“Giselle” al Teatro Real di Madrid

Madrid, Teatro Real, Temporada 2021-2022
“GISELLE”
Libretto Borja Ortíz e Joaquín De Luz
Musica Adolphe-Charles Adam (versione musicale di Joaquín De Luz e Óliver Díaz)
Coreografia Joaquín De Luz
Direttore Óliver Díaz
Scene Ana Garay
Costumi Rosa García Andújar
Giselle GIADA ROSSI
Albrecht YANIER GÓMEZ
Hilarión ISAAC MONTLLOR
Wilfred ÁLVARO MADRIGAL
Myrtha CLARA MAROTO
Berthe YOKO TAIRA
Duque de Courland TOBY WILLIAM MALLITT
Bathilde ELIZABETH BIOSCA
Pas de Paysans CRISTINA CASA, MARIO GALINDO
Orquesta Titular del Teatro Real de Madrid
Corpo di Ballo Compañia Nacional de Danza
Direttore Óliver Díaz
Scene Ana Garay
Costumi Rosa García Andújar

Madrid, 28 maggio 2022 – Prima rappresentazione
«Allí donde el murmullo de la vida, / temblando a morir va, / como la ola que a la playa viene, / silenciosa a expirar, / allí donde el sepulcro se cierra, / abre una eternidad, / todo cuanto los dos hemos callado, / allí lo hemos de hablar» (Gustavo Adolfo Bécquer, Rima 37). Il 25 ottobre 1843 si rappresentava per la prima volta il balletto Giselle o le Willi al Teatro del Circo di Madrid, con Guy Stefan come protagonista, la coreografia di Achille Henry, basata sulla versione originale di Saint-Georges, Théophile Gautier e Jean Coralli, ovviamente la musica di Adolphe Adam, la scenografia di Eusebio Lucini e i costumi di José Foresti: fu un grandissimo e immediato successo. Giselle rimase in cartellone fra l’ottobre del 1843 e il luglio del 1850, ripetuta più di settanta volte, diventando così il balletto più rappresentato nella Madrid di quegli anni. Dopo, nel dicembre del 1851 l’appena inaugurato Teatro Real lo propose nuovamente, questa volta con le stelle del momento: Fanny Cerrito e Pierre Massot come protagonisti; la nuova produzione restò in cartellone fino al gennaio del 1853, contribuendo a fissare Giselle come uno dei balletti preferiti dal pubblico madrileno. Per la stagione 2021-2022 il Teatro Real aveva in programma La Bayadère, prodotta dal Teatro Bolshoi, ma a causa della guerra in Ucraina ha preferito agire come molti altri teatri europei, cancellando gli impegni con artisti e produzioni affini al regime russo e sostituendoli con altri titoli, in cui impegnare possibilmente artisti di origine ucraina. Anche se Giselle si era vista al Real solo poco tempo fa, nella stagione 2019-2020 con l’English National Ballet e una versione completamente nuova e moderna, creata da Akram Khan e interpretata da Tamara Rojo, il pubblico ha apprezzato moltissimo la scelta di ripetere. Alla fine dello spettacolo ha applaudito per quindici minuti, emozionato e sorpreso dalla nuova versione del neodirettore artistico Joaquín De Luz: allievo della scuola di Víctor Ullate e membro della compagnia fondata dal maestro, nel 1996 fu invitato al Balletto di Pennsylvania e un anno dopo si incorporò nelle file dell’American Theater Ballet di New York, dove fu anche ballerino solista. Il culmine della sua carriera fu però nel New York City Ballet, di cui fu étoile capace di interpretare ruoli e stili molto differenti, dal classico al moderno, da George Balanchine a Jerome Robbins, da Marius Petipa a Peter Martins. Dal 2019 De Luz dirige la compagnia nazionale spagnola e la sua Giselle risale al 2020: i due fatti non vanno disgiunti, perché questa Giselle è davvero espressione di una cultura nazionale spagnola, ambientata nel periodo del romanticismo, tra 1833 e 1850, nel Nord della Spagna, vicino a Moncayo, una splendida località della sierra tra Zaragoza e Soria. Lo spettacolo inizia con una voce fuori scena che declama versi del poeta spagnolo Gustavo Adolfo Bécquer, scritti appunto nei luoghi in cui è situata la Giselle di De Luz. Il I atto è la parte che più cambiamenti ha subito rispetto alle versioni tradizionali: i costumi dei contadini sono tipici di Spagna, niente vite