“Arsenico e vecchi merletti” di Joseph Kesselring

“ARSENICO E VECCHI MERLETTI” 
Atto unico di Joseph Kesselring traduzione Masolino D’Amico
Marta Brewster   ANNA MARIA GUARNIERI
Abby Brewster    MARILÙ PRATI
Giulia Stone        MARIA ALBERTA NAVELLO
Teddy Brewster   MIMMO MIGNEMI
Mortimer Brewster PAOLO ROMANO
Jonathan Brewster  LUIGI TABITA
Dottor Einstein       TARCISIO BRANCA
Reverendo Stone/Mr Spooner  BRUNO CRUCITTI
Mr Johnson/ Tenente Rooney  FRANCESCO GUZZO
Agente Mulligan  DANIELE BIAGINI

Agente Brophy   LORENZO VENTURINI
Regia Geppy Gleijeses
Scene Franco Velchi
Costumi Chiara Donato
Musiche Matteo D’Amico
Luci Luigi Ascione
Produzione GITIESSE Artisti Riuniti
Dal Teatro Giovanna da Udine, dove abbiamo seguito lo spettacolo, questa produzione è attualmente in tournée nei teatri di Cesenatico (10 febbraio 2022), Faenza (11-13 febbraio 2022), Rimini (15-17 febbraio 2022), Trieste (Politeama Rossetti 19-23 febbraio 2022)

Uno di quei titoli che si vede con piacere, che si pensa  di conoscere per le tante volte che lo si è incrociato in televisione e per le edizioni viste in teatro, ma in  realtà il lavoro è più complesso di una divertente commedia.
Sotto un intreccio ben costruito si affrontano temi importanti: la solitudine, la pazzia e la sua gestione in ambito familiare e sociale, il degrado umano, la facciata pubblica e quella privata di ognuno. Certo gli argomenti sono abbozzati, quasi assegnati come compito a casa allo spettatore, che solleticato sul tema avrà la possibilità di sviluppare in un secondo tempo una propria idea.
Il regista Geppi Gleijeses, che ne fu protagonista nel 1992,  ha riproposto questo spettacolo, come omaggio alla versione firmata da Mario Monicelli, con non poche difficoltà vista l’emergenza Covid.
La commedia  in tournee due anni fa, con una coppia di icone del teatro come protagoniste: Giulia Lazzarini  ed Anna Maria Guarnieri.
Poi il virus ha fermato tutto e ha portato a un cambio di cast: venne annunciata la presenza di Rosalina Neri, un tempo  ‘Marilyn italiana’, oggi frizzante quasi centenaria al posto di Giulia Lazzarini. Un altro evento sfortunato ha bloccato anche questa presenza e così nel ruolo di Abby Brester troviamo ora Marilù Prati, attrice dalle solide radici e dalla encomiabile tenuta della scena, che permise alla compagnia di riprendere la tournee, un po’ a singhiozzo sempre per le varianti del virus, raccogliendo ovunque successi entusiastici. Sui quali però è importante soffermarsi per una riflessione.
Della versione del 1992 lo spettacolo conserva struttura, tempi  ed impianto: un interno americano  di metà del Novecento, ricco di praticabili, porte, trovate. Quasi un set cinematografico quello ideato dal bravo  Franco Velchi, ben illuminato da Luigi Ascione. Una scena fissa e monumentale, come lo spettacolo : un atto unico di quasi due ore e mezza. Francamente tanto…Forse troppo! Forse perché si è persa l’abitudine ad andare a teatro, forse perché i tempi televisivi hanno cambiato le nostre capacità attentive. Qualunque sia la risposta, il regista avrebbe dovuto osare un lavoro di taglia e cuci ed asciugare qualche dialogo. Anche perché dalla versione di Monicelli sono passati trent’anni ma anche tanti passaggi televisivi del film e quindi  quasi tutti i presenti in sala sapevano perfettamente cosa sarebbe successo.
Mancando la curiosità per le vicende delle due zitelle che sterminano i coinquilini e li fanno seppellire in cantina dal nipote che si crede Roosevelt, senza nessun imprevisto e con dei tempi dilatati,  si rischia di avere l’effetto ‘Serata d’Onore’, con il pubblico che va a rendere il tributo ai grandi interpreti della scena. Se così fosse, peraltro, nulla di male. Anzi.
Ripartire nel post pandemia recuperando civiltà e gratitudine per gli artisti sarebbe il segnale  che tanta sofferenza ha prodotto almeno  qualcosa di positivo. Accontentiamoci di notare una platea, almeno al Giovani da Udine, gremita. Senza domandarci se per stima, per il bisogno di riprendere ad andare a teatro o se per curiosità.
Gli attori affrontano con coraggio e bravura il testo e non ci sono cedimenti. Uno stuolo di parti di fianco abilissime,  riesce a tratteggiare in maniera puntuale e non pedante i personaggi.
Daniele Biagini e Lorenzo Venturini sono i due agenti. Maldestri senza essere clowneschi, fanno della loro incapacità investigativa  una caratteristica naturale e non una forzatura. Francesco Guzzo e Bruno Crucitti recitano,  con giusta misura, mai sopra le righe, due ruoli a testa. Il dottor Einstein è reso con passione  ed umorismo da Tarcisio Branca. I tre fratelli Mortimer sono  interpretati da Lugi Tabita, lo spietato Jonathan,   da Paolo Romano, Mortimer convinto di essere il presidente degli Stati Uniti e da  Mimmo Mignemi, Teddy, che alla fine scoprirà di essere stato adottato e quindi salvo da quella vena di follia che attraversa la famiglia.
Ciascuno di loro cavalca un registro diverso e riesce a cesellare il ruolo con bravura. La componente della pazzia familiare consente qualche voluta forzatura, peraltro  attesa dal pubblico che non trattiene le risate ed in alcuni casi anticipa la battuta, dimostrandosi coinvolto nella narrazione. Un plauso particolare  a Mimmo Mignemi, che   riesce a rendere credibile un ruolo che facilmente sarebbe potuto scivolare nella caricatura. Fresca ed ingenua, senza risultare finta e sciocca, la Giulia di Maria Alberta Navello, attrice eclettica, che passa con facilità dalla commedia alla tragedia e che bene si immerge nella storia delle due vecchiette.Due vere autentiche signore della scena. Marilù Prati è sempre in scena. Sfoggia una tavolozza di emozioni, cesella con garbo ogni frase e si ha la sensazione che i grandi classici della comedia teatrale siano il suo pane quotidiano. Dopo una sfrontata Giselda delle Sorelle Materassi, infila un altro gioiello interpretativo, trasformando quella milf assatanata in una vecchietta pericolosamente lucida e gioiosamente assassina. Anna Maria Guarnieri è Marta. All’entrata in scena è accolta da un applauso. Un tributo ad un carisma innegabile  ed inossidabile, di un’interprete eclettica, pronta a mettersi in gioco ed a celebrare quella ostinata libertà che è stata la bandiera di una carriera ultrassentennale. In scena è magistrale, le basta uno sguardo, un gesto, per descrivere la situazione. Con un colpo di sopracciglia riesce a dire più che con mille parole. La recitazione è sapiente, scevra da ampollosità, accarezza ogni parola, scolpisce i silenzi con bravura. Mai un cedimento, se non agli applausi conclusivi, dove finalmente appare un velo di stanchezza su quel volto ingemmato dal sorriso che ha fatto la storia degli sceneggiati televisivi. Alla fine applausi copiosissimi che hanno richiamato in scena ripetutamente tutta la compagnia. Meritato trionfo, senza distinzioni, per Guarnieri e Prati