Milano, Teatro degli Arcimboldi: “L’attimo fuggente”

Milano, Teatro degli Arcimboldi, Stagione di Teatro 2021/22
L’ATTIMO FUGGENTE”
tratto dalla sceneggiatura di Tom Schulman
John Keating ETTORE BASSI
Paul Nolan MIMMO CHIANESE
Sig. Perry MARCO MASSARI
Neil Perry MATTEO VIGNATI
Todd Anderson ALESSIO RUZZANTE
Charlie Dalton MATTEO NAPOLETANO
Knox Overstreet MATTEO SANGALLI
Richard Cameron LEONARDO LARINI
Steven Meeks EDOARDO TAGLIAFERRI
Chris ALESSANDRA VOLPE
Regia Marco Iacomelli
Scene e Costumi Maria Carla Ricotti
Disegno Luci Valerio Tiberi, Emanuele Agliati
Disegno Fonico Donato Pepe
Video Massimiliano Perticari
Musica Marco Iacomelli, Venere
Una coproduzione ErreTiTeatro30 e STM Live
Milano, 14 gennaio 2022
All’idea di assistere al Teatro degli Arcimboldi di Milano a “L’attimo fuggente“ le aspettative erano alte, visti la location importante, i contenuti del testo e il bellissimo esito cinematografico del 1989. Forse troppo alte, giacché quello che viene messo in scena non è un testo teatrale autonomo, ma la semplice trascrizione del doppiaggio italiano della sceneggiatura cinematografica di Schulman, un éscamotage francamente un po’ debole, specialmente se non sorretto (come non è in questo caso) da una regia forte, coraggiosa, che contribuisca a coprire i buchi drammaturgici nei quali inevitabilmente una sceneggiatura portata in scena incappa – specie una sceneggiatura di trentatrè anni fa, che già all’epoca era stata criticata per essere troppo annacquata. Oltre quindi alla mancanza di originalità testuale e di un’idea registica vera e propria, anche l’aspetto recitativo vede alcuni suoi interpreti scivolare in stereotipi, ci riferiamo in particolare ai tre attori “maturi“ della produzione: Mimmo Chianese (il preside Nolan), Marco Massari (il signor Perry) e Ettore Bassi, popolare volto televisivo, nella parte del professor Keating. Il loro modo manierato e senza profondità di costruire i dialoghi vede i primi due impacciati a urlare battute per sembrare autoritari, mentre il terzo, al contrario, adotta un costante surreale tono paternal-documentaristico, forse per sembrare “buono” o “dolce”, ma che porta purtroppo a una interpretazione espressivamente a senso unico. Inevitabilmente più freschi, ma, forse, anche più attenti a prodursi in performance meno scontate, appaiono i giovani attori che compongono la classe del professor Keating, tra cui spiccano senza dubbio Matteo Vignati (Neil Parry) e Matteo Napoletano (Charlie Dalton) – meno sfaccettata invece la prova di Alessio Ruzzante nel pur importante e affascinante ruolo di Todd Anderson. Non pervenuti, anche a causa di personaggi abbozzati, gli altri. La scena di Maria Carla Ricotti è superminimale, composta da due grandi fogli bianchi che si intrecciano a creare lo spazio drammatico e due pareti su cui proiettare immagini; gli oggetti di scena si limitano a sole sei sedie, che, spostate direttamente dal cast durante dei cambi a vista, compongono diversi spazi; i costumi della stessa Ricotti sono invece concordi al periodo di ambientazione della vicenda, il 1959. Assai debole ci è parsa la regia di Marco Iacomelli: le entrate e le uscite di scena ci sembrano praticamente tutte sbagliate, con lunghe camminate a vista fuori dal campo luminoso, a volte addirittura battute iniziate off-stage sciorinate come in una prova di memoria; le proiezioni – da cui ci si aspetterebbe molto, date le due grandi pareti bianche – sono cinque di numero, riproposte ciclicamente, di natura banalmente didascalica; le musiche (curate dallo stesso regista e dal suo gruppo musicale, i Venere) suonano, a nostro parere, alquanto arbitrarie, senza una coerenza né storica, né di genere, né di intenti. Infine, fenomeno che ha inficiato la recita cui abbiamo assistito (vogliamo sperare solo quella), soltanto quattro dei dieci dei microfoni degli interpreti hanno funzionato, creando continui e fastidiosi sbalzi di volume e battute perse nel vuoto; non sappiamo se a questo inconveniente fosse da ascrivere anche l’abbondante mezz’ora di ritardo con cui l’altrimenti breve spettacolo è iniziato, o se questo rientrasse nel “disegno fonico” di Donato Pepe: in ogni caso è stato un insopportabile problema tecnico soprattutto considerata la struttura ospitante – non certo un teatro dai mezzi e le conoscenze limitate. “L’attimo fuggente”, in ogni caso, continua il suo tour nazionale, iniziato in periodo prepandemico e continuato, a singhiozzo, fino al passato autunno: prossimamente sarà a Torino, Rovigo, Jesolo e Ivrea, per terminare al Teatro Sociale di Como. Da qui le date in dettaglio.