Mafalda Favero, nome d’arte di Giuseppina Favero (Portomaggiore, Ferrara, 6 gennaio 1905 – Milano, 3 settembre 1981)
Soprano eminentemente pucciniano, oltre che la Manon (Massenet) degli anni ’30, fu, di volta in volta, Mimì, Cio-cio-san, Manon Lescaut, Magda nella Rondine (per lei riesumata alla Scala), Lauretta in Gianni Schicchi, Liù, allargando il repertorio a molti altri autori (da Mozart, Cimaorsa a Mascagni, Cilea…). La voce della Favero era bellissima nel colore, soffice, fragrante, e ricca di una gamma charoscurale degna veramente delle grandi cantanti. Ad onta di un volume non cospicuo è di qualche limitazione nel settore acuto (più tecnica che fisiologica), il soprano otteneva sempre i suoi obiettivi che erano quelli di una espressività ora tenera ora appassionata, che bene la guidavano nel repertorio pucciniano. Duttile a sufficienza, per poter guardare a personaggi di soprano leggero quali Zerlina, Susanna, a Adina, Norina e Giulietta con esiti di buon livello. Il suo accostamento a ruoli spinti (Zazà, Adriana), avvenne nella curva discendente della sua carriera. Ciò che fece dei Soprano ferrarese una vera star, fu con il fascino della persona, la grande personalità e la specializzazione in mano in, personaggi in cui non ebbe temibili rivali, si era nel tempo in cui Puccini non subiva più i violenti scossoni o le lacrime a tutti i costi del primo ‘900, lasciando il posto ad un sentire più delicato, più sostanzioso di dolcezze e languori, che lasciavano intravvedere (e nella Favero più che mai) le vie del futuro, quelle che portavano a ricercatezze più stilizzate, a raffinatezze aliene dal verismo o naturalismo prima maniera. Gli ascolti che qui proponiamo (purtroppo non ha mai inciso Manon di Massenet) la si può ammirare soprattutto nella Manon Lescaut, in Turandot, in Mefistofele, nello stupendo “Flammen perdonami” di Lodoletta, nell‘Amico Fritz (con l’aereo Schipa) e naturalmente in Bohème, con uno stupendo “Donde lieta uscì”. In ogni brano si nota la freschezza vocale e interpretativa e la tavolozza coloristica, varia e cangiante come esige il brano. E se proprio si volesse sottolineare qualche passaggio, ecco i migliori “una carezza voluttuosa” nella Manon Lescaut; l’attacco in “Spunta l’aurora pallida” del Mefistofele e l'”Addio senza rancor” in Bohème. Qua e là si nota qualche qualche condiscenza un poco esplicita, ma non è tale da negare la grandezza e la modernità del canto di questa artista.