Verona, Teatro Filarmonico, Stagione Sinfonica 2021.
Orchestra della Fondazione Arena di Verona
Direttore Francesco Ommassini
Pianoforte Leonora Armellini
Fryderyk Chopin: Concerto n. 1 in mi minore per pianoforte e orchestra op. 11; Antonín Dvorak: Sinfonia n. 8 in sol maggiore op. 88
Verona, 5 novembre 2021
Già dal titolo del concerto, Virtuosismo e Impulsività, era facile intuire lo spirito che aleggiava sulla serata. E che serata: un’autentica stella che brilla nel firmamento del pianismo non solo italiano, Leonora Armellini, già vincitrice del Quinto Premio al Concorso Pianistico Internazionale Chopin di Varsavia. Alle prese con il monumentale Concerto in mi minore op. 11 di Chopin, la ventinovenne pianista padovana ha dimostrato una perfetta padronanza della tecnica strumentale riuscendo a dominare le proprie emozioni per poterle poi trasmettere al pubblico in una magica alchimia di suoni e sensazioni. Il rischio di quest’opera mastodontica è quello di cadere nella facile retorica musicale propria dell’epoca romantica, fatta di sentimento e passione, sì, ma anche di intima tenerezza che può divenire ostaggio di una certa indole focosa. Quello che riesce a compiere la Armellini è un autentico prodigio artistico frutto di un’accurata ricerca timbrica, di un particolare tocco delicato, di un indugiare nei tempi senza mai perdere la visione panoramica e sinfonica dell’insieme. A completamento del bagaglio tecnico e culturale di questa grande interprete possiamo aggiungere la minuziosità nel legato e nello staccato, la perfetta uguaglianza di ogni singola nota e il mirabile fraseggio. C’è da dire che in questo è stata magnificamente assecondata dall’orchestra della Fondazione Arena che non si è limitata ad accompagnare ma ha dialogato con il pianoforte, pur non avendo grandi argomentazioni (la scrittura orchestrale chopiniana non regge il confronto con quella di Schumann o Brahms). Al vivo consenso di un pubblico ridotto a poche decine di persone (e ridotto ulteriormente dopo la prima parte del concerto) la Armellini ha risposto concedendo un bis, anch’esso chopiniano, il Valzer op. 34 n. 1 eseguito come una singolare gara tra brillante virtuosismo e tenero abbandono.
Nella seconda parte si stagliava l’estroversa Sinfonia n. 8 di Dvorak, cavallo di battaglia di molti celebri direttori a partire da Karajan e Kubelik; una delle migliori sinfonie del compositore ceco, celebrazione del romanticismo nazionalista slavo (in particolare nel terzo movimento, in forma di Scherzo nel quale l’orchestra si produce in un grazioso valzer) di fronte alla quale il complesso areniano si è posto in atteggiamento di sfida rifiutando quella sudditanza sinfonica dovuta al consumato mestiere di orchestra d’opera. Un vivo plauso va a tutte le prime parti (in particolare al flauto, ai clarinetti e ai corni) e nello specifico ai violoncelli che hanno sfoggiato un bellissimo fraseggio. Francesco Ommassini, più conosciuto come direttore d’opera ha qui dimostrato chiarezza nella visione d’insieme, idee bene concatenate e una particolare lungimiranza che ha percorso tutti i quaranta minuti della sinfonia. I pochi spettatori rimasti hanno elargito generosamente il loro consenso; un vero peccato l’esiguità di pubblico per un concerto così ricco di significati musicali. Occorre riconsiderare le strategie di fidelizzazione, soprattutto rivolte alle generazioni più giovani. Foto Ennevi per Fondazione Arena