Madrid en danza 2022: “Kibbutz”

Madrid, Teatros del Canal, 37° Festival “Madrid en Danza” 2022
“ASYLUM”
Rami Be’er / Kibbutz Contemporary Dance Company
Coreografia, scene e luci Rami Be’er
Costumi Lilach Hatzbani, Ofra Sharon Heiman, Rami Be’er
Madrid, 4 maggio 2022

“Madrid en Danza” è versatilità allo stato puro, perché ogni anno offre una programmazione originale, moderna, con il coraggio di scommettere su qualunque artista e soprattutto di scommettere per le nuove creazioni di gruppi e compagnie emergenti. Quest’anno il festival propone ventisei spettacoli, la metà dei quali si rappresenta per la prima volta in Spagna e uno dei quali è una prima assoluta. In più, per la prima volta la direzione ha voluto coinvolgere sedi periferiche, portando la danza anche in cittadine del circondario madrileno, in modo che tutta la regione possa partecipare più facilmente. Il ciclo si conclude con un concorso sperimentale, rivolto sia a professionisti sia a dilettanti. E, come sempre, le scelte estetiche sono estremamente variegate: dal classico al folk, dal flamenco allo stile urbano, dai linguaggi della modernità a quelli più sperimentali. Asylum, della compagnia israeliana Kibbutz, tocca il tema dei rifugiati con l’intenzione di parlare di identità, libertà, appartenenza e sconforto. Su di una scena nuda, illuminata soltanto da una luce calda ma esigua, un uomo con altoparlante apre le danze in modo violento, impaziente e audace: la musica di fondo è una cumbia, un genere del tutto anacronistico rispetto all’immagine, con un ritornello che dice: “nessuno sa quel che succederà, nessuno conosce il proprio futuro”, mentre il ballerino comincia a urlare per mezzo dell’altoparlante. Sopraggiungono altri danzatori, che rappresentano i cittadini di una metropoli dove tutti camminano di fretta, con abiti grigi e lo sguardo basso, fino a quando il primo figurante inizia a dare ordini e tutti cominciano a ballare, saltare, guardarsi. Gradatamente si innesca una successione di passi a due e passi a tre, che rivelano la capacità tecnica, l’intensità e la purezza di movimento dei ballerini.
Tecnicamente, il corpo di ballo si è espresso in uno stile contemporaneo e classico al tempo stesso: sia le donne sia gli uomini manifestano una delicatezza di movimento e una ampiezza di gestualità, come risultato dell’esigenza di danza vera e significativa, cioè danza di qualità. Perché alla fine, non si tratta soltanto di eseguire giri, salti o port des bras: si tratta di riempire la musica, di seguirne il respiro per mezzo di interrogazioni al corpo, di lasciare un segno, un ricordo visivo, anche per commuovere il pubblico e permettergli di capire il messaggio dell’opera. Viviamo in una società manipolata, sfruttata, sorvegliata, stanca e disillusa; e anche se molti vorrebbero fuggire o essere diversi, dovranno sempre sottostare alla volontà di un singolo. La coreografia ruota infatti attorno al personaggio centrale, che è sempre in scena e non concede respiro in nessun momento, sempre impegnato com’è a comandare o sorvegliare. Negli ultimi minuti la scena cambia e ad ogni lato del palco si vedono porte aperte; la cornice estetica è sempre minimalista, ma adesso i ballerini corrono di schiena, ignorando il futuro e adeguandosi tutti alle stesse movenze. Corrono e corrono, fino a quando iniziano a cadere uno dopo l’altro: l’uomo ordina loro quando, dove e come cadere. Alla fine, l’individuo resta solo, in piedi di fronte alle luci: grandioso, onnipotente, ma inesorabilmente solo. Successo caloroso.   Foto Teatros del Canal