie Huang (in temporanea sostituzione di Bumjun Kim) al violoncello.
A partire dal Trio per archi op. 8 (1846) di Eugène Sauzay – un musicista il cui nome è legato a una brillante carriera di violinista, seguendo le orme del suo maestro e suocero Pierre Baillot – ci si è resi conto delle grandi qualità di questo ensemble, fondato nel 2018 tra Berlino e Parigi da tre musicisti vincitori di concorsi internazionali, che si sono incontrati in Svizzera alla Seiji Ozawa International Academy: la bellezza e il nitore del suono si accompagnavano ad una sensibilità interpretativa, che rendeva piena giustizia alla dimensione sognante di questo pezzo, nel quale il fascino delle armonie si accompagna alla chiarezza del pensiero musicale.
Analogamente i tre strumentisti hanno brillato nel Trio per archi in fa maggiore op. 2 n. 3 di Hyacinthe Jadin, pianista di fama, che cominciò a comporre lavori per formazioni di strumenti ad arco intorno alla metà degli anni Novanta del Settecento, nel momento in cui iniziò ad insegnare al Conservatorio di Parigi. Il trio, pubblicato nel 1797 – l’ultimo scritto da Jadin – si articola in quattro movimenti ed è costruito in gran parte sul relativo minore della tonalità dichiarata, fa maggiore, proiettandoci in un mondo dominato da una dolce malinconia. Qui il violino ha sfoggiato grande padronanza tecnica nell’affrontare la sua parte brillante e virtuosistica, senza che per questo gli altri due strumenti si siano limitati ad un ruolo di mero accompagnamento, visto che hanno spesso interagito con il violino stesso, partecipando ad un dialogo alla pari, come nell’Adagio, in cui, dopo l’esordio, che vedeva il violoncello scandire semplicemente l’armonia in pizzicato, il dialogare tra i tre strumenti è ripreso nella sua pienezza dopo l’esposizione del tema.
Quanto al terzo titolo in programma, è utile premettere che il suo autore, Alexandre Boëly, era un uomo straordinario, che non temeva di assumere posizioni all’epoca scomode, come quando difese la musica di Bach, a costo di perdere il suo prestigioso incarico di organista in una delle principali chiese francesi. Oltre che all’organo, eccelleva anche al pianoforte, e la maggior parte delle sue composizioni sono concepite per questi strumenti; fanno eccezione cinque trii e quattro quartetti d’archi, che sono tra le sue opere più interessanti. Privilegiando la scrittura concertante, i Trois Trios hanno un carattere brillante, in quanto il violino è lo strumento predominante con le sue parti virtuosistiche, mentre gli altri due hanno il compito di accompagnare. Seppure composti subito dopo le Sonate op. 1, questi trii verranno pubblicati solo vent’anni dopo col numero di opus 5. Anche nell’esecuzione del Trio per archi op. 5 n° 2 in do maggiore di Boëly il Trio Arnold e, in particolare, il violino di Shuichi Okada hanno confermato le loro spiccate qualità interpretative: nel primo movimento, Allegro, che inizia con una qualità formale che ricorda l’inizio del quartetto op.18 n. 2 di Beethoven, per poi seguire un suo proprio percorso melodico, sfociando, più oltre, nel bel secondo tema, di carattere lirico, sul ritmo pulsante del violoncello; nell’Adagio col suo tono accattivante, e nel contempo misterioso; nel Minuetto, il cui tema si caratterizza più per il ritmo che per la linea melodica; nel Finale, Presto, che si richiama, nelle battute iniziali, al movimento conclusivo dell’op.18 n. 3 di Beethoven, prima che il materiale musicale venga sottoposto ad un trattamento originale. Più che meritato il successo tributato dal pubblico numeroso.