strette che ospitano corsetti e grembiuli, bensì gonne a quadri o stampati, scialli ricamati con grandi fiori, molte combinazioni di colori, e naturalmente foulard annodati sul capo, ampi nastri alla vita, sembrava di vedere un tipico quadro aragonese di vendemmia. Altissime porte di legno scuro costituivano la scenografia principale; dietro si poteva intuire la presenza di un bosco autunnale, ma a molta distanza dal tipico villaggio abitato da falegnami e colorato da balconi fioriti a cui eravamo abituati. Il cambio strutturale più importante riguarda la pantomima, che abbonda nel I atto di Giselle: il coreografo ne ha tagliate parecchie sequenze, per attualizzare il linguaggio al gusto moderno. Lo stesso si è fatto anche con i numeri più celebri, come l’entrata di Giselle, molto più breve del solito (e, a dire il vero, i suoi salti gioiosi ci sono un po’ mancati). Inoltre, un dettaglio molto significativo riguarda la postura della protagonista, che nei balletti romantici è molto inclinata in avanti: il torso e i suoi movimenti diventano il sigillo stilistico di Giselle o della Silfide, e tante compagnie lo hanno mantenuto fino a oggi; De Luz, al contrario, ha fatto a meno di questo particolare. Il passo a due è stato impeccabile e bello, perché la giovane coppia di interpreti ha lavorato alla perfezione ed è riuscita a trasmettere l’intesa dei personaggi (va sottolineato, se si considera il poco tempo che hanno avuto a disposizione per preparare un’opera come questa). Com’era da aspettarsi, la coreografia del corpo di ballo aveva sfumature spagnole, per essere esatti sfumature del ballo tipico della zona in cui il balletto era ambientato, ossia la “Jota”, che per di più è uno dei balli più antichi della Spagna. Per il “pas de paysans” la coppia che nel libretto originale va di paese in paese offrendo le sue danze agli astanti, in questa occasione interpreta un pezzo molto spagnolo della scuola bolera, con grande épaulement, archi e giri in forma di rosa. Nella scena della follia invece di una spada il principe porta una pistola e Giselle tenta di spararsi; l’effetto, oltre a risultare anomalo, distrugge la simbologia letteraria e i suoi significati: le margherite della fanciulla (elemento di dubbio e sospetto di tradimento), la spada del principe (simbolo di potere e classismo), i gigli sulla tomba (evocazione dei morti che riemergono della terra). La stessa scena della follia, prova di fuoco per qualsiasi ballerina in generale, è stata leggera, perché mancava di drammatizzazione, maturità e movimento; la coppia di Giada Rossi (Italia) e Yanier Gómez (Cuba), del resto, non ha dato prova di sufficiente esperienza e forza scenica sin dal finale del I atto. Il II atto è rimasto più fedele all’originale, e in questo ha guadagnato la prova del corpo di ballo, portatore di uno stile unitario, compatto, ben studiato. Clara Maroto è stata un’ottima Myrtha, con una forza e delle variazioni nei salti che hanno impressionato il pubblico madrileno. A prescindere della storia raccontata in modi nuovi, i ballerini sono stati comunque molto bravi, in particolare nel sottolineare i cambi di drammatizzazione, passi di ballo, spirito e gestualità tra I e II atto. Sul piano musicale, va rilevato da ultimo l’accuratissimo lavoro della Orquesta Titular del Teatro Real, guidata da Óliver Díaz, attento a seguire ogni respiro e ogni pausa per preparare i salti, allungare la nota per seguire i giri, insomma accompagnare e assecondare l’impegno dei danzatori. Serata di grandi applausi e commozione per il pubblico, che si lascia sempre incantare dall’arte romantica. «Yo, que a tus ojos en mi agonía, / los ojos vuelvo noche y día, / yo, que incansable corro y demente, / tras una sombra, tras la hija ardiente, / de una visión» (Gustavo Adolfo Bécquer, Rima n. 15).   Foto Javier del Real © Teatro Real de Madrid