Ermanno Wolf-Ferrari (1876-1948): “La vedova scaltra” (1931)

Commedia lirica in tre atti su libretto di Mario Ghisalberti, da Goldoni. Prima rappresentazione: Roma, Teatro dell’Opera, 5 marzo 1931
Chi sia il musicista veneziano Ermanno Wolf-Ferrari, cosa rappresenti nel tessuto della  cultura musicale italiana tutti dicono di saperlo e pochi lo sanno, giusto come avviene per il suo grande modello e ispiratore, Carlo Goldoni. Non ci troviamo di fronte a un caso di ” repêchage”, perché Wolf-Ferrari non è mai stato ufficialmente depennato dalla assemblea dei mostri sacri dell’arte italiana; non è una questione di “in” o di “out”, perché Wolf-Ferrari non è mai stato un compositore “in” ma mai neppure un compositore “out” egli si agggira in una sorta di limbo nutrito di reverenza ed ironia, di ammirazione (non priva di sufficienza) e di accuse di manierato regionalismo, di musica troppo “dotta” o di musica troppo “facile”, secondo i gusti.
Wolf-Ferrari rimane l’autore de I quatro rusteghi, un capolavoro dove si raggiunge un equilibrio perfetto fra l’emozione di una inspirazione lirica calda e pregnante e un modo di esprimersi che consente all’autore di legare in un solido sfondo strutturale e formale il carattere mobilissimo dei suoi personaggi. Le sue opere sono definite comiche. Ma il suo teatro  sta al teatro comico normalmente inteso come le commedie goldoniane a cui egli tanto spesso si rifece stanno al teatro buffo del tempo. Sono cioè l’equivalente musicale della “commedia di carattere” creata da Goldoni. È facile  riconoscere l’alveo che lo accosta a quello del Falstaff verdiano il rapporto parola-musica, la soluzione melodrammatica impiegata da Wolf- Ferrari.
La vedova scaltra (1931) parentesi è un’opera cronologicamente assai lontana dai Rusteghi (1906), una delle ultime creazioni del compositore. Per meglio inquadrarla diciamo che essa sta ai Rusteghi come il Falstaff sta alla trilogia romantica: Traviata, Rigoletto, e Il Trovatore. Rispetto a quello dei Rusteghi il linguaggio si fa più raffinate malizioso, scomposto in mille sfaccettature magiche per colore e intensità di luce, dosato e calcolato con il bilancino perfetto dello scienziato. I caratteri, al solito, sono descritti con maestria e una ricchezza di particolari davvero stupefacenti.  Va evidenziato  che nel caso di questa Vedova scaltra si tratta di una caratterizzazione d’ordine puramente musicale giàcche il compositore si è servito qui di un testo letterario che di Goldoni contiene poco più della firma: una vicenda alquanto debole e melensa. Si  racconta  di una mercantessa, vedova prematura e consolabile. Quattro cospicui personaggi, un italiano, un francese, uno spagnolo e un inglese, se ne contendono il cuore. La sua “scaltrezza” la porterà a scegliere colui che le darà maggiori garanzie di fedeltà resistendo a un tentativo di seduzione da lei stessa condotto sotto differenti e mentite spoglie.
Come si vede un po’ poco per farci un’opera in tre atti che risulta così dispersa in mille episodi episodi secondari, in annotazioni gustose ma non determinanti. Qualcuno affermò che, nonostante la splendida inventiva musicale di cui è colma ogni pagina, l’opera apparve a tratti noiosa, poco vivace. Andando oltre a queste osservazioni critche, noi ascoltiamo una musica intelligente e piacevole,  d’una trasparenza classica, veneziana, ma  anche nutrita dai succhi dell’intera  Europa musicale, settecentesca ( nella misura in cui lo sono Arianna a Nasso è Il cavaliere della rosa di Strauss) ma ricca di fermenti tutti i moderni